La Fondazione Prada è una straordinaria eccellenza italiana. Dal 1993 organizza eventi con una visione che accorpa, al più alto livello, le discipline più nobili nel quadro dell'arte contemporanea e della cultura. Negli anni, nelle sue sedi di Milano e Venezia, ha ospitato i più grandi artisti del mondo. Dal 5 ottobre, a Milano, verrà presentata la nuova stagione cinematografica: incontri, tavoli, proiezioni, maratone. Lo dico in chiave strettamene personale: la rassegna non ha davvero nulla da invidiare a Cannes e Venezia, anzi, assume un tratto identitario più preciso: non ci sono condizionamenti di carattere politico, etnico, con sezioni che, per dare spazio a... troppi, finiscono per pagare il prezzo della qualità.

Il programma cinematografico della Fondazione si divide in tre sezioni. Il venerdì è il giorno della Soggettiva, con la partecipazione di importanti personalità che appartengono a culture diverse e che condivideranno col pubblico la scelta di opere che hanno determinato la formazione personale e culturale di generazioni. Ogni sabato è proposta Indagine, la sezione che riunisce prime visioni e film che non sono stati distribuiti in Italia o che sono stati proiettati in rare occasioni. Ogni domenica si svolge Origine, titoli del passato restaurati e riproposti per rilevanza storica, attualità e valore cinematografico.

La nuova programmazione riflette l'intenzione della Fondazione Prada di esplorare possibili interazioni tra cinema, arti visive e altre discipline e di presentare opere che sperimentano nuovi approcci all'immagine in movimento. Decisamente interessante, e culturalmente intensa, è la "soggettiva" proposta da Theaster Gates, l'artista di colore di Chicago che ha portato le sue istallazioni nei musei di tutto il mondo; una personalità perfetta per il sincretismo, anima di tutto il programma. Le scelte di Gates intendono definire i codici estetico-culturali dell'identità afroamericana di questa epoca.

I titoli selezionati presentano una complessità di visioni sociali, culturali e politiche sulla comunità nera, attenta a non percorrere gli stereotipi razzisti o negativi presenti nel cinema classico hollywoodiano. I titoli appartengono a molti dei generi seppure con linguaggi propri: dal musical al film politico, dal cinema indipendente al documentario. L'insieme di queste rappresentazioni offre sguardi su visioni alternative, controverse e radicali della popolazione nera nella storia americana degli ultimi novant'anni.

I titoli: Body and Soul (USA, 1925) di Oscar Micheaux; Carmen Jones (USA, 1954) di Otto Preminger; La parete di fango (The Defiant Ones - USA, 1958) di Stanley Kramer; Sweet Sweetback's Baadasssss Song (USA, 1971) di Melvin VanPeebles; Killer of Sheep (USA, 1977) di Charles Burnett; Fa' la cosa giusta (Do the Right Thing - USA, 1989) di Spike Lee; Daughters of the Dust (USA, 1991) di Julie Dash; I Am Not Your Negro (USA, 2016) di Raoul Peck e Moonlight (USA, 2016) di Barry Jenkins.

Alcuni di questi film sono pietre miliari. Carmen Jones rivisitava la Carmen di Bizet col "valore Hollywood" (cioè spettacolo e grandi modelli, come l'impareggiabile Dorothy Dandridge). Ne La Parete di fango Tony Curtis e Sidney Poitier sono due evasi che si odiano all'inizio per poi capirsi e aiutarsi. Sweet Sweetback's Baadasssss Song è un primo motore, racconta di un nero che, per una volta, ribellandosi, non deve soccombere ma uscirne vincitore. Fa' la cosa giusta sollevò polemiche ardenti: Spike Lee fu accusato di fomentare violenza presso le giovani generazioni afroamericane. Moonlight ha ottenuto, nel 2017, ben tre Oscar -miglior film compreso- riconoscimenti per la prima volta attribuiti a un titolo a tematica LGBT (cioè l'omosessalità). Ma dico che manca il titolo-eroe Indovina chi viene a cena (1967 di Stanley Kramer), con Katharine Hepburn, Spencer Tracy e Sidney Poitier. Le dialettiche c'erano già tutte, seppure un po' edulcorate. Il film produsse un incremento esponenziale dei matrimoni misti.