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Se n'è andato Carlo Vanzina, il signore che ha raccontato il malcostume italiano

Ha dato al suo cinema una misura di grandezza anche quando gratificava gli appetiti più bassi del grande pubblico.
di Paola Casella

lunedì 9 luglio 2018 - News

Si dice che sia un attestato di conquistata celebrità quando il proprio cognome entra a far parte della lingua italiana. Ma nel caso di Carlo Vanzina il neologismo "vanzinata" non è un commento lusinghiero su una carriera che ha annoverato cinepanettoni ma anche commedie intelligenti come Sapore di mare e Il pranzo della domenica. Il fatto è che i Vanzina - nome collettivo con cui sono sempre stati chiamati i fratelli Enrico e Carlo, il primo sceneggiatore, il secondo co-sceneggiatore e regista - sono letteralmente figli della grande commedia all'italiana nella persona di Steno, al secolo Stefano Vanzina, loro genitore biologico ed artistico. È sotto l'egida di Steno che comincia la loro carriera cinematografica, nonché sotto lo sguardo vigile di Mario Monicelli, di cui Carlo è stato assistente alla regia per Brancaleone alle crociate e La mortadella, così come avrebbe poi affiancato Alberto Sordi per Polvere di stelle.

Dati cotanti "padri nobili", le aspettative del pubblico nei confronti dei Vanzina sono sempre state altissime, e il loro background altoborghese - studi al Lycée Chateaubriand, cultura raffinata e cosmopolita - mal si è conciliato, nell'immaginario collettivo, con la qualità nazional popolare della loro produzione filmica.
Paola Casella

Ma nella volontarietà con cui Carlo Vanzina ha scelto, con la collaborazione del fratello Enrico, di parlare al pubblico più ampio possibile è contenuto un senso democratico condiviso con la commedia italiana classica. E se l'appeal popolare dei film dei Vanzina è passato attraverso eccessi di trivialità è anche perché gli anni in cui quei film hanno riscosso i maggiori successi erano assai più beceri e volgari di quelli che hanno visto i natali della commedia all'italiana.
Eccezzziunale...veramente (1982) ha anticipato il fanatismo calcistico degli anni a seguire, Sotto il vestito niente (1985) e Yuppies (1986) hanno fotografato gli anni Ottanta meglio di tanti saggi socioculturali, un gioiello pop come Selvaggi (1995) ha centrato il clima del momento anticipandone le conseguenze politiche, In questo mondo di ladri (2004) ha dato voce al sentimento pubblico nei confronti dei sistemi bancari.


In foto una scena di Sapore di mare.
In foto una scena di Yuppies.
In foto una scena di Non si ruba a casa dei ladri.

Questo non ha impedito a molti critici, fra cui chi scrive, di soffrire per la mancanza di una volontà, talora dimostrata da due raffinati intelletti (guai a chiamarli intellettuali!) come Carlo ed Enrico, di elevare il loro pubblico di qualche gradino. Cito un aneddoto personale per esemplificare l'educazione raffinata di Carlo Vanzina: nel recente passato su MYmovies.it ho tirato le orecchie ad alcuni suoi titoli recenti, come Torno indietro e cambio vita, Un matrimonio da favola e Caccia al tesoro. Nessun commento è arrivato da parte dei Vanzina, che ad ogni incontro pubblico hanno mantenuto nei miei confronti, come in quelli di chiunque, la loro caratteristica cortesia d'altri tempi. Potevo ipotizzare che non leggessero MYmovies.it, o le mie critiche, o che pur leggendole non ne tenessero alcun conto.

Dopo la recensione di Non si ruba a casa dei ladri, che evidenziava la conoscenza profonda della commedia all'italiana dei fratelli Vanzina, ho trovato nella casella di posta elettronica una mail di ringraziamento di Carlo, che affermava: "Visito spesso il vostro sito e lo apprezzo per la competenza e l'affidabilità". Arrivando al punto di ringraziare anche per la sincerità esibita in passato nei suoi confronti.
Paola Casella

Carlo Vanzina era un signore, e il fatto che abbia saputo tratteggiare così bene il malcostume italiano di chi signore non lo è mai stato ha dato al suo cinema una misura di grandezza anche quando quel ritratto antropologico gratificava gli istinti e gli appetiti più bassi del grande pubblico. È per la sua qualità malinconica, la sua capacità di ricordare un tempo in cui "ci batteva il cuore" e contrastarlo con un presente gretto e greve, che ci piace ricordarlo, insieme al suo talento per raccontarci come talvolta siamo, e non solo come vorremmo essere.


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