Un war movie didattico che pone la verosimiglianza in secondo piano rispetto all'intento celebrativo della rappresentazione. Recensione di Emanuele Sacchi, legge Lorenzo Frediani.
di A cura della redazione
Dopo l'11 settembre 2001, il mondo occidentale è sconvolto. L'esercito degli Stati Uniti pensa a una contromossa immediata, che spezzi il dominio di Al-Qaeda in Afghanistan: Mitch Nelson e i suoi uomini si offrono volontari per una missione pericolosa al fianco di Abdul Rashid Dostum, signore della guerra uzbeko, nel tentativo di ricostituire l'Alleanza del Nord in chiave anti-talebana.
Nicolai Fuglsig, regista danese di spot tv, riprende il libro di Doug Stanton e ci riporta al grande trauma con cui ha avuto inizio il terzo millennio, provando a delineare un quadro psicologico dei personaggi che rimarrà solo abbozzato.
Difficile credere che le cose siano andate così: 12 cavalieri che compiono l'impresa mentre il mondo si riprende dallo shock, con il capitano Nelson che sviluppa un rapporto di amicizia col signore della guerra Dostum. Ma l'intento ideologico del film procede indisturbato, fino alla chiusa trionfalistica e forse poco realistica.
In occasione dell'uscita al cinema di 12 soldiers (guarda la video recensione), in sala dall'11 luglio, Lorenzo Frediani interpreta la recensione di Emanuele Sacchi.