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ONDA&FUORIONDA

Gore Vidal non era a Venezia.
di Pino Farinotti


domenica 8 settembre 2013 - News

Una premessa su Venezia per passare poi a qualcosa di meglio. Non è stata un'edizione memorabile della Mostra, stando ai giudizi in stellette degli specialisti e al gradimento del pubblico in sala. E ci si è dovuti confrontare con quell'evidenza. Mi interessa rilevare un concetto, che è prevalente e detta legge: il riconoscimento, la visibilità concessa alla cronaca (chiamiamola così) peggiore. Il modello è Katharina Miroslawa, protagonista del film Venezia salva, di Serena Nono. Non entro nel merito del film che non ho visto, e neppure in quello personale della ex ballerina, rilevo semplicemente il modello. La signora è stata in prigione per omicidio e poi è passata sul red carpet. Ha ottenuto decine di servizi in tutti i tg in tutte le ore. È stata intervistata e vezzeggiata. Ha mostrato la sicurezza di una diva vera, alla Bullock, ha detto che adesso si aspetta un film sula sua vicenda, che sarebbe "una sceneggiatura perfetta". Questo è un vecchio discorso che riguarda il merito, il marketing, le leggi della comunicazione. Riguarda soprattutto chi concede il red carpet, i responsabili, i leader. Sappiamo. Dicendo sopra "prevalente" alludevo anche al recente affair Sangue, il film con Giovanni Senzani, firmato da Pippo Delbono, presentato a Locarno, dove il "regista" mostra la mamma morente e il brigatista racconta come uccise il pentito. La sintesi con cui chiudo la scheda di quel film sul mio dizionario è questa: i due si autoaccreditano come maestri di memoria storica. Raramente si è visto di peggio dal 1895. Del resto galeotti o assassini che diventano divi fa parte del cinema e di altro, contemporanei. Ripeto: è così e non si può farci niente. Ma una cosa davvero mi pone in un disagio molto forte, anzi, qualcosa di più, è quando costoro scrivono un libro. Come ha fatto l'ex detenuta. Questo non lo perdono. Presumibilmente il libro avrà spazio nei giornali e nelle vetrine. A scapito di scrittori veri, dotati, giovani, con idee utili per la gente, con un'applicazione eroica e buona che non viene scoperta e divulgata, non viene pubblicata, perché gli scrittori si chiamano Miroslawa o Corona. No.

Qualità
A fronte della "debolezza" veneziana e del resto, ho scelto la qualità, una qualità alta, quella di Gore Vidal, "presente" al Milano Film Festival e subito dopo al Festivaletteratura di Mantova, attraverso il documentario Gore Vidal: the United States of Amnesia, firmato da Nicholas Wrathall. E' legittimo ricordare il grande scrittore e personaggio americano per un "quasi anniversario". Infatti Vidal è morto (più o meno) un anno fa, nel luglio del 2012, a 86 anni. Cuore del documentario è il riferimento a "Myra Breckinridge" il romanzo che più identifica Vidal: è la storia di Myron, che si fa operare e diventa la seducente Myra, che va a Hollywood e letteralmente distrugge il mito del sogno americano e quello della città del cinema. Che Vidal sia stato dissacrante e devastante in quel senso lo sappiamo. Così come è notorio l'amore del cinema verso di lui. Un amore che si traduce in un nome al di sopra di tutto e che tutto legittima: Federico Fellini. Nel suo Roma, il regista dà spazio all'americano che fa se stesso. In una delle mille cene di quella Roma Vidal si rivolge proprio a Fellini: "Perché uno scrittore americano vive a Roma? Prima di tutto perché mi piacciono i romani che sono neutrali, come i gatti. Roma è la città delle illusioni. Non a caso ci sono la Chiesa, il governo, il cinema, tutte cose che producono illusioni, come fai tu Federico, come faccio io. E quale posto è migliore di questa città morta tante volte e tante volte risorta? Quale posto è il più tranquillo per aspettare la fine da inquinamento. E' il posto ideale per vedere che tutto finisce. O no?" Pure nel contesto degli artisti dissacranti e abrasivi -cito i contemporanei "antiamericani, Stone e Penn- Vidal è un unicum, per la sua capacità artistica molteplice che aggregava un'attitudine a leggere la realtà nelle sue possibilità di future evoluzioni - e ci azzeccava- all'invenzione di un linguaggio visionario che aveva delle parentele col cinema. Ecco, a Venezia, Vidal, non c'era.

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