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Tex, i fumetti, il cinema e tutto il resto

Addio a Sergio Bonelli. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Sergio Bonelli.

lunedì 26 settembre 2011 - Celebrities

È talmente vasta l'attività editoriale della Bonelli – Tex, Zagor, Dylan Dog e tutti gli altri fumetti- che ne sceglierò uno stralcio: Tex Willer. Anch'io, come milioni di altri sono "uno di Tex", ci mancherebbe. E poi c'è una ragione personale, conoscevo bene Sergio Bonelli. Il racconto sarà in questo senso, e sarà più ...utile credo. Nel 1994 scrissi un romanzo western, dal titolo "Ritorno alla valle solitaria". Era semplicemente il sequel del film con Alan Ladd. "Shane" fa parte della mitologia più alta del western, con adepti maniacali. Io ero, e sono, uno di loro. Successe che Luca Crovi, figlio del grande scrittore, editore, direttore di infinite testate, Raffaele, mi telefonasse per invitarmi alla Bonelli. "Sergio vorrebbe incontrarti". Quando l'editore mi introdusse nel suo studio era come entrare nell'Eldorado, per uno come me. Sulle pareti c'erano quadri di firme importanti –Bonelli poteva certo permetterselo- con inserti disordinati di cimeli diversi, molti del west. Indicai una pistola e mi compiacqui della mia competenza, "questa è una Remington del 1863, guerra civile, e questa è la solita colt 45, l'hanno portata tutti, John Wayne, Gary Cooper, e gli altri." Sergio trovava finalmente qualcuno con cui poteva comunicare, che parlava parte della sua lingua. Mi disse che voleva conoscermi perché aveva comprato il mio romanzo. Anche Bonelli era uno degli adepti di Shane. C'è qualcosa che va raccontato. Gli appassionati-maniaci-psicotici di Shane, gente che aveva visto quel film da bambino, non si erano rassegnati al mistero della sua partenza alla fine. Shane, dopo aver fatto giustizia dei cattivi, se ne va ferito nella notte. Certo, la ferita è leggera, ma come fai a curarti in quella landa sperduta del Wyoming? Così, per rasserenare tutti scrissi quel sequel, dove Shane, dopo tre anni, tornava nella valle solitaria per un'altra impresa. "Non hai idea Farinotti" mi disse Bonelli "dell'angoscia che mi hai tolto..." Tex era un magnifico denominatore per un'amicizia. Io continuavo ad essere nell'Eldorado, e Tex era un soggetto dalle mille domande e dai mille misteri.
Tex e il cinema. Gian Luigi Bonelli, padre di Sergio, e Aurelio Galleppini, il primo disegnatore, non potevano avere inventato Tex senza essersi ispirati al cinema. Infatti era così. Sergio mi domandò: "Lo sa qual è stato il primo modello, nel 1948?" Tentai: "Randolph Scott!" Mi disse che ci ero andato vicino, ma non era Scott. "È un attore che nessuno conosce, si chiama George Montgomery." Ma io sapevo tutto di George Montgomery, e questo lo colpì davvero. Mi mostrò i disegni di quel primo periodo, e poi gli altri, stagione dopo stagione, ... attore dopo attore. Il periodo Robert Mitchum, poi Gregory Peck. E poi... e lì dissi ancora la mia da competente: "Gary Cooper nell'avventura su in Canada, quella con Gros Jean. Dove Tex era vestito esattamente come Cooper in Giubbe rosse di De Mille." Scosse il capo e disse che ne sapevo più di lui. Ho rivisto Bonelli molte volte, spesso con Andrea Pinketts, il romanziere, erano grandi amici. Un paio di volte l'editore si prestò a presentare un romanzo di Pinketts. Bonelli si definiva un correttore di bozze. E non è un paradosso, in realtà leggeva tutto, tutte le sceneggiature di tutte le edizioni. I codici della Monelli editore sono rigorosissimi, è molto difficile, quasi impossibile inserire qualcosa di diverso, anche di appena diverso, il meccanismo è talmente automatico e perfetto che ogni velleità –chiamiamola così- viene subito circoscritta e poi espulsa. Salvo miracoli. E certo il "meccanismo" funziona, se è vero che Bonelli è probabilmente il primatista italiano di copie in edicola. Qualche mese fa andai a trovarlo per fare un servizio televisivo su di lui. Sapevo che non era il suo genere, è sempre stato uno defilato, Sergio. Mi disse che per me avrebbe fatto un'eccezione. Ma qualche giorno dopo mi telefonò. "Ci ho ripensato, sono vecchio e neppure troppo bello, ti chiedo scusa. E poi non sto tanto bene..."

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