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Terence Hill compie 70 anni: Suonagliele ancora, Terence

Terence Hill: la sberla più amichevole del West.
di Marco Cerasani

70 candeline spente con un colpo di revolver
Terence Hill (Mario Girotti) (85 anni) 29 marzo 1939, Venezia (Italia) - Ariete.

domenica 29 marzo 2009 - Celebrities

70 candeline spente con un colpo di revolver
Di difetti ne ha pochissimi, nonostante sia un attore. Il pregio maggiore è la sua tenacia, derivante probabilmente dalla mamma tedesca." Così Carlo Pedersoli (Bud Spencer sullo schermo) definisce con un pizzico di sagacia il suo compagno di mille batoste (inferte) Mario Girotti, in arte Terence Hill. Colui che assieme a Bud potremmo definire il re dello slapstick all'italiana di tenacia ne ha parecchia, pari forse solo al suo talento e a quella perfetta capacità di adattarsi professionalmente a ciò che i tempi richiedono maggiormente da cinema e tv.
Mario Girotti compie 70 anni senza perdere un grammo del suo carattere scanzonato. Quella predisposizione leggera e naturale alla beffa, che insieme all'agilità fisica e al sorriso amichevole e smagliante, costituisce l'invincibile cemento che non lascia altra scelta davanti a un suo film se non quella di restare incollati alla poltrona, guardandolo per la centunesima volta.
Le phyisique du role e la capacità di "rinfrescare" i già monolitici personaggi leoniani appartenuti allo stesso genere western, gli hanno rapidamente permesso di fissarsi nell'immaginario comune come castigatore dei prepotenti, il vendicatore dell'angheria quotidiana; che venisse perpetrata dal capo ufficio arrogante di tutti i giorni o da un bieco mercenario senza scrupoli, Terence Hill diventa la nemesi ideale del sentimento popolare frustrato e sbatacchiato dalla vita. La figura di colui capace di stare nel suo senza cercare grane, ma a cui il saggio sa che è meglio non creare rogne. Prima di specializzarsi in quegli specifici ruoli che ne consacrarono la carriera di attore, Hill, fresco di Actor's Studio, venne richiesto da Visconti nel ruolo del conte Cavriaghi, compagno d'armi di Alain Delon ne Il Gattopardo.

Cow boy lontano da ogni "rambismo"
Cow boy italiano per antonomasia Terence ricorda le circostanze per le quali si trovò a vestire per la prima volta cappello e stivali tornando indietro con la memoria al 1967, quando il genere del western all'italiana era ormai già pesantemente inflazionato. "Nel '64 uscì Per un pugno di dollari. Nel '67 ero convinto di aver perso l'onda giusta e che ormai il genere western avesse sparato le sue ultime cartucce. Non mi sarei mai aspettato che durante una lite Peter Martell si sarebbe rotto il piede contro il muro con un calcio destinato invece alla sua fidanzata. Stava girando in Spagna questo film di Colizzi ispirato a Esopo. Il film era Dio perdona, io no!, ma inizialmente si intitolava Il gatto, il cane e la volpe. Il regista Colizzi piombò a Roma alla ricerca di un attore che lo sostituisse e io che stavo girando Little Rita nel Far West con Rita Pavone, ero in compagnia di Mauro Bolognini che gli fece notare la mia somiglianza con Franco Nero, e fu così che ottenni la parte del personaggio di Cat Stevens! Il film smorzava i toni drammatici dei precedenti western all'italiana ed ebbe un grosso successo. Fu lì che cominciò il connubio con Bud Spencer scattando tra noi il giusto feeling attoriale".
La vena comica dunque affiora in lui in maniera inattesa e assume le proporzioni di un fiume in piena quando Trinità entra in scena comodamente sdraiato nella sua branda "a cavallo". "Prima di Trinità avevo recitato in ruoli diversi, molto più posati. Quando uscì il film restai parecchio sorpreso che la gente si divertisse così tanto. Non pensavo di essere adatto a suscitare sentimenti simili nelle persone. Mi dissi così: 'Ah beh, come mai faccio ridere tanto?' Portai avanti altri ruoli nello stesso genere perché lo amavo tanto e poi mi faceva piacere essere fermato per strada dalle mamme che mi raccomandavano di continuare allo stesso modo, così che fossero tranquille a portare i figli al cinema senza avere sorprese. Mi sentii investito di una responsabilità e decisi di condurre questo filone come ho continuato a fare fino a pochi anni fa."
I suoi personaggi sono i tipici cani addormentati che è meglio non svegliare. Cani a cui non provarsi neppure a togliere l'osso di bocca. Caratteri simili a quelli di un certo maltrattato reduce della guerra nel Vietnam del quale Terence avrebbe dovuto vestire i panni: "Il successo raggiunto con Il mio nome è Nessuno, mi permise di ricevere l'offerta del ruolo di John Rambo in First Blood di Ted Kotcheff. A proposito, è il caso di puntualizzare che quel nome lo diedero gli italiani. All'inizio il personaggio di Rambo si chiamava in tutt'altro modo. Comunque sì, ricevetti il copione, lo lessi e lo trovai decisamente troppo violento. Così rifiutai la parte e chissà, forse è stato meglio così, perchè magari oggi non mi avrebbero proposto Don Matteo...".

Per gli amici Terence Hill Mario Girotti, che da piccolo avrebbe voluto fare il pilota di jet supersonici, si trova a doversi scegliere un nuovo nome per il film Dio perdona, io no!, un nome d'arte che gli facilitasse la carriera: "Ricevetti una lista con diverse alternative e avevo poche ore per scegliere lo pseudonimo per il quale sarei stato ricordato lungo tutta la mia attività di attore. Terence Hill era uno dei nomi della lista. Mi piaceva il suono quando lo pronunciavo e aveva le stesse iniziali del nome di mia madre".
E sotto nuove spoglie Mario continua il suo percorso girando titoli diretti da Giuseppe Colizzi in coppia con il suo storico partner Bud Spencer come I quattro dell'Ave Maria, (1968), La collina degli stivali (1969) e Più forte, ragazzi! (1972). Lo stesso accadrà nelle pellicole della serie Trinità dirette da Enzo Barboni. Seguiranno altri successi come Porgi l'altra guancia (1974) di Franco Rossi, Altrimenti ci arrabbiamo (1974) di Marcello Fondato, Pari e dispari (1978) di Corbucci e come non citare Io sto con gli ippopotami (1979) di Italo Zingarelli. Gli anni Ottanta lo vedranno proseguire ancora insieme a Spencer il filone "scazzottatissima" in celebri capolavori del cinema italiano di genere, spesso corredati di geniali colonne sonore originali che affascinano giovani e meno giovani.
Dopo la perdita del figlio agli inizi del decennio successivo, Terence torna sulla scena girando e interpretando Lucky Luke, il quale darà l'input per l'omonima serie televisiva. Lasciati gli Stati Uniti in cui si era trasferito da tempo, torna in Italia nel duemila per vestire la tunica di Don Matteo, sacerdote che da il nome all'omonima e seguitissima serie tv giunta oggi alla sesta stagione, segno che tutt'oggi Terence resta quell'amato compagnone a cui siamo affezionati e con il quale divideremmo volentieri la nostra pentola di fagioli, anche dopo un giorno intero di digiuno.

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