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Glory To The Filmmaker! La distruzione dei generi

Takeshi Kitano mette sul piatto del festival un film caotico e cubista.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Il film

giovedì 30 agosto 2007 - Incontri

Il film
Qual è il genere cinematografico da affrontare, per continuare ad avere qualcosa da dire e ottenere successo al botteghino? Se lo chiede Takeshi Kitano in persona in Glory To The Filmmaker!, film altamente sperimentale che mescola lo sci-fi all'horror, la storia d'amore al dramma del periodo Showa. Il regista crea e distrugge le immagini dando luogo a una sorta di caos visivo, frammentato, tenuto insieme solo dalle musiche di Shinichirô Ikebe che fanno da collante fornendo un supporto sonoro per tenere insieme tutti i pezzetti. Uomo di poche parole, Kitano ci ha spiegato cosa lo ha indotto a fare un film così estremo.

Come mai ha scelto di fare un mix di generi?
Ho voluto sfidare un certo tipo di cinema, come l'horror, al quale non mi ero mai avvicinato prima, ma ho scoperto presto di non sapere che strada prendere, di non sapere come proseguire nell'universo del terrore. Nel mio film approfondisco però i vari generi, e probabilmente ci sono molti errori, ma li ho voluti tenere anche nel montaggio. L'idea che avevo in mente era di distruggere questo tempo e l'immagine, creando una sorta di caos che qualcuno ha definito "cubismo", ma io non penso lo sia al 100%.

I suoi film sono intrisi di autoironia, che rapporto ha con questo aspetto?
Provengo dall'ambiente comico e ho fatto numerosi programmi televisivi in cui ridevo sempre di me stesso. Anche con Glory To The Filmmaker! Ho voluto fare dell'autoironia di un regista senza successo.
Masayuki Mori, produttore: In Giappone non abbiamo avuto il successo che speravamo perché il pubblico non è riuscito ad accettare la coesistenza tra la parte seria del film e la comicità. In realtà noi abbiamo cercato di dare agli spettatori un prodotto semplice, sul quale non ci fosse il bisogno di riflettere troppo, un film divertente e leggero. Certo, non si può obbligare qualcuno a ridere e non pensare a niente. Solo le giovani donne che non avevano mai visto un film di Kitano hanno apprezzato questo lavoro.

Dall'inizio della sua carriera come regista a oggi c'è stata un'evoluzione della figura femminile nei suoi film.
Nei miei film ci sono spesso delle cose che non riesco a fare bene. Le scene in cui si pasteggia sono un mio punto debole, come lo sono anche le scene di conversazione. Allo stesso modo le donne le tratto spesso come degli oggetti, ma chissà, magari un giorno farò un film tutto incentrato sulla figura femminile. Non sono neanche molto comunicativo con i bambini. Ho trovato delle difficoltà nel girare una scena di gioco, infatti. Non mi piaceva la loro maniera di recitare e stavo perdendo la pazienza, ma poi mi sono detto che non potevo sgridarli, erano solo dei bambini e in più quel giorno faceva particolarmente caldo.

A che punto della carriera come regista pensa di essere arrivato?
Quando ho diretto Hana-Bi c'è stato un punto di svolta, ma forse dopo quel film le mie opere sono state un po' troppo sopravvalutate. Con Zatôichi ho iniziato ad avere un po' di successo, ma ho anche iniziato a chiedermi cosa avrei fatto dopo. Dolls ha creato un forte gap tra produzione e spettatore. Distruggendo Takeshi ho voluto azzerare tutte le mie carriere.

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