2 DIVERSE PAURE A CONFRONTO
Questa è la storia di 2 sorelle e del loro indissolubile rapporto. I loro nomi sono Justine e Claire e, con i loro nomi questo ultimo film di Lars Von Trier è diviso in 2 parti nelle quali una protagonista sta alla storia dell’altra come il nero sta al bianco e viceversa nella nota raffigurazione del Tao.
Certo non si può dire la stessa cosa per i caratteri e le prerogative delle due che, se pure legatissime estremizzano se stesse. Justine con la floridità lunare di Kirsten Dunst giustamente premiata con la Palma d’Oro nell’ultimo Cannes è una che “ sa tutto” non per particolari proprietà, sarebbero quelle di tutti gli umani ma, che grazie alle dimenticanza e al volontario occultamento che l’assoluta maggioranza di questi ne fa, sono vissute come eccezionali.
E’ quindi in un sano rapporto con il proprio corpo e la propria sessualità e soprattutto con l’ineludibilità delle regole della natura e dell’Universo quanto impaurita di fronte alle regole dell’uomo, della società e alle loro insopportabili ed indigeribili ipocrisie. Regole con le quali sembra trovarsi in estrema sintonia e confidenza Claire che invece è così inadeguata e impaurita di fronte alla trascendenza sovraumana.
Nel film si confrontano la paura di “ chi sa tutto” di Justine con quella tremebonda di Claire che non sa ma, che crede di sapere industriandosi a prevedere.
Claire è fragile e suggestionabile nel suo ruolo di sana di mente quanto la follia di Justine conferisce solidità.
Il pretesto del didascalico confronto è offerto dall’avvicinamento di un astro, Melancholia appunto,
con la Terra che non va come “dovrebbe” ed invece che allontanarsi dopo un incontro ravvicinato va in collisione e l’esplosione è attesa come un complice gioco dei tre sopravvissuti guidato e voluto da Justine, dall’impaurita e senza controllo Claire e dal suo figlioletto che da sempre riconosce le prerogative di Justine a cui si affida con fiducia totale chiamandola “ zietta spezzacciaio”.
Questa è una storia molto nordica e non perché il suo autore sia danese ma perché si ferma e si imprime nelle emozioni cerebrali che fanno meno “baccano”ma sono più persistente di quelle del cuore così come il sapore della menta fredda riempie meno il palato rispetto a sapori più pieni ma dura più a lungo: BELLISSIMO!
ANTONELLA SENSI
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