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E se i film di Woody Allen fossero un genere?

Il suo cinema è riconoscibilissimo, i suoi temi noti, la sua intelligenza pazzesca. Con Irrational Man è in sala dal 16 dicembre.
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di Roy Menarini

Emma Stone (Emily Jean Stone) (35 anni) 6 novembre 1988, Scottsdale (Arizona - USA) - Scorpione. Interpreta Jill Pollard nel film di Woody Allen Irrational Man.

lunedì 21 dicembre 2015 - Focus

C'era una volta un autore, Woody Allen, in grado di cambiare per sempre la comicità americana, e non solo quella di cultura ebraica. Firmò alcuni capolavori della New Hollywood, poi la sua commedia malinconica e intellettuale, capace di raccontare New York e un'intera classe socioculturale, fu copiata spudoratamente da centinaia di registi e produttori. Allen proseguì la sua carriera, non saltando mai un anno di uscita, girando con una regolarità mostruosa, un film dietro l'altro, senza mostrare di bloccarsi di fronte a rovesci personali, scandali biografici, problemi di salute, matrimoni, divorzi, lutti, oltre che mutamenti dell'America e del mondo, terremoti nell'industria del cinema, trasformazioni tecnologiche e mediatiche.
Non esiste nessun altro regista nell'universo (è un dato, non una interpretazione) che abbia mostrato questa continuità. Il suo cinema, pur oscillando tra frequenti commedie e rari drammi, è riconoscibilissimo; i suoi temi noti; la sua intelligenza pazzesca; i suoi personaggi brillanti. Eppure da un certo momento in poi alcuni critici si stancarono, perché volevano qualcosa di nuovo, o di rivoluzionario come agli inizi, o di sorprendente. Volevano di più. Ma che cosa volevano di più?

Torniamo al presente, e sospendiamo la fiaba, ripartendo da questa domanda. Che cosa ci aspettiamo di vedere quando ci rechiamo in una sala per un film di Woody Allen? Il problema è la prospettiva. L'ossessionante osservazione al microscopio dei suoi film, di solito, partorisce una noiosissima serie di classifiche: Irrational Man è meglio di Magic in the Moonlight ma un po' peggio di Crimini e misfatti, che era meglio di Sogni e delitti ma peggio di Match Point, ecc. ecc.

Ovviamente, è prerogativa della critica distinguere, e - per non sfuggire ai giudizi - a tutti oggi pare arduo giustificare anche un film come To Rome With Love. Eppure, se si esclude quell'infortunio, tutto ciò che Woody Allen gira è decisamente più intelligente e preferibile del novanta per cento dei circa 400 film che ogni anno vengono distribuiti in Italia. Dunque, non è chiaro in che modo ci si possa dichiarare delusi da un autore che mantiene standard così elevati.

Forse un metodo per uscire dall'impasse si può trovare: siamo sicuri che la prospettiva dell'autore sia ancora quella adatta? Di fronte a una produzione così ampia, frenetica, inarrestabile, e alla riconoscibilità dei singoli film (tra i 90 e i 100 minuti, con musica jazz, con uno staff quasi sempre confermato, senza particolari mutamenti recenti di stile e messa in scena, con elementi di riflessione esistenziale e filosofica continuativi) non dovremmo forse pensare che Woody Allen è un genere?
Così come godiamo e talvolta persino a sopravvalutiamo un noir ben fatto, un melodramma commovente o un horror che fa paura, senza preoccuparci troppo dell'uso di materiali standard e di cliché, non potremmo pensare che Woody Allen è esso stesso un genere, creato a propria immagine e somiglianza, e che come genere riesce a realizzare ogni dieci mesi un perfetto esponente di questa galleria di prodotti? A volte ottimi, a volte solo buoni (come nel caso di Irrational Man) il genere-Allen gode di ottima salute, anche superati gli ottant'anni, e difficilmente delude il proprio pubblico - sì, perché come esiste il pubblico del thriller o il pubblico del film sentimentale, il pubblico di Woody Allen si comporta esattamente come gli spettatori dei generi. Chiede cioè soprattutto continuità, senso di appartenenza, piacere della ripetizione, intelligenza di scrittura. E ottiene sempre quel che vuole.

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