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Il Golden Boy del cinema italiano è uno di noi

Con la vena malinconica da clown triste e l'energia comica da giullare, Leonardo Pieraccioni torna al cinema.
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di Paola Casella

In foto una scena del film.
Leonardo Pieraccioni (59 anni) 17 febbraio 1965, Firenze (Italia) - Acquario. Regista del film Il professor Cenerentolo.

lunedì 7 dicembre 2015 - Focus

"All'epoca de Il ciclone Leonardo Pieraccioni fu soprannominato il Golden Boy del cinema italiano. Quel film l'hanno visto tutti, ogni volta che passa in televisione fa il boom di ascolti e ha mantenuto il record di incassi fino all'arrivo di Checco Zalone. Perché i meccanismi comici de Il ciclone sono perfetti, nonostante la loro apparente semplicità". Così Tosca D'Aquino, che nel ciclone era la vulcanica napoletana famosa per il suo "piripì", riassume il segreto del successo del primo Pieraccioni associandolo a meccanismi comici efficaci, anche se apparentemente semplici. È il segreto dell'appeal del regista-sceneggiatore-attore-comico toscano e del suo personaggio cinematografico di uomo comune, "anche bruttino", ma con grandi sogni e altrettanto grandi aspirazioni.

Pieraccioni si presenta come uno di noi, e i suoi successi sul grande schermo (con donne bellissime, prevalentemente) sono quelli che molti italiani medi desiderano per sé (per lo più segretamente) e non raggiungeranno mai, se non da spettatori.
Pieraccioni, sul grande schermo, gioca al posto nostro (tant'è che spesso nei suoi film c'è una partitella) e tira in porta del tutto casualmente. Il suo personaggio è inconsapevolmente nato con la camicia, e il regista è abbastanza intelligente da far passare il suo successo come un colpo di fortuna (che lui, toscanamente, chiamerebbe con la "c" aspirata).
La sua forza narrativa affonda le radici nella comicità naturale dei fiorentini, nella loro spontanea irriverenza, in quella voglia di scherzare scanzonata e feroce che Monicelli ha codificato così bene in Amici miei. Ma gli (anti)eroi dei film di Pieraccioni non sono altoborghesi o aristocratici "di qua d'Arno": il loro ambiente sociale si avvicina a quello della maggior parte di noi, e nutre quelle ambizioni piccolo-borghesi nelle quali possiamo riconoscerci. Leonardo è di volta in volta universitario, maestro elementare, insegnante di educazione fisica, professore, ma anche ragioniere, falegname, fruttivendolo, impiegato di banca, alternando fra vaghe aspirazioni intellettuali e solido pragmatismo spicciolo.

Intorno a lui si radunano gli amici di sempre, dall'imprescindibile Massimo Ceccherini che rappresenta il lato dark di Pieraccioni, quella sfrontatezza al confine con l'invettiva che Leonardo è chiamato ad arginare ("Tappami Levante, tappami!"), a Rocco Papaleo, che rappresenta invece il lato comico più esigente e raffinato del regista, la variazione jazz sullo spartito regolare e prevedibile: una corda cui Pieraccioni dovrebbe più spesso attingere.

Pieraccioni ha saputo essere nazional popolare senza diventare greve e populista, inserendo una misura di ingenuità (forse vera o forse no, comunque verosimile) e quella vena malinconica da "clown triste" che è la sua vera cifra narrativa, e il contraltare alla sua energia comica da "giullare". È al suo massimo quando attinge alla realtà quotidiana e aderisce a una tipologia umana riconoscibile e vicina al pubblico, tende invece a disperdersi nel fantastico, nel grottesco o nel piacione.
La magia del suo cinema levita dalle scene più colloquiali e quotidiane, dalla chiacchierata al porto fra Leonardo e Letizia (Maria Grazia Cucinotta) ne I laureati, con quella voce fuori campo che registra i pensieri inespressi di lui e che diventerà un suo espediente narrativo ricorrente, al fuoco di fila di battute dei fruttivendoli intorno al falò di Una moglie bellissima. E raggiunge i livelli più alti quando dà spazio alla vena "monicelliana" che colora di iconoclastia il conformismo dei suoi personaggi, creando quella distonia che sta alla base di ogni vera comicità.

Da oggi torna al cinema con Il professor Cenerentolo dov'è un ingegnere che, dopo aver tentato una rapina in banca, finisce in carcere. Dove cerca di rifarsi una vita.

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