salvo gulizia
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giovedì 28 novembre 2013
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finalmente un thriller come si deve
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Film davvero di spessore tra i thriller degli ultimi anni, ottimamentre calibrato. Una storia apparentemente vista e rivista, che avrebbe potuto rischiare di essere un semplice collage di milioni di altri films esistenti, ma che viene rivisitata da Denis Villeneuve con un'abilità disarmante. I saldi valori morali e il perbenismo sono totalmente smontati, e ogni concetto di "etica" o di "giustizia" è rimesso in discussione. Cosa significa essere un "padre giusto"? Cosa significa essere un "poliziotto giusto"? Regia, sceneggiatura e musica mettono in una perpetua tensione e suspance lo spettatore, ma allo stesso tempo non lo fanno scollare dalla poltrona. Le interpretazioni divine di Hugh Jackman e di Jake Gyllenhaal coronano una pellicola straordinaria, non destinata a tutti (soprattutto ai deboli di cuore), capace di reggere il confronto con i migliori thriller degli ultimi vent'anni, primo fra tutti "Seven" di David Fincher.
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pietro viola
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giovedì 28 novembre 2013
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grande corpo, piedi e testa piccoli
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Stenta a decollare, accelera troppo nell'atterraggio, ma i buoni tre quarti del film sono un viaggio riuscito e originale nel nero dell'animo umano e dell'anima americana. Spunti francamente horror e una tensione continua accompagnano il racconto parallelo della doppia ricerca di due bambine scomparse, ad opera del padre di una delle due e di un poliziotto, al contempo impegnati a misurare il limite delle proprie convinzioni morali e il senso di che cosa sia Giustizia. L'impressione, sembra dirci il regista, è che sia da tempo venuto meno ogni punto di riferimento - Guantanamo docet - e che in questi tempi cupi, dissolta l'ipocrisia, si sia dissolta anche la compassione.
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Stenta a decollare, accelera troppo nell'atterraggio, ma i buoni tre quarti del film sono un viaggio riuscito e originale nel nero dell'animo umano e dell'anima americana. Spunti francamente horror e una tensione continua accompagnano il racconto parallelo della doppia ricerca di due bambine scomparse, ad opera del padre di una delle due e di un poliziotto, al contempo impegnati a misurare il limite delle proprie convinzioni morali e il senso di che cosa sia Giustizia. L'impressione, sembra dirci il regista, è che sia da tempo venuto meno ogni punto di riferimento - Guantanamo docet - e che in questi tempi cupi, dissolta l'ipocrisia, si sia dissolta anche la compassione. Ottimi attori e atmosfere (quasi tutte in notturna e sotto la pioggia), intreccio complesso e sottile... frenano l'entusiamo i primi venti minuti, lentissimi e atoni, e la parte finale, dalla "scoperta" della verità in poi, affrettata e riassuntiva.
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peninsula.eu
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giovedì 21 novembre 2013
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vietatissimo a donne e minori di 40 anni
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Durissimo, angoscioso, ho una figlia piccola, ho sofferto come un cane ...
Le due scene che mi sono piaciute di più:
1) quando Jake Gyllenhaal va a bussare a casa di un sospetto e, sull'uscio, gli fa alcune domande in tono apparentemente cordiale;
2) la geniale allusione anti-religiosa del regista che, a un personaggio centrale del film, fa confessare le proprie efferatezze col desiderio di vendicarsi contro Dio, per il male subito, sequestrando i bambini altrui e trasformando i genitori in diavoli.
Nessun accanito, coltissimo mangia-preti avrebbe potuto fare meglio.
VOTO: 7-
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gianleo67
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mercoledì 20 novembre 2013
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le cupe ossessioni del cinema nordamericano
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Due bambine, le più piccole di due famiglie di amici riunite per il pranzo del Ringraziamento, scompaiono misteriosamente nel nulla dopo essersi allontanate da casa. I sospetti su di un possibile rapimento ricadono su di un giovane minorato il cui camper era parcheggiato nelle vicinanze e che viene rilasciato quasi subito per mancanza di fondate prove di colpevolezza. Mentre il detective incaricato delle ricerche segue una difficile pista investigativa tra pedofili locali ed analoghi casi irrisolti, il padre di una delle bambine scomparse rapisce, segrega e tortura l'unico indiziato nel tentativo di estorcergli una confessione che lo stesso sembrava avergli sussurrato all'uscita dalla prigione.
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Due bambine, le più piccole di due famiglie di amici riunite per il pranzo del Ringraziamento, scompaiono misteriosamente nel nulla dopo essersi allontanate da casa. I sospetti su di un possibile rapimento ricadono su di un giovane minorato il cui camper era parcheggiato nelle vicinanze e che viene rilasciato quasi subito per mancanza di fondate prove di colpevolezza. Mentre il detective incaricato delle ricerche segue una difficile pista investigativa tra pedofili locali ed analoghi casi irrisolti, il padre di una delle bambine scomparse rapisce, segrega e tortura l'unico indiziato nel tentativo di estorcergli una confessione che lo stesso sembrava avergli sussurrato all'uscita dalla prigione. La corsa contro il tempo alla ricerca di una verità complessa e difficile faranno incrociare queste due strade nel drammatico e sconcertante colpo di scena finale.
Già apprezzato autore di pluripremiati lungometraggi (ma praticamente sconosciuto in Italia) il canadese Denis Villeneuve filma, nel plumbeo livore di una squallida e uggiosa provincia americana, un thriller teso e dolente che se da un alto ragiona con le insanabili contraddizioni di una società intrisa di un puritanesimo viscerale e ossessivo, dall'altro prova a scardinare le salde certezze dei codici di rispetto e legalità su cui si basa la civile convivenza confondendo vittime e carnefici, rapiti e rapitori, prigionieri e secondini in una drammatica escalation di crimini offensivi e difensivi sul labile confine tra etica e giustizia, tra verità e apparenza, tra salvezza e perdizione (espiazione) fino al tragico scioglimento finale che chiude il cerchio reclamando il pegno di una terribile condanna, nell'atroce contrappasso di un inevitabile delitto dell'uomo contro l'uomo.
Segnado necessariamente il passo sul ritmo narrativo di un lungometraggio di durata eccessiva (francamente 153 minuti sono troppi) l'autore cerca di far collimare tutti i tasselli di un complicato puzzle delle verità apparenti e delle labili certezze spostando l'attenzione dagli insinuanti dettagli di una estenuante ricerca della verità (tra frasi smozzicate e medaglioni intarsiati, tra simboli mistici e labirintici gineprai) al dinamismo delle azioni convergenti in cui i due protagonisti principali sembrano proseguire e affrontarsi su opposti versanti per la ricerca della medesima verità fino all'inevitabile rendez-vous finale sul luogo di un delitto comunque destinato a rimanere insoluto perchè un'altro possa essere fortunatamente (provvidenzialmente) risolto. Cinema di geometrica precisione finisce per assecondare con esplicita evidenza la programmatica tesi di una insanabile e radicale colpa annidata in seno alla moderna società americana (di villette ordinate e orrori domestici), proponendo una interessante ma forse artificisosa dialettica nel rapporto tra dovere familiare (legittimo o malinteso) e rispetto verso l'altro, tra l'etica della giustizia e l'immoralità delle buone intenzioni. Ottimi i due protagonisti con un insolito ed antieroico Hugh Jackman e la caratterizzazione dolente e ostinata del giovane detective interpretato dal più bravo dei fratelli Gyllenhaal. Le cupe ossessioni del cinema nordamericano.
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catcarlo
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martedì 19 novembre 2013
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prisoners
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Una piccola e sonnacchiosa comunità in mezzo ai boschi viene messa sottosopra dalla sparizione di due bambine. Il primo sospettato, Alex, ha un’età mentale attorno ai dieci anni e non sarebbe capace di organizzare un rapimento, almeno da solo: il poliziotto incaricato delle indagini, l’ispettore Loki (sì, proprio come il fratello di Thor), lo lascia andare e inizia una paziente indagine partendo quasi dal nulla. Keller Dover, il padre di una delle due bimbe, si autoconvince però che Alex (il cui aspetto, in effetti, inquieta un po’) sia in qualche modo colpevole, lo sequestra e non si ferma davanti a nulla per cercare di farlo parlare. Le traiettorie dei due viaggiano quasi in parallelo fino alla fine, dove, seppure in modo involontario, Dover finisce per aiutare Loki a squarciare l’ultimo velo: nel frattempo, l’ispettore ha ribaltato il classico sasso che nascondeva un verminaio, scoprendo che il paesino, oltre che sonnacchioso, è pure un po’ omertoso e comunque incapace di vedere, o ammettere, le brutture che vivono sotto la superficie.
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Una piccola e sonnacchiosa comunità in mezzo ai boschi viene messa sottosopra dalla sparizione di due bambine. Il primo sospettato, Alex, ha un’età mentale attorno ai dieci anni e non sarebbe capace di organizzare un rapimento, almeno da solo: il poliziotto incaricato delle indagini, l’ispettore Loki (sì, proprio come il fratello di Thor), lo lascia andare e inizia una paziente indagine partendo quasi dal nulla. Keller Dover, il padre di una delle due bimbe, si autoconvince però che Alex (il cui aspetto, in effetti, inquieta un po’) sia in qualche modo colpevole, lo sequestra e non si ferma davanti a nulla per cercare di farlo parlare. Le traiettorie dei due viaggiano quasi in parallelo fino alla fine, dove, seppure in modo involontario, Dover finisce per aiutare Loki a squarciare l’ultimo velo: nel frattempo, l’ispettore ha ribaltato il classico sasso che nascondeva un verminaio, scoprendo che il paesino, oltre che sonnacchioso, è pure un po’ omertoso e comunque incapace di vedere, o ammettere, le brutture che vivono sotto la superficie. Se Dover rappresenta la violenza che cova all’ombra delle maschere che destano meno sospetti, nelle cantine delle linde casette immerse nel verde sono occultati segreti che pare impossibile che vengano ignorati e il tutto ruota intorno a una religiosità opprimente capace di scatenare demoni incontrollabili: oltre alle patologie psichiatriche, il risultato è un inquietante deserto dei sentimenti – compresi i genitori delle bambine che, in un modo o nell’altro, si chiudono in se stessi senza riuscire ad aiutarsi a vicenda – che mette in seria discussione l’idea di piccola comunità solidale. Insomma, c’è del marcio in Pennsylvania (ovvero, più genericamente, nella provincia americana) e a testimoniarlo ecco allora tutta una serie di simboli, a volte forse troppo evidenti, a partire dal sacrificio di un innocente cervo già nella prima scena per arrivare ai serpenti striscianti qua e là: uno sguardo critico non certo nuovo ma che non intacca l’essenza del film, anzi contribuisce ad aggiungere ulteriore efficacia a una storia ben scritta e ancor meglio filmata capace di appassionare dall’inizio alla fine malgrado le oltre due ore e mezza di durata complessiva. Unendo una tensione di stampo hitchcockiano con sensazioni opprimenti da ‘Il silenzio degli innocenti’ (tanto per citare un titolo), Villeneuve, assieme allo sceneggiatore Aaron Guzikowski, trova il ritmo adatto per costruire le giuste atmosfere per il genere, oltretutto alle prese con un argomento non facile come sempre quando vengono coinvolti i più piccoli: ne esce una solida struttura filmica immersa in una luce fredda e ormai invernale ben fotografata da Roger Deakins tra uno scroscio di pioggia e una spruzzata di neve (l’azione si svolge nella settimana successiva al Ringraziamento). Il regista canadese sceglie uno stile essenziale, con la macchina da presa che si muove solo quando è necessario concentrandosi spesso sui volti dei personaggi, nel segno di una netta preferenza per l’evoluzione psicologica rispetto all’azione (anche se sarà difficile dimenticare l’impatto emotivo della corsa notturna in macchina di Loki per salvare la piccola Anna): Importante è anche il contributo del cast che si distingue per interpretazioni tutte di ottimo livello: le due mamme addolorate Viola Davis e Maria Bello (che forse avrebbero meritato maggiore spazio), l’altra madre Melissa Leo anche al netto di qualche gigionismo di troppo e, soprattutto, i due attori impegnati nei ruoli principali. L’australiano Hugh Jackman presta il volto a un personaggio complesso come Dover sottolineandone le ambiguità, perché, se è vero che non siamo di fronte a un giustiziere della notte, è indiscutibile che dietro alla figura tutta segheria e famiglia già si agitasse qualche fantasma – ‘prega per il meglio, ma preparati al peggio’ – che poi esplode portandolo oltre qualsiasi limite dell’accettabile anche considerando la sua dolorosa condizione. Di fronte a lui, ci sono i dubbi e la determinazione di Loki, ennesima figura di poliziotto amareggiato dal mestiere che pure, tra errori e incertezze, giunge a una soluzione che non serve certo a rasserenarne l’animo: nei suoi panni, tra misteriosi tatuaggi e un insistito tic agli occhi, Jake Gyllenhaal dà vita a una prova davvero notevole che finisce per farlo preferire, seppur di un nonnulla, ai suoi compagni di avventura.
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romifran
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lunedì 18 novembre 2013
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di buone intenzioni è lastricato l'inferno.
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L'ho sentita da un prete, questa frase sibillina, che ben si attaglia, mi pare, all'ottimo thriller/horror di Denis Villeneuve. Atmosfera noir, sin dai primi fotogrammi, e una luce profondamente triste, che il direttore della fotografia deve aver di certo voluto per calarci da subito "in medias res". Nel film tutti hanno "buone intenzioni": ritrovare la propria figlia, scoprire il colpevole, predicare la buona novella, difendere i propri ideali di giustizia, indurre a perdere la fede, mantenere la parola data a costo della vita. E tuttavia, tra tante buone intenzioni, scorre il sangue, lo spettatore ha paura, disgusto, a tratti terrore; trema e spera dall'inizio alla fine, incollato sulla poltrona (non ho nemmeno avvertito la durata del film: ben 2 ore e mezza).
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L'ho sentita da un prete, questa frase sibillina, che ben si attaglia, mi pare, all'ottimo thriller/horror di Denis Villeneuve. Atmosfera noir, sin dai primi fotogrammi, e una luce profondamente triste, che il direttore della fotografia deve aver di certo voluto per calarci da subito "in medias res". Nel film tutti hanno "buone intenzioni": ritrovare la propria figlia, scoprire il colpevole, predicare la buona novella, difendere i propri ideali di giustizia, indurre a perdere la fede, mantenere la parola data a costo della vita. E tuttavia, tra tante buone intenzioni, scorre il sangue, lo spettatore ha paura, disgusto, a tratti terrore; trema e spera dall'inizio alla fine, incollato sulla poltrona (non ho nemmeno avvertito la durata del film: ben 2 ore e mezza). Straordinario l'effetto "post-visione": un pensiero quasi fisso su quelle buone intenzioni per l'intera giornata e, ancora adesso, mentre scrivo. Un critico scrisse in occasione dell'uscita del film "Onora il padre e la madre": "Quando un film è davvero ben fatto, lo spettatore deve portarselo a casa." Ovvero nel cuore e nell'anima, come ho fatto io. Chapeau!
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flyanto
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lunedì 18 novembre 2013
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quando l'orrore psicologico e non divampa in tutte
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Thriller in cui si racconta della sparizione di due bambine nel corso dei festeggiamenti per la giornata del Ringraziamento. Da parte della polizia locale scattano ovviamente subito le indagini al fine di poterle ritrovare e nel corso delle quali alcuni indiziati verranno arrestati per poi essere liberati per mancanze di prove. Nel frattempo in cui le ricerche proseguono, non senza difficoltà ed intoppi, il padre di una delle bambine scomparse decide di farsi giustizia da solo e di prendere così in ostaggio, al fine di indurlo a confessare l'orrendo misfatto, uno degli indiziati. La vicenda, dopo un susseguirsi di inaspettati colpi di scena, finalmente approderà ad una conclusione finale che permetterà di risolvere brillantemente il caso, ma non senza vittime e dolorosi spargimenti di sangue.
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Thriller in cui si racconta della sparizione di due bambine nel corso dei festeggiamenti per la giornata del Ringraziamento. Da parte della polizia locale scattano ovviamente subito le indagini al fine di poterle ritrovare e nel corso delle quali alcuni indiziati verranno arrestati per poi essere liberati per mancanze di prove. Nel frattempo in cui le ricerche proseguono, non senza difficoltà ed intoppi, il padre di una delle bambine scomparse decide di farsi giustizia da solo e di prendere così in ostaggio, al fine di indurlo a confessare l'orrendo misfatto, uno degli indiziati. La vicenda, dopo un susseguirsi di inaspettati colpi di scena, finalmente approderà ad una conclusione finale che permetterà di risolvere brillantemente il caso, ma non senza vittime e dolorosi spargimenti di sangue. Questo thriller, avrebbe potuto essere uno dei tanti in cui viene rappresentato uno dei casi, così diffusi negli States ed in Europa, di rapimenti di bambini da parte di psicopatici e killers seriali, ma si discosta ampiamente da tutto ciò assumendo una connotazione originale, e comunque non scontata, in quanto la regia perfettamente equilibrata, tessuta in un crescendo sempre maggiore di tensione, fa evolvere la trama in modo da tenere sempre alta l'attenzione dello spettatore. E più che sulle efferate azioni di violenza, il regista Denis Villeneuve qui pone l'accento, evidenziandola, sulla psicologia dei personaggi. Le reazioni ed i punti di vista di tutti i protagonisti, dal poliziotto, ai componenti familiari delle due bimbe rapite, agli indiziati fortemente disturbati dal punti di vista psicologico, sono qui analizzate e rappresentate con un' obiettività e lucidità da far emergere soprattutto quanto al giorno d'oggi la società non possieda più alcun valore morale od addirittura Fede o timor Dei al fine di agire correttamente e non perdere completamente la ragione. Pertanto quest'ottima pellicola, brillantemente recitata dai tutti i suoi attori, ma con una menzione speciale per Jake Gyllenhaal per l' interpretazione del poliziotto, risulta praticamente perfetta, avvincente e ben congegnata in tutte le sue parti e pertanto da consigliare altamente come esempio di thriller non comune e come conferma del talento di Villeneuve, già ampiamente apprezzato nel suo precedente e "spietato" per argomento "La donna che canta", di genere completamente differente da quest'ultimo.
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sandro roy
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lunedì 18 novembre 2013
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i progionieri
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Tutto sommato un buon film.
Impegna egregiamente i suoi 153 min (non pochi) senza mai annoiare.
Un thriller senza troppi fronzoli e piuttosto lineare nella trama.
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Tutto sommato un buon film.
Impegna egregiamente i suoi 153 min (non pochi) senza mai annoiare.
Un thriller senza troppi fronzoli e piuttosto lineare nella trama.
Davvero molto buona l’interpretazione di Jackman, un po' meno quella di Gyllenhaal.
Ma da qui, a dire che è uno dei migliori film dell'anno, nonostante questo non sia dei più ricchi, ce ne vuole.
Non mi è ben chiaro il messaggio , se ce ne fosse uno, che il regista Denis Villeneuve vuole comunicare. Di certo, i "Prisoners" non sono le vittime della storia, ma i protagonisti. Ognuno è schiavo (o prigioniero appunto) dei propri patemi, almeno per come l’ho interpretato io.
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andrea giostra
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lunedì 18 novembre 2013
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la devastante forza della disperazione di un padre
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Cos’è disposto a fare un padre disperato per salvare la propria figlia rapita? Cos’è disposto a rischiare per mantener fede alla promessa di proteggerla contro i mali del mondo, fatta a se stesso ed all’amata moglie, quando la sua piccola piangente ha visto la luce scoprendo il mondo attraverso il ventre insanguinato della sua donna sfinita e felice per aver dato la vita ad un angelo?
Il film di Denis Villeneuve, con la sceneggiatura del bravo Aaron Guzikowski, si cimenta in questo difficilissimo compito: i drammi e gli strazi subìti dalle famiglie vittime di queste tragedie, delle quali sono piene le cronache degli ultimi anni, sono difficilissimi da raccontare negli inquietanti e devastanti scenari e nei dolorosi aspetti emotivi.
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Cos’è disposto a fare un padre disperato per salvare la propria figlia rapita? Cos’è disposto a rischiare per mantener fede alla promessa di proteggerla contro i mali del mondo, fatta a se stesso ed all’amata moglie, quando la sua piccola piangente ha visto la luce scoprendo il mondo attraverso il ventre insanguinato della sua donna sfinita e felice per aver dato la vita ad un angelo?
Il film di Denis Villeneuve, con la sceneggiatura del bravo Aaron Guzikowski, si cimenta in questo difficilissimo compito: i drammi e gli strazi subìti dalle famiglie vittime di queste tragedie, delle quali sono piene le cronache degli ultimi anni, sono difficilissimi da raccontare negli inquietanti e devastanti scenari e nei dolorosi aspetti emotivi. Il tentativo di Villeneuve e Guzikowski, con l’aiuto degli ottimi Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal, è coraggioso e al contempo apprezzabile. Il risultato è certamente riuscito: il film trasmette allo spettatore un “accenno” – ed è già un eccellente risultato! - di quello che dev’essere l’immenso senso di impotenza e la straziante disperazione che devasta le famiglie vittime di queste disumane violenze.
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astromelia
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domenica 17 novembre 2013
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trama confusa ed inspiegabile a tratti
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chissà se il regista l'ha fatto apposta ma i punti salienti di questo a film a me rimangono sconosciuti,la liberazione delle bambine più che a vedersi va intuita e non si spiega perchè sono rimaste vive con tutti quei cadaveri in mezzo a squilibrati di ogni genere,suppongo poi che il padre di una delle bimbe e il ragazzo ritardato siano morti o no?il prete col cadavere c'entra in che maniera che poi viene trascurato e scompare mah... o ci sarà un seguito? comunque i film vanno capiti se una trama rixulta confusa lascia un retrogusto amaro.per me questo film pecca di scene mancate quando proprio nel culmine si doveva giocoforza insistere sul mistero.
[+] seneggiatura frettolosa e uno spoiler
(di hollyver07)
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