andrea giostra
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lunedì 18 novembre 2013
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la devastante forza della disperazione di un padre
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Cos’è disposto a fare un padre disperato per salvare la propria figlia rapita? Cos’è disposto a rischiare per mantener fede alla promessa di proteggerla contro i mali del mondo, fatta a se stesso ed all’amata moglie, quando la sua piccola piangente ha visto la luce scoprendo il mondo attraverso il ventre insanguinato della sua donna sfinita e felice per aver dato la vita ad un angelo?
Il film di Denis Villeneuve, con la sceneggiatura del bravo Aaron Guzikowski, si cimenta in questo difficilissimo compito: i drammi e gli strazi subìti dalle famiglie vittime di queste tragedie, delle quali sono piene le cronache degli ultimi anni, sono difficilissimi da raccontare negli inquietanti e devastanti scenari e nei dolorosi aspetti emotivi.
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Cos’è disposto a fare un padre disperato per salvare la propria figlia rapita? Cos’è disposto a rischiare per mantener fede alla promessa di proteggerla contro i mali del mondo, fatta a se stesso ed all’amata moglie, quando la sua piccola piangente ha visto la luce scoprendo il mondo attraverso il ventre insanguinato della sua donna sfinita e felice per aver dato la vita ad un angelo?
Il film di Denis Villeneuve, con la sceneggiatura del bravo Aaron Guzikowski, si cimenta in questo difficilissimo compito: i drammi e gli strazi subìti dalle famiglie vittime di queste tragedie, delle quali sono piene le cronache degli ultimi anni, sono difficilissimi da raccontare negli inquietanti e devastanti scenari e nei dolorosi aspetti emotivi. Il tentativo di Villeneuve e Guzikowski, con l’aiuto degli ottimi Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal, è coraggioso e al contempo apprezzabile. Il risultato è certamente riuscito: il film trasmette allo spettatore un “accenno” – ed è già un eccellente risultato! - di quello che dev’essere l’immenso senso di impotenza e la straziante disperazione che devasta le famiglie vittime di queste disumane violenze.
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andyzerosettesette
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domenica 10 novembre 2013
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segreti e contraddizioni nella provincia americana
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Anche se attinge a qualche stereotipo del genere e sebbene il tema del rapimento di bambini sia anche troppo sfruttato nei thriller made in USA, "Prisoners" si rivela a conti fatti un ottimo prodotto di intrattenimento che mantiene quel che promette (tensione e colpi di scena dall'inizio alla fine), sapendo farsi perdonare la durata abbondante con l'assenza di scene o personaggi ridondanti: uscendo dalla sala si ha l'impressione che nella sceneggiatura proprio nulla sia "fuori posto", e già non è poco.
Il contesto è quello, visto in mille altre pellicole, della classica "provincia americana", quella solcata da pick-up polverosi e punteggiata di tranquille villette medio-borghesi che magari in realtà nascondono qualche segreto, con strade affiancate da fast-food senza pretese e centri abitati a interromepere foreste ancora rigogliose.
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Anche se attinge a qualche stereotipo del genere e sebbene il tema del rapimento di bambini sia anche troppo sfruttato nei thriller made in USA, "Prisoners" si rivela a conti fatti un ottimo prodotto di intrattenimento che mantiene quel che promette (tensione e colpi di scena dall'inizio alla fine), sapendo farsi perdonare la durata abbondante con l'assenza di scene o personaggi ridondanti: uscendo dalla sala si ha l'impressione che nella sceneggiatura proprio nulla sia "fuori posto", e già non è poco.
Il contesto è quello, visto in mille altre pellicole, della classica "provincia americana", quella solcata da pick-up polverosi e punteggiata di tranquille villette medio-borghesi che magari in realtà nascondono qualche segreto, con strade affiancate da fast-food senza pretese e centri abitati a interromepere foreste ancora rigogliose. Forse questo tipo di ambientazione è funzionale a creare una certa atmosfera o a suggerire una chiave di lettura simbolica per l'intera storia, che se non viene "letta" soltanto come una trama di puro intrattenimento può essere interpretata anche come una metafora di alcune contaddizioni della società americana, dal rapporto fra i cittadini e la legge alla voglia di "giustizia privata" dell'uomo qualunque, con in aggiunta un "sottotesto" religioso di notevole spessore. Proprio in questa chiave, anche se molti considerereranno il personaggio interpretato da Hugh Jackman come quello centrale dell'intera vincenda, la sensazione è piuttosto che sia il detective di Jake Gyllenhaal (molto convincente peraltro anche a livello di mimica corporea nella sua caratterizzazione) a vestire i panni del protagonista, nonchè del vero eroe americano tormentato ma capace di redimere col suo caparbio senso del dovere le storture del sistema.
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[+] sorprendente, agghiacciante, allegorico film
(di antonio montefalcone)
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[+] centro!
(di romifran)
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francesco ionadi
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venerdì 8 novembre 2013
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tutti sono prigionieri
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Beh, che dire? Prisoners ha tutti gli ingredienti necessari per essere uno dei film thriller tra i più riusciti degli ultimi anni. La pellicola è permeata da una sensazione di tensione ed inquietudine dal primo all'ultimo fotogramma. La durata non deve spaventare: nonostante i 150 minuti, non ci si annoia affatto e si resta col fiato sospeso per riuscire a capire come andrà a finire. La regia è molto accurata e gli attori sono tutti a proprio agio nelle rispettive parti: soprattutto Jake Gyllenhaal, devo dire che è migliorato tantissimo e ci offre un'interpretazione magistrale; anche Hugh Jackman è perfetto nel ruolo del padre disperato e dimostra di saperci fare anche nel campo drammatico e non soltanto nell'action.
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Beh, che dire? Prisoners ha tutti gli ingredienti necessari per essere uno dei film thriller tra i più riusciti degli ultimi anni. La pellicola è permeata da una sensazione di tensione ed inquietudine dal primo all'ultimo fotogramma. La durata non deve spaventare: nonostante i 150 minuti, non ci si annoia affatto e si resta col fiato sospeso per riuscire a capire come andrà a finire. La regia è molto accurata e gli attori sono tutti a proprio agio nelle rispettive parti: soprattutto Jake Gyllenhaal, devo dire che è migliorato tantissimo e ci offre un'interpretazione magistrale; anche Hugh Jackman è perfetto nel ruolo del padre disperato e dimostra di saperci fare anche nel campo drammatico e non soltanto nell'action. Poi il titolo, mai più azzeccato: tutti i protagonisti (metaforicamente o realmente) sono prigionieri e si è condotti a riflettere sul libero arbitrio e fino a quanto una persona è disposta a spingersi per perorare la propria causa. Secondo me, l'unica nota meno positiva è la colonna sonora, leggermente ripetitiva. Voto 10/10.
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jaylee
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lunedì 11 novembre 2013
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un borghese (americano) piccolo piccolo
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Privo di un lancio in grande stile, questo film, lo diciamo subito, rischia di essere, a questo punto, il miglior thriller del 2013.
Diretto dal canadese semi-sconosciuto Denis Villeneuve, la trama ci porta nell'America rurale fatta di case di legno sul vialetto verde e del Giorno del Ringraziamento, ma anche di fucili e pistole in ogni casa, furori e sette religiose, alcol come ansiolitico, sparizioni di bambini all'ordine del giorno. Due bimbe scompaiono da casa: sarà il detective Loki (Jake Gyllenhaal) a prendere in carico il caso; e allo stesso tempo, i padri delle figlie (Hugh Jackman e Terrence Howard) prenderanno in mano la giustizia rapendo a loro volta il principale indiziato (Paul Dano), scarcerato perchè in assenza di prove concrete.
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Privo di un lancio in grande stile, questo film, lo diciamo subito, rischia di essere, a questo punto, il miglior thriller del 2013.
Diretto dal canadese semi-sconosciuto Denis Villeneuve, la trama ci porta nell'America rurale fatta di case di legno sul vialetto verde e del Giorno del Ringraziamento, ma anche di fucili e pistole in ogni casa, furori e sette religiose, alcol come ansiolitico, sparizioni di bambini all'ordine del giorno. Due bimbe scompaiono da casa: sarà il detective Loki (Jake Gyllenhaal) a prendere in carico il caso; e allo stesso tempo, i padri delle figlie (Hugh Jackman e Terrence Howard) prenderanno in mano la giustizia rapendo a loro volta il principale indiziato (Paul Dano), scarcerato perchè in assenza di prove concrete. Dove si può arrivare per salvare i propri figli? È davvero giusto fare qualunque cosa, fino a dannare la propria anima?
Uno dei punti di forza del film è senz'altro lo sviluppo della trama, che ci porta sempre sul punto di prendere una decisione, salvo sconfessarci dieci minuti dopo: è colpevole, o no? E cosa significa quell'indizio? Senza mai peraltro essere scontato, ma con un avvertimento: mai perdere di vista un solo secondo del film dall'inizio. Notevole come il regista costruisca un vero e proprio labirinto di ipotesi ed immagini, non casualmente, visto quanto sará ricorrente nel film quella stessa immagine.
Il che ci porta al secondo punto di forza, ovvero i protagonisti, un confronto tra due predatori... Il primo (Dover/Jackman) è il padre di famiglia disposto a tutto per riprendersi la sua bambina, delineato già all'inizio dove caccia insieme al figlio, la rappresentazione di questa America che sotto crocifissi appesi e tatuati, nasconde una ferocia in attesa di esplodere. E come arriverà a torturare il proprio prigioniero, solo parzialmente si giustifica con i fini estremi, lascia in realtà intravedere un lato "demoniaco" (come dirà alla fine uno dei personaggi) piuttosto a proprio agio col sangue... Quasi una riedizione in abiti civili del Wolverine portato sul grande schermo proprio da Jackman.
Ancora più "Wolverinesco" in realtá è il secondo protagonista (Loki/Gyllenhaal), anche lui, come l'altro, presentato in modo emblematico: solo al ristorante il Giorno del Ringraziamento, sotto questa pioggia torrenziale, un vero e e proprio lupo solitario, con istinti e fiuto prodigiosi, abbinati ad una testardaggine e una motivazione che lo spingono fino in fondo, ma che lo condannano all'isolamento dai propri colleghi. Alcune espressioni del suo spigoloso Loki, rinchiuso in queste sue camicie abbottonate e troppo strette (che in qualche modo evocano anche in lui qualcosa perennemente in attesa di esplodere), a volte apparentemente addormentato, ma sempre vigile, acuto e pronto allo scatto, sembrano veramente prese da qualche grande felino selvatico. Da vedere e rivedere la scena finale, dove il regista risolve in modo imprevedibile tutto il film.
Intelligente e a volte scomodo (anche per la durata ed il ritmo sincopato non proprio da popcorn movie) Prisoners racchiude nel suo titolo una chiave di lettura ambivalente e per niente scontata nonostante la tematica tipicamente thriller USA del rapimento e che ne "ibrida" il senso finale, avvicinandolo a A History of Violence di Cronenberg o ad un filone italiano anni '70 de Un Borghese Piccolo Piccolo di Monicelli o de Il Giocattolo di Montaldo. Sorprendente il film, promettente il regista. (www.versionekowalski.it)
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[+] ormai promessa mantenuta
(di thomaspsyy)
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filippo catani
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venerdì 15 novembre 2013
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un film che prende alla gola
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Durante la festa del Ringraziamento, due bambine spariscono misteriosamente. Le due sono figlie di due carissimi amici. La polizia inizia subito ad indagare sul misfatto e pare trovare un sospetto in un ragazzo problematico a bordo di un camper. Le prove però mancano e mentre la polizia fatica ad annodare i fili, il padre di una delle due ragazze decide di fare le indagini a modo suo.
Raramente si è assistito a un film che per due ore e mezza è capace di prenderti letteralmente per la gola. Questo è senza ombra di dubbio il merito principale del regista Villeneuve capace di dirigere e orchestrare una storia da brividi. Il merito va anche e soprattutto all'azzeccatissimo cast dove spicca la coppia Jackman-Gyllenhaal.
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Durante la festa del Ringraziamento, due bambine spariscono misteriosamente. Le due sono figlie di due carissimi amici. La polizia inizia subito ad indagare sul misfatto e pare trovare un sospetto in un ragazzo problematico a bordo di un camper. Le prove però mancano e mentre la polizia fatica ad annodare i fili, il padre di una delle due ragazze decide di fare le indagini a modo suo.
Raramente si è assistito a un film che per due ore e mezza è capace di prenderti letteralmente per la gola. Questo è senza ombra di dubbio il merito principale del regista Villeneuve capace di dirigere e orchestrare una storia da brividi. Il merito va anche e soprattutto all'azzeccatissimo cast dove spicca la coppia Jackman-Gyllenhaal. Il fatto è che oltre la trama avvincente vi è anche una straordinaria caratterizzazione dei personaggi che vengono visti in tutta la loro complessità e disperazione. Così facendo se da una parte è impossibile non solidarizzare con il padre disperato (ma con evidenti problemi dovuti al suo passato familiare e personale)allo stesso tempo non si può fare a meno di immedesimarsi in un poliziotto stretto tra la voglia di risolvere un intricatissimo caso e le pressioni che subisce dai media ma soprattutto dalla famiglia. Onde evitare di svelare troppo la trama o gli sviluppi e bene fermarsi qui non prima di aver detto che il tutto si svolge in atmosfere oscure o al più nuvolose e senza quasi mai l'accompagnamento musicale proprio a voler cercare la massima concentrazione e il pieno coinvolgimento dello spettatore. Non sarà così ma il film e soprattutto il suo cast meriterebbero qualche riconoscimento.
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beppe baiocchi
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giovedì 30 aprile 2015
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un thriller di altri tempi
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Premessa. Non conoscevo il film, non conoscevo il regista. Scoperto che a tale Denis Villeneuve verrà affidato il seguito di uno dei film che più mi ha esaltato (Blade Runner). Faccio una piccola ricerca. Il primo film che riesco a procurarmi è questo Prisoners. Leggo su wikipedia il genere,Thriller, giusto per capire di cosa si sta parlando, e intando faccio partire il film.
Finisco di vederlo. Rimango senza parole.
Partiamo dall'incipit narrativo. In un America di provincia a vengono rapite due bambine. Il sospettato principale è un ragazzo ( con evidenti problemi sociali ) che con il suo camper era stato visto vicino alle bambine momenti prima della sparizione.
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Premessa. Non conoscevo il film, non conoscevo il regista. Scoperto che a tale Denis Villeneuve verrà affidato il seguito di uno dei film che più mi ha esaltato (Blade Runner). Faccio una piccola ricerca. Il primo film che riesco a procurarmi è questo Prisoners. Leggo su wikipedia il genere,Thriller, giusto per capire di cosa si sta parlando, e intando faccio partire il film.
Finisco di vederlo. Rimango senza parole.
Partiamo dall'incipit narrativo. In un America di provincia a vengono rapite due bambine. Il sospettato principale è un ragazzo ( con evidenti problemi sociali ) che con il suo camper era stato visto vicino alle bambine momenti prima della sparizione. Partono a doppio filo le indagini del padre di una delle bambine (un Hugh Jackman in grande, grande forma) e della polizia (Jake Gyllehnaal o come diavolo si scrive).
Le indagini del padre avranno più un risvolto psicologico. Fin troppo consapevole di chi fosse stato il rapitore della figlia il genitore è portato a fare scelte eticamente molto discutibili, ma che ci fanno pensare. Cosa è disposto a fare un padre per trovare la figlia?" Lo faremmo anche noi?
L'indagine di Gyllenaahl invece è più classica, da detective, che valuta situazioni e sospettati, vede evidenze e prove, che scava più nel profondo dei fatti, ponendo alla luce vecchi eventi e potenziali serial killer.
Gli attori sono tutti molto bravi,un Hugh Jackman mai visto così convincente, e un Jake Gylenaahl che si dimostra ancora (nonostante la faccia da pugni),uno dei maggiori talenti della nuova Hollywood, che accompagna sempre alla buona recitazione una capacità di interpretare i personaggi con mosse e movenze che ne caratterizzano a pieno il ruolo, senza risultare delle caricature. Bravo anche Paul Dano ( altro attore di un antipatia tangibile).
Ma si sà non esistono bravi attori senza un regista capace di muoverli, e Denis Villeneuve (il regista) è la scoperta più felice. Gira bene, è capace, si sposta bene con la macchina da presa ,riesce a trasmettere tensione, dirige egregiamente i suoi attori. (Le speranze che il suo Blade Runner 2 sia un buon film si alzano notevolmente). La sceneggiatura poi è scritta davvero bene, un thriller classico, dove ci si pongono le domande, si fanno supposizioni su chi possa essere il colpevole, si pensa anche alle azioni giuste o meno dei protagonisti, un thriller di altri tempi.
Cosa volere di più? Un Lucano? Sì ma dopo la visione di questo splendido film!
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catcarlo
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martedì 19 novembre 2013
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prisoners
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Una piccola e sonnacchiosa comunità in mezzo ai boschi viene messa sottosopra dalla sparizione di due bambine. Il primo sospettato, Alex, ha un’età mentale attorno ai dieci anni e non sarebbe capace di organizzare un rapimento, almeno da solo: il poliziotto incaricato delle indagini, l’ispettore Loki (sì, proprio come il fratello di Thor), lo lascia andare e inizia una paziente indagine partendo quasi dal nulla. Keller Dover, il padre di una delle due bimbe, si autoconvince però che Alex (il cui aspetto, in effetti, inquieta un po’) sia in qualche modo colpevole, lo sequestra e non si ferma davanti a nulla per cercare di farlo parlare. Le traiettorie dei due viaggiano quasi in parallelo fino alla fine, dove, seppure in modo involontario, Dover finisce per aiutare Loki a squarciare l’ultimo velo: nel frattempo, l’ispettore ha ribaltato il classico sasso che nascondeva un verminaio, scoprendo che il paesino, oltre che sonnacchioso, è pure un po’ omertoso e comunque incapace di vedere, o ammettere, le brutture che vivono sotto la superficie.
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Una piccola e sonnacchiosa comunità in mezzo ai boschi viene messa sottosopra dalla sparizione di due bambine. Il primo sospettato, Alex, ha un’età mentale attorno ai dieci anni e non sarebbe capace di organizzare un rapimento, almeno da solo: il poliziotto incaricato delle indagini, l’ispettore Loki (sì, proprio come il fratello di Thor), lo lascia andare e inizia una paziente indagine partendo quasi dal nulla. Keller Dover, il padre di una delle due bimbe, si autoconvince però che Alex (il cui aspetto, in effetti, inquieta un po’) sia in qualche modo colpevole, lo sequestra e non si ferma davanti a nulla per cercare di farlo parlare. Le traiettorie dei due viaggiano quasi in parallelo fino alla fine, dove, seppure in modo involontario, Dover finisce per aiutare Loki a squarciare l’ultimo velo: nel frattempo, l’ispettore ha ribaltato il classico sasso che nascondeva un verminaio, scoprendo che il paesino, oltre che sonnacchioso, è pure un po’ omertoso e comunque incapace di vedere, o ammettere, le brutture che vivono sotto la superficie. Se Dover rappresenta la violenza che cova all’ombra delle maschere che destano meno sospetti, nelle cantine delle linde casette immerse nel verde sono occultati segreti che pare impossibile che vengano ignorati e il tutto ruota intorno a una religiosità opprimente capace di scatenare demoni incontrollabili: oltre alle patologie psichiatriche, il risultato è un inquietante deserto dei sentimenti – compresi i genitori delle bambine che, in un modo o nell’altro, si chiudono in se stessi senza riuscire ad aiutarsi a vicenda – che mette in seria discussione l’idea di piccola comunità solidale. Insomma, c’è del marcio in Pennsylvania (ovvero, più genericamente, nella provincia americana) e a testimoniarlo ecco allora tutta una serie di simboli, a volte forse troppo evidenti, a partire dal sacrificio di un innocente cervo già nella prima scena per arrivare ai serpenti striscianti qua e là: uno sguardo critico non certo nuovo ma che non intacca l’essenza del film, anzi contribuisce ad aggiungere ulteriore efficacia a una storia ben scritta e ancor meglio filmata capace di appassionare dall’inizio alla fine malgrado le oltre due ore e mezza di durata complessiva. Unendo una tensione di stampo hitchcockiano con sensazioni opprimenti da ‘Il silenzio degli innocenti’ (tanto per citare un titolo), Villeneuve, assieme allo sceneggiatore Aaron Guzikowski, trova il ritmo adatto per costruire le giuste atmosfere per il genere, oltretutto alle prese con un argomento non facile come sempre quando vengono coinvolti i più piccoli: ne esce una solida struttura filmica immersa in una luce fredda e ormai invernale ben fotografata da Roger Deakins tra uno scroscio di pioggia e una spruzzata di neve (l’azione si svolge nella settimana successiva al Ringraziamento). Il regista canadese sceglie uno stile essenziale, con la macchina da presa che si muove solo quando è necessario concentrandosi spesso sui volti dei personaggi, nel segno di una netta preferenza per l’evoluzione psicologica rispetto all’azione (anche se sarà difficile dimenticare l’impatto emotivo della corsa notturna in macchina di Loki per salvare la piccola Anna): Importante è anche il contributo del cast che si distingue per interpretazioni tutte di ottimo livello: le due mamme addolorate Viola Davis e Maria Bello (che forse avrebbero meritato maggiore spazio), l’altra madre Melissa Leo anche al netto di qualche gigionismo di troppo e, soprattutto, i due attori impegnati nei ruoli principali. L’australiano Hugh Jackman presta il volto a un personaggio complesso come Dover sottolineandone le ambiguità, perché, se è vero che non siamo di fronte a un giustiziere della notte, è indiscutibile che dietro alla figura tutta segheria e famiglia già si agitasse qualche fantasma – ‘prega per il meglio, ma preparati al peggio’ – che poi esplode portandolo oltre qualsiasi limite dell’accettabile anche considerando la sua dolorosa condizione. Di fronte a lui, ci sono i dubbi e la determinazione di Loki, ennesima figura di poliziotto amareggiato dal mestiere che pure, tra errori e incertezze, giunge a una soluzione che non serve certo a rasserenarne l’animo: nei suoi panni, tra misteriosi tatuaggi e un insistito tic agli occhi, Jake Gyllenhaal dà vita a una prova davvero notevole che finisce per farlo preferire, seppur di un nonnulla, ai suoi compagni di avventura.
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salvo gulizia
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giovedì 28 novembre 2013
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finalmente un thriller come si deve
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Film davvero di spessore tra i thriller degli ultimi anni, ottimamentre calibrato. Una storia apparentemente vista e rivista, che avrebbe potuto rischiare di essere un semplice collage di milioni di altri films esistenti, ma che viene rivisitata da Denis Villeneuve con un'abilità disarmante. I saldi valori morali e il perbenismo sono totalmente smontati, e ogni concetto di "etica" o di "giustizia" è rimesso in discussione. Cosa significa essere un "padre giusto"? Cosa significa essere un "poliziotto giusto"? Regia, sceneggiatura e musica mettono in una perpetua tensione e suspance lo spettatore, ma allo stesso tempo non lo fanno scollare dalla poltrona. Le interpretazioni divine di Hugh Jackman e di Jake Gyllenhaal coronano una pellicola straordinaria, non destinata a tutti (soprattutto ai deboli di cuore), capace di reggere il confronto con i migliori thriller degli ultimi vent'anni, primo fra tutti "Seven" di David Fincher.
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hollyver07
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martedì 12 novembre 2013
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l'ignobile squallore dell'anima
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Ciao. Film drammatico/thriller che racconta le squallide vicende connesse alla scomparsa di due bimbe. Il fatto narrato, avviene nell'ambito di una semplice ed amena comunità provinciale americana, coinvolgendo persone comuni che saranno drammaticamente stravolte dall'evento e dalle sue terribili conseguenze. L'ambientazione ed il contesto dell'azione si svolgono all'insegna di angoscia e tensione, ulteriormente accentuate dalla plumbea e sapiente fotografia di Roger Deakins (anche "A beautiful mind" - "The village" - "Le ali della libertà"). La regìa di Denis Villeneuve è chiaramente attratta ed orientata a stigmatizzare le due figure attoriali cardini della storia, Keller Dover (Hugh Jackman - il padre di Anna - disperatamente, rabbiosamente determinato) ed il detective Loki (Jake Gyllenhaal - interprete molto intonato al ruolo, capace di una notevole mimica espressiva).
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Ciao. Film drammatico/thriller che racconta le squallide vicende connesse alla scomparsa di due bimbe. Il fatto narrato, avviene nell'ambito di una semplice ed amena comunità provinciale americana, coinvolgendo persone comuni che saranno drammaticamente stravolte dall'evento e dalle sue terribili conseguenze. L'ambientazione ed il contesto dell'azione si svolgono all'insegna di angoscia e tensione, ulteriormente accentuate dalla plumbea e sapiente fotografia di Roger Deakins (anche "A beautiful mind" - "The village" - "Le ali della libertà"). La regìa di Denis Villeneuve è chiaramente attratta ed orientata a stigmatizzare le due figure attoriali cardini della storia, Keller Dover (Hugh Jackman - il padre di Anna - disperatamente, rabbiosamente determinato) ed il detective Loki (Jake Gyllenhaal - interprete molto intonato al ruolo, capace di una notevole mimica espressiva). Le altre caratterizzazioni, compresa l'identificazione del male/distorsione (con un errore di cast quasi assurdo...) non sono parimenti accurate apparendo, in tutto il film, poco più che abbozzate (in merito vedasi i ruoli delle due rispettive famiglie ed il loro effettivo "peso" scenico). Il vero pregio del regista è quello di mantenere una sorta di distorsione percettiva degli eventi che sollecitano gli stato di relativa angoscia ed attesa di uno spettatore. Questo... è avvenuto (almeno) in buona parte del film, grazie anche ad un montaggio delle scene molto misurato, compassato, per nulla votato a deviare dal percorso prestabilito. In termini di sceneggiatura, sono più evidenti delle sostanziali pecche narrative, in particolar modo nella parte finale della storia; non mi è sembrata pienamente consona allo sviluppo degli eventi precedenti - Eviterò d'approffondire perchè dovrei giustificare troppi Spoiler -. Voce a parte nell'ambito del film sono le considerazioni etico-morali che si possono trarre dallo stesso. Una di queste la collego alla legittimità/liceità, oppure no, di azioni legate alla disperazione di Keller. In questo caso, sono vagamente indeciso nel definire un onesto giudizio, visto che se fosse una cosa personale... umanamente credo avrei severe difficoltà a non giustificare un mio simile comportamento. D'altro canto, questo film crea un ambiguo correre sul filo del rasoio che (presumibilmente) nella realtà d'origine (forse anche da noi) avrebbe una quasi certa ed univoca logica di sviluppo: "sei nel giusto ed hai il diritto di fare...!". Francamente, è una contrapposizione tra azioni le quali, indifferentemente legittime o illegittime esse siano, si sviluppano affette da plumbei contorni e finalizzate in esiti per i quali, raramente, si ottiene la legittima sensazione di equo assolvimento. Esaurite simili considerazioni, giusto o sbagliato che sia, la pellicola chiaramente propende, in parte assolve, il brutale comportamento di chi ha subito il torto (indipendentemente da quale sia la verità). Detta impressione personale ha parzialmente inficiato il mio gradimento nei confronti del film. Passando al cast, del quale ho già accennato le differenze di rilievo registico, poste tra i due attori principali e gli altri caratteristi, mi sento d'affermare che Jackman e Gyllenhaal (insieme) non siano una coppia affiatata. Vero che i ruoli erano quasi contrapposti ma, sopratutto nella scena girata in auto, entrambi appaiono impegnati a recitare in film diversi (una sorta di diatopia linguistica). Ad ogni buon conto, dei due attori, la caratterizzazione più convincente mi è sembrata quella fornita da Gyllenhaal. Jackman, si...! Bravo quando disperato e furibondo ma incompleto nel manifestare le dilanianti emozioni che possono avvolgerci in simili situazioni (e non è una questione di sole lacrime...). In definitiva, ho avuto modo d'apprezzare un film, intenso, angoscioso, adeguatamente interpretato ma non privo di difetti... magari più "etici" che in termini di forma espressiva e sostanza. Un "3,5" stelle sarebbe più corretto ma mezzo punto in più lo regalo per l'eccellente fotografia. Per quanto inutile sia un mio suggerimento, mi sento di consigliarne la visione, gustandosi sopratutto le ottime sfumature interpretative proposte da Jake. Saluti e buona visione
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mattrix46
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domenica 17 novembre 2013
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bel film
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visto da pochi giorni...e posso dire che è un film che ti coinvolge parecchio riuscendo a tenerti in tensione per tutta la durata del film....i suoi 153 minuti non pesano affatto...per chi piace questo genere lo consiglio vivamente!!
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