maggie69
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martedì 25 marzo 2014
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decisamente ottimo...
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Ottima sceneggiatura e grande utilizzo di metafore... un giallo in cui la sceneggiatura non ha mai buchi. Puó sembrare lento ma ogni scena va vista attentamente perché si scopre l'assassino insieme ai protagonisti... a me i gialli non piacciono. Questo è fatto veramente bene. I due protagonisti recitano mooolto bene. Ho rivalutato "il poliziotto" ... in questo film si supera.. :)
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cizeta
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sabato 15 marzo 2014
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amaro
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Un'amarezza forte e acida ci trasmette Prisoners di Villeneuve, fin dalle prime battute e dalle prime immagini.
In un tranquillo paesotto tipico americano, dove tutti si conoscono e vive ancora il concetto di comunità, due bambine scompaiono nel nulla. Il padre di una, Keller Dover, decide di compiere indagini autonomamente ritenendo che la polizia locale impersonata dal detective Loki non stia lavorando bene ed in modo incisivo. L'epilogo è a sorpresa (ma si intuisce ben presto durante il film).
Voto personale: 8
Un film ben equilibrato, con un eccelso montaggio ed uso della pellicola (amo le tonalità acide e qui se ne fa uso massiccio); Jackman ottimo ma ancora di più Jake Gyllenhaal, assolutamente perfetto nel caratterizzare il personaggio.
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Un'amarezza forte e acida ci trasmette Prisoners di Villeneuve, fin dalle prime battute e dalle prime immagini.
In un tranquillo paesotto tipico americano, dove tutti si conoscono e vive ancora il concetto di comunità, due bambine scompaiono nel nulla. Il padre di una, Keller Dover, decide di compiere indagini autonomamente ritenendo che la polizia locale impersonata dal detective Loki non stia lavorando bene ed in modo incisivo. L'epilogo è a sorpresa (ma si intuisce ben presto durante il film).
Voto personale: 8
Un film ben equilibrato, con un eccelso montaggio ed uso della pellicola (amo le tonalità acide e qui se ne fa uso massiccio); Jackman ottimo ma ancora di più Jake Gyllenhaal, assolutamente perfetto nel caratterizzare il personaggio. Piccole pecche: una durata eccessiva del film (che comunque tiene ben incollati alla poltrona) ed un epilogo forse scontato per buona parte del film (si sarebbe potuto osare di più). Concordo sostanzialmente appieno con ciò che espone Paola Casella.
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claudiofedele93
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giovedì 13 marzo 2014
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prigionieri dei propri demoni!
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Il 2013 è stato un anno di gran lunga migliore, sotto certi aspetti, del precedente dal punto di vista cinematografico. Al di là dei tanti prodotti di nicchia, il cui valore rasenta quasi sempre la perfezione ma che non riescono ad ottenere nemmeno lontanamente la meritata attenzione su larga scala, bisogna ammettere che i 365 giorni appena trascorsi hanno dato alla luce lavori interessanti che ben sono stati accolti dal pubblico. Di particolarmente interessante Prisoners ha molto a partire dal cast di cui è composto: Hugh Jackman, Jake Ghyllenaal, Viola Davis, Torrence Howard, Paul Dano e Melissa Leo; in soccorso ai tanti nomi citati vi è una storia che ha sempre colpito il pubblico ed un regista, Denis Villenueve, che non è nuovo né alla settima arte né ai film carichi di una certa emotività ed impegno ( è il regista de La Donna che Canta).
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Il 2013 è stato un anno di gran lunga migliore, sotto certi aspetti, del precedente dal punto di vista cinematografico. Al di là dei tanti prodotti di nicchia, il cui valore rasenta quasi sempre la perfezione ma che non riescono ad ottenere nemmeno lontanamente la meritata attenzione su larga scala, bisogna ammettere che i 365 giorni appena trascorsi hanno dato alla luce lavori interessanti che ben sono stati accolti dal pubblico. Di particolarmente interessante Prisoners ha molto a partire dal cast di cui è composto: Hugh Jackman, Jake Ghyllenaal, Viola Davis, Torrence Howard, Paul Dano e Melissa Leo; in soccorso ai tanti nomi citati vi è una storia che ha sempre colpito il pubblico ed un regista, Denis Villenueve, che non è nuovo né alla settima arte né ai film carichi di una certa emotività ed impegno ( è il regista de La Donna che Canta). Eppure, in tutto questa sfarzosità di talenti e nomi di un certo calibro del settore, i dubbi sulla riuscita di Prisoners sono leciti e concreti. Se volete saperne di più, se siete curiosi di scoprire cosa ne pensiamo, siete caldamente invitati a proseguire con la lettura della presente recensione!
Rivelarvi la trama della pellicola, in questo caso, potrebbe essere uno dei torti maggiori che potremmo farvi; dato che abbiamo il massimo rispetto per i nostri lettori abbiamo deciso di accennarvi il meno possibile affinché possiate gustarvi il prodotto con la stessa “tranquillità” che ha accompagnato noi medesimi. Vi basterà sapere infatti che Prisoners è un film incentrato unicamente sulla ricerca da parte di Keller Dover (Jackman) di sua figlia, scomparsa con la sua amichetta il giorno del ringraziamento. A capo dell’indagine viene messo il detective Loki (Gyllenhaal) il quale avvierà una lunga indagine per ritrovare le bambine scomparse e cercherà di portare a galla una verità oscura che si muove tra le case della provincia Americana da tanto tempo, silenziosa e assassina, che già in passato aveva dato dimostrazione della sua crudeltà. Le due bambine, non sono, di fatto, le uniche scomparse nella zona.
Prisoners è un film da cui ci si poteva aspettare molto e al contempo si poteva rimanere concretamente delusi. Fortunatamente poche sono le critiche da muovere verso questo lungometraggio e tanti, invece, gli encomi a cominciare da una regia perfetta, costituita da inquadrature calme, dosate e attente, ma capace di saper dare al momento giusto e con i toni giusti i tanti cambiamenti di ritmo che danno all’azione una suspance inaspettata ma ben orchestrata e coerente con quanto viene messo in scena. Il film di fatto non si pone allo spettatore come un’opera priva di personalità o come un thriller che senza tante pretese vuole solo far passare due ore spensierate a chi lo guarda; se cercate questo tipo di lungometraggi siete sulla strada sbagliata, l’ultima fatica di Villenueve utilizza l’espediente delle bambine scomparse e di tutto quello che ne consegue per muovere una forte critica non solo alla America, troppo sonnacchiosa e sicura dietro alle case fatte di cartongesso, ma cerca di mettere in luce, sopratutto, i mutamenti dell’animo umano a causa di determinati fattori fino a portarli quasi all’eccesso.
Si apre così un binomio interessante, caratterizzato da due punti di vista ben precisi (soggettivo/oggettivo parabola anche del caos e dell’ordine morale/esistenziale) posti agli antipodi formato da una parte dal padre (Jackman, ancora una volta bravo, dopo Les Miserables, e capace di saper tenere un ruolo drammatico) che farà di tutto pur di riavere sua figlia fino ad arrivare a perdere quasi la salute mentale e fisica; mentre dall’altro, potremmo identificare questo aspetto come la parte razionale dell’intera vicenda, abbiamo il poliziotto interpretato da Gyllenhaal (cresciuto e sempre all’altezza dei ruoli che gli vengono affidati) che metterà tutto se stesso e le sue doti da detective pur di trovare le bambine. Si apre così un duello tra giustizia e vendetta dove alle lunghe appare sempre più chiaro che non esistono vincitori o vinti ma solo persone capaci e pazienti che confidano nelle loro capacità, al contrario di altre che prese dalla disperazione arrivano ad affidarsi persino a Dio ed in suo nome compiono atti deplorevoli.
Con una fotografia che sa il fatto suo e dietro ad una sceneggiatura curata ed indubbiamente interessante si dipana quindi un thriller che se non riesce ad essere il migliore dell’annata appena passata, può sicuramente assicurarsi un posto tra quelli più riusciti di questi ultimi anni, poiché, credete a noi sulla parola, seguire la storia qui, ben orchestrate, non sarà solo una pura forma di intrattenimento ma una base su cui fare delle interessanti riflessioni o, se così non fosse, quanto meno potrà essere manifesto o meglio ancora una forma di testimonianza, facendovi così avere coscienza di una faccia dell’America rurale talvolta nascosta o celata ai nostri occhi.
Prisoners è un ottimo film, una pellicola che grazie ad un cast stellare, sempre affiatato e mai sottotono (ci sentiamo in dovere anche di fare un plauso a Dano e Davis per le loro performances) riesce a tenere sempre alta l’attenzione dello spettatore; complice di tutto ciò è anche un’ottima regia, un’intrigante sceneggiatura che saprà regalarvi colpi di scena fino all’ultimo secondo ed una fotografia più che eccellente. Se questa nostra recensione non dovesse bastarvi, se le due ore e mezza di cui è composto il film dovessero spaventarvi e voleste declinare l’offerta sappiate che in tal caso vi perdereste una storia davvero meritevole di numerose lodi. Di fatto perdere al giorno d’oggi una pellicola come questa potrebbe essere uno dei torti maggiori che potreste farvi ed ora non possiamo, infine, che augurarvi una buona visione!
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cipis
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mercoledì 26 febbraio 2014
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essere prigionieri è una dimensione esistenziake
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L'uomo nel corso della sua vita crede di programmare i suoi comportamenti e le sue relazioni sociali ma in realtà si illude.Tutto sembra condizionarlo ancor prima della nascta a partire dal suo DNA,dalle condizioni economiche,culturali e sociali della sua famiglia,famiglia che per giunta potrebbe non avere,come accade ai bambini abbandonati,agli orfani,ai rapiti ecc.E crescendo continua a muoversi tra "circostanze di fatto"tra le quali dobbiamo comprendere anche le malattie, che lo condizionano fino all'ultimo.Le possibilità di una scelta libera sono pochissime.In tal senso tutti si possono ritenere prigionieri.Ma nel film si mettono sullo stesso piano i limiti di un poliziotto,l'attore Gyllenhaal,che sembra troppo lento,titubante e paziente con quelli del padre di una bimba rapita ,l'attore Jackman che non si giustifica assolutamente quando tortura un sospettato,per giunta anormale,con una metodicità direi delinquenziale,mettendosi sullo stesso piano dei rapitori.
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L'uomo nel corso della sua vita crede di programmare i suoi comportamenti e le sue relazioni sociali ma in realtà si illude.Tutto sembra condizionarlo ancor prima della nascta a partire dal suo DNA,dalle condizioni economiche,culturali e sociali della sua famiglia,famiglia che per giunta potrebbe non avere,come accade ai bambini abbandonati,agli orfani,ai rapiti ecc.E crescendo continua a muoversi tra "circostanze di fatto"tra le quali dobbiamo comprendere anche le malattie, che lo condizionano fino all'ultimo.Le possibilità di una scelta libera sono pochissime.In tal senso tutti si possono ritenere prigionieri.Ma nel film si mettono sullo stesso piano i limiti di un poliziotto,l'attore Gyllenhaal,che sembra troppo lento,titubante e paziente con quelli del padre di una bimba rapita ,l'attore Jackman che non si giustifica assolutamente quando tortura un sospettato,per giunta anormale,con una metodicità direi delinquenziale,mettendosi sullo stesso piano dei rapitori.E sebbene possa avere attinenza con quanto accade nella realtà e si conosce attraverso i media ,non va in nessun modo giustificato.Questo è divenire prigioniere del "male",cui nessun amore paterno può sottostare. Liana
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diamond 26
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martedì 25 febbraio 2014
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guardatelo!!!
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Un film molto ben fatto che ti tiene attaccato allo schermo dall'inizio alla fine, personalmente ho molto apprezzato anche gli attori.. ben recitato..
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the thin red line
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martedì 11 febbraio 2014
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l'amore paterno sopra ogni cosa
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Anna ed Eliza, 2 bambine di sette anni escono per giocare e svaniscono nel nulla. Il padre di Anna (Keller / Hugh Jackman) comincia un'esasperata caccia all'uomo senza regole morali mentre la moglie si imbottisce di farmaci per calmare il dolore, i genitori di Eliza reagiscono in modi differenti, il marito cerca di controllare la rabbia mentre la moglie spalleggia Keller durante la tortura dell'unico sospettato. Il caso è affidato al detective Loki (Jake Gyllenhaal) che lo esamina con freddezza e lucidità per la prima parte per poi essere coinvolto più emotivamente nella seconda parte del film.
4 stelle meritate per uno dei più bei film dell'anno nonchè il thriller più riuscito con annesso finale a sorpresa inaspettato.
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Anna ed Eliza, 2 bambine di sette anni escono per giocare e svaniscono nel nulla. Il padre di Anna (Keller / Hugh Jackman) comincia un'esasperata caccia all'uomo senza regole morali mentre la moglie si imbottisce di farmaci per calmare il dolore, i genitori di Eliza reagiscono in modi differenti, il marito cerca di controllare la rabbia mentre la moglie spalleggia Keller durante la tortura dell'unico sospettato. Il caso è affidato al detective Loki (Jake Gyllenhaal) che lo esamina con freddezza e lucidità per la prima parte per poi essere coinvolto più emotivamente nella seconda parte del film.
4 stelle meritate per uno dei più bei film dell'anno nonchè il thriller più riuscito con annesso finale a sorpresa inaspettato. La durata forse un po' eccessiva (2 ore e 30) non penalizza questa pellicola adattissima ai sostenitori del genere. La sceneggiatura non è originalissima ma regge alla perfezione e la regia è senza sbavature e spesso di grande effetto. Tanti pregi e pochi difetti per "Prisoners" che si prende l'onere di ritagliare un grande spazio alla disamina delle reazioni umane conseguenti a un rapimento o possibile omicidio. Cast all'altezza della situazione: su tutti Hugh Jackman che abbandona per un momento "Wolverine" e porta sullo schermo una recitazione disperata e rabbiosa più che convincente; bravo anche Gyllenhaal anche se penalizzato da un personaggio poco approfondito interiormente e lasciato solo a se stesso. Nel complesso a farla da padrona una volta tanto è tornata la trama frutto di un ottimo lavoro di sceneggiatura/regia ad opera di un bravo Denis Villeneuve. Candidato all'oscar per la miglior fotografia "Prisoners" non inventa un genere ma semmai lo rinnova più che dignitosamente. Consigliato
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alknoss
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mercoledì 8 gennaio 2014
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coinvolgente...peccato il finale!!!
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Ho trovato il film ben fatto, coinvolgente, per fortuna il regista si è fermato davanti l'uscio dove dimora l'horror. Un solo neo, il finale, a quel punto il padre (Hakman) poteva diventare la vittima sacrificata della cattiveria cui l'uomo forse non sa nemmeno di possedere.
Non toccate all'uomo comune i suoi affetti personali, riscoprirete in lui una biechezza e una malvagità superiore a quella dei suoi aguzzini!!!
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sev7en
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domenica 5 gennaio 2014
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un capolavoro mancato ma godibile e da non perdere
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Nel giorno del ringraziamento, due famiglie americane vivono il peggiore degli incubi, la scomparsa delle proprie bambine e mentre la polizia cerca di far luce sul caso, Keller Dover, uno dei genitori, conduce una claustrofobica indagine parallela.
Quando guardando fuori della finestra non si scorge più l’orizzonte, quando le certezze, che sembravano granitiche, si lasciano trasportare dal vento come polvere, quando le tenebre e l’oscurità riempiono l’abisso che la solitudine, il senso di colpa, l’impotenza di poter risolvere, ora, subito, immediatamente, scavano in modo forsennato dentro il nostro io… si annulla ogni differenza tra l’uomo e la bestia.
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Nel giorno del ringraziamento, due famiglie americane vivono il peggiore degli incubi, la scomparsa delle proprie bambine e mentre la polizia cerca di far luce sul caso, Keller Dover, uno dei genitori, conduce una claustrofobica indagine parallela.
Quando guardando fuori della finestra non si scorge più l’orizzonte, quando le certezze, che sembravano granitiche, si lasciano trasportare dal vento come polvere, quando le tenebre e l’oscurità riempiono l’abisso che la solitudine, il senso di colpa, l’impotenza di poter risolvere, ora, subito, immediatamente, scavano in modo forsennato dentro il nostro io… si annulla ogni differenza tra l’uomo e la bestia.
Denis Villeneuve, regista con alle spalle pochi ma significativi lungometraggi, torna in sala con un thriller che rinuncia ad ogni compromesso di redenzione, mostrando come due famiglie stile Mulino Bianco, nel giorno del Ringraziamento (al Signore…), possano finire nell’oblio al pari di un’esplosione controllata quando, piano dopo piano, l’impressione di un allontanamento temporaneo timbra invece il biglietto di sola andata per l’ignoto.
La polizia, diversamente dal solito, prende subito sul serio la questione, schierando in prima linea il suo detective più perspicace, un fenomenale Jake Gyllenhaal, analitico, metodico, calmo e convito delle proprie capacità, almeno inizialmente..., mentre un Hugh Jackman da Oscar da sfogo alla più brutale delle bestie: un padre accecato dalla disperazione e lorogato dal rimorso di una promessa.
Il film è ambientato in un indefinito presente, confinato all’interno di una provincia americana in cui ogni abitazione sembra essere uno stato a sé, per la totale indifferenza con cui si guarda oltre le proprie mura o la pacatezza con cui “partecipa” agli appelli accorati di Keller, al secolo Wolverine, padre di Anna, una delle bambine scompase, di suo figlio e di Franklin, il padre dell’altra bambina, Eliza.
Suo figlio ricorda che prima che le bambine sparissero stavano giocando attorno ad un camper, ora, purtroppo, scomparso...
Mentre gli “uomini” si trovano in strada, in casa si consuma il dramma della madre di Anna, una fin troppo provata Grace, che oltre ad essere cliente fissa delle farmacie per l’abuso di psicofarmaci, non si fa troppi scrupoli nel rinfacciare a Keller di non averle protette, come promesso, e non ancora ritrovata, come dovuto. A questi due piani narrativi si aggiunge quello del detective Loki, interpretato in modo magistrale da Jake Gyllenhaal che senza dove far ricorso a sovraumane capacità deduttive (vedi CSI) o intuizioni alla Colombo, applica il metodo scientifico alla lettera, sminuzzando ogni singolo evento a particella elementare per incasellarlo all’interno di un puzzle intrigante quanto indefinito. La caccia all’uomo porta all’identificazione del camper ma ancora piu’ importante del suo conducente con un unico problema: Alex, è un ritardato mentale, apparentemente con nulla da condividere con quanto accaduto salvo una frase sussurata a Keller, che risuonerà martellante nella sua mente:”non hanno pianto finché non le ho lasciate”. La polizia prende in custodia Alex ma nonostante le pressioni di Keller ed i dubbi del detective è costretta a lasciarlo libero dando il là a quella che potremmo definire la seconda parte della pellicola, decisamente più movimentata e dai ritmi incalzanti. Se nella prima parte la necessità di creare un background credibile e accrescere nello spettatore quel mix spiazzante di sicurezza/tranquillità, all’inizio, e smarrimento/disperazione, nel seguito, rischia di apparire logorroica, il regista prende di petto l’intricata sceneggiatura di Aaron Guzikowski dando voce ad ogni singolo attore in campo che come in un’orchestra, all’unisono, suona tanto la liturgia della Parola, identificata dal sacerdote giudice e carnefice o dai precedenti storici dei personaggi, dai temi musicali ispirati ai canti religiosi che stridono come dita su una lavagna con la crudeltà della violenza mostrata, con le improvvise battute d’arresto tra un’azione e l’altra, come a riprendere fiato, mentre si sprofonda sempre più in basso, nella ragione e nei sentimenti, con un filo sotteso verso il vuoto tra la pazzia e l’ira funesta.
La vera forza di Villeneuve è quella di aver ignorato ogni cliché dei film dell’ultima decade, lasciando che ogni situazione debordasse e assumesse contorni non più confinati all’interno della pellicola ma estesi e proiettati all’infinito, verso quell’imprevedibilità che caratterizza la vita reale, le situazioni in cui ci si trova, per la prima volta, che si affrontano, da soli, che sembra in qualunque traversa condurre ad un vicolo cieco. Il thriller trasuda riferimenti allegorici in ogni fotogramma ed i labirinti percorsi dai singoli personaggi sono una visione microscopica del grande quadro affrescato, perché non è vero che per tutto ci sia una seconda possibilità, che tutte le cose “andranno bene”, che c’è qualcuno disposto ad ascoltare. Gli scatti di ira di Keller mentre tortura Alex possono essere identificate dalle martellate che da al muro, una, due, tre, quattro… perché la distruzione fa breccia negli oggetti materiali ma continua ad essere coltello nel burro all’interno della mente, e questo, questa impotenza, è la chiave di lettura del film.
La sceneggiatura è complessa ed articolata e reggere due ore e mezza di film senza sbavature sarebbe risultato non di questo mondo, difatti sono presenti numerose incoerenze e forzature che una seconda visione, meno attenta alle scene visive e più a quelle celate, portano a galla senza tuttavia minare la bontà dell’opera ma lasciando, questo sì, un po’ perplessi.
La colonna sonora è affidata al compositore islandese Jóhann Jóhannsson che anziché fornire riferimenti e coordinate, aggiunge quell’effetto riverbero alle scene: le amplifica, espande e porta all’implosione nelle frazioni di secondo in cui sembrano arrivare i titoli di coda e tutto finire, salvo poi rivelarsi, come già detto, dei pit-stop.
Fincher e Nolan sono avvertiti: in sala solo se accompagnati dai genitori.
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[+] non ho capito
(di napos)
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seneca1ac
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sabato 14 dicembre 2013
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col fiato sospeso!
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Personalmente non ho capito fino quasi alla fine chi fosse il colpevole... Lo consiglio, lungo, ma studiato nei minimi particolari per quanto riguarda i tempi delle scene!
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dicaprio94
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lunedì 2 dicembre 2013
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153 minuti di tensione!
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Bellissimo film davvero. Sicuramente è uno dei migliori thriller dell'ultimo anno. Tiene incollato lo spetattore per 153 minuti alla poltroncina, ti aspetti che succeda sempre qualcosa. Cinque grandi attori tra cui spiccano le interpretazioni di Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal (amato da me per il suo fantastico Donnie Darko). Il film mette in mostra il cambiamento di comportamento di persone e famiglie "perfette" quando a queste viene tolta una persona amata come in questo caso una figlia, mostra cosa sono disposte a fare le persone per ritrovarla. La sceneggiatura fa capire che siamo prigioneri ognuno di qulacosa, chi di manie, chi della fede e anche dell'amore.
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Bellissimo film davvero. Sicuramente è uno dei migliori thriller dell'ultimo anno. Tiene incollato lo spetattore per 153 minuti alla poltroncina, ti aspetti che succeda sempre qualcosa. Cinque grandi attori tra cui spiccano le interpretazioni di Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal (amato da me per il suo fantastico Donnie Darko). Il film mette in mostra il cambiamento di comportamento di persone e famiglie "perfette" quando a queste viene tolta una persona amata come in questo caso una figlia, mostra cosa sono disposte a fare le persone per ritrovarla. La sceneggiatura fa capire che siamo prigioneri ognuno di qulacosa, chi di manie, chi della fede e anche dell'amore. 2 ore e mezza volate e ben spese. Consigliatissimo per chi ama il genere.
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