samuelemei
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mercoledì 23 gennaio 2013
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un tarantino esplosivo reinventa il genere western
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“Django Unchained” è un vero capolavoro postmoderno...grandiosamente esagerato, ironico, splatter, sentimentale, l'ultimo film di Quentin Tarantino non delude le attese dei suoi ammiratori e forse farà ricredere parte dei soliti detrattori.
Come ogni altro film del regista di Knoxville, “Django Unchained” è una pellicola unica nel suo genere, che presenta i tratti del cinema d'autore ma senza rinunciare ad intrattenere il grande pubblico con uno spettacolo come Dio comanda! Prendete la scena comica dei cappucci del Ku Klux Klan...vi posso assicurare che il cinema stava crollando dalle risate (incontenibili!). Perciò sarebbe riduttivo incasellare il film di Tarantino semplicemente sotto la categoria di spaghetti western.
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“Django Unchained” è un vero capolavoro postmoderno...grandiosamente esagerato, ironico, splatter, sentimentale, l'ultimo film di Quentin Tarantino non delude le attese dei suoi ammiratori e forse farà ricredere parte dei soliti detrattori.
Come ogni altro film del regista di Knoxville, “Django Unchained” è una pellicola unica nel suo genere, che presenta i tratti del cinema d'autore ma senza rinunciare ad intrattenere il grande pubblico con uno spettacolo come Dio comanda! Prendete la scena comica dei cappucci del Ku Klux Klan...vi posso assicurare che il cinema stava crollando dalle risate (incontenibili!). Perciò sarebbe riduttivo incasellare il film di Tarantino semplicemente sotto la categoria di spaghetti western. Se “Bastardi senza gloria” era sostanzialmente un noir bellico dal retrogusto metacinematografico, “Django Unchained” è più una black comedy di splendida ambientazione southern western (eccezionale la fotografia, candidata al premio Oscar!) e condita in salsa pulp.
Continua dunque il processo di maturazione di Quentin Tarantino. Se “Bastardi senza gloria” rimane il film più ambizioso del regista di Knoxville, “Django Unchained” è probabilmente il più equilibrato e il più godibile...165 minuti che volano in un soffio!
In “Django Unchained” l'ars combinatoria tipicamente postmoderna di rifusione dei generi più disparati si connette con la straordinaria abilità tarantiniana nel modulare diversi registri stilistici, passando con disinvoltura dal comico, allo humour nero, al grottesco fino a toccare il serio, il drammatico e il tragico.
La sceneggiatura (stranamente il film non è suddiviso in capitoli!) è geniale nella sua essenzialità fiabesca che rilegge il mito di Sigfrido-Brunilde, nell'approfondimento psicologico dedicato al dottor King Schultz (il vero eroe del film!), disposto a sacrificare la sua vita per un ideale di civiltà e uguaglianza, nel percorso di formazione che vede protagonista Django (da schiavo balbettante a brillante affabulatore, oltre che pistola più veloce del West).
Il film, nonostante la sua controversa trasgressività nel trattare un tema scabroso come la schiavitù, acquista una classicità scultorea grazie alle perfette interpretazioni degli attori, che danno vita a uno straordinario quadrilatero di personaggi a confronto: da un lato l'energico Jamie Foxx e l'istrionico Christoph Waltz (candidato di nuovo all'Oscar per migliore attore non protagonista); dall'altro il grandioso Leonardo Di Caprio nella sua prima interpretazione da “cattivo” e il diabolico Samuel L. Jackson, forse il nero più “nero” della storia del cinema. In secondo piano, ma non meno bravi, meritano una menzione l'elegante Don Johnson, la bella Kerry Washington e il cameo “ammiccante” del Django originale, uno straodinario Franco Nero.
Per concludere, vorrei elogiare la bellissima colonna sonora del film. Un mix esplosivo e carnevalesco allo stesso tempo, la più postmoderna di tutti i film di Quentin Tarantino. Solo un genio può accostare in un southern western il “Dies irae” di Giuseppe Verdi all'hip-hop di protesta metropolitana, o il “Per Elisa” di Beethoven a un James Brown remixato e a Johnny Cash. Il tutto armonizzato dal tessuto connettivo dei suoni taglienti e solenni dello spaghetti western, dalle colonne portanti delle melodie di Luis Bacalov ed Ennio Morricone.
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a. di iorio
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venerdì 18 gennaio 2013
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django e lincoln a confronto
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Mentre Spielberg fa il film sul Presidente che libera gli schiavi, Tarantino fa il film su uno schiavo che si libera da solo (o quasi). E se Lincoln lascia perplessi per il fatto di essere soprattutto nella prima parte un po' verboso, dopo aver visto Django i difetti di Lincoln si notano ancora di più. Perché? Be', Spielberg è grandissimo quando racconta scene di forte umanità, e infatti le parti migliori di Lincoln non sono quelle esplicative sui vari intrallazzi governativi (molto, troppo ambigui e in alcuni casi non ben esplicati), ma quelle sui rapporti umani: parti nelle quali eccelle un grandioso Tommy Lee Jones. Django, invece, pur non eccellendo nella prima parte, quando entrano in scena Di Caprio e Samuel L.
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Mentre Spielberg fa il film sul Presidente che libera gli schiavi, Tarantino fa il film su uno schiavo che si libera da solo (o quasi). E se Lincoln lascia perplessi per il fatto di essere soprattutto nella prima parte un po' verboso, dopo aver visto Django i difetti di Lincoln si notano ancora di più. Perché? Be', Spielberg è grandissimo quando racconta scene di forte umanità, e infatti le parti migliori di Lincoln non sono quelle esplicative sui vari intrallazzi governativi (molto, troppo ambigui e in alcuni casi non ben esplicati), ma quelle sui rapporti umani: parti nelle quali eccelle un grandioso Tommy Lee Jones. Django, invece, pur non eccellendo nella prima parte, quando entrano in scena Di Caprio e Samuel L. Jackson comincia a scuotere davvero. Tarantino riesce finalmente a convogliare la violenza in un contenuto; un contenuto fortissimo, non più divertente e divertito, ma serio. Django non è uno spaghetti western, è un film triste e serissimo, una volta tolta la maschera stilistica che Tarantino vuole mettergli nella prima quasi-metà. Quindi ci si accorge di una cosa, che fa indirettamente ritornare su Lincoln: è come se il grande Steven avesse perso qualcosa per strada. La sofferenza, soprattutto. Perché, paradossalmente, in Django Unchained emerge molta più sofferenza dei neri di quanto emerga in Lincoln. Certo, l'obiettivo di Spielberg era soprattutto parlare del Presidente e degli intrighi politici poco noti dietro l'approvazione del noto emendamento, però a Lincoln manca una certa umanità, pur avendo un interprete della grandezza di Daniel Day-Lewis. La colpa, però, non è sua ma di una sceneggiatura che è la riduzione di un progetto che doveva riguardare l'intera vita di Lincoln e che ha finito per parlare solo degli ultimi quattro mesi di vita. Insomma, un compito non facile... In sostanza, ed è un grande paradosso, Django non eccelle nel suo lato più dichiaratamente "western", non eccelle negli esterni ma negli interni, nelle scene in casa, intorno ai tavoli, ecc. Ed eccelle soprattutto per un discorso importantissimo e spesso tralasciato: il fatto che alla base dello schiavismo c'è la concezione, da parte di chi imprigiona, che i neri, gli schiavi, avessero "scritto dentro" il loro servilismo. Come diceva Lawrence d'Arabia/Peter O'Toole, "Niente è scritto". Mentre un film come Cloud Atlas, che ha anche molti pregi, fa continuamente l'affermazione "la nostra vita non è nostra", Django invece ci ripete che niente è deciso prima della nostra nascita e noi abbiamo in mano la nostra vita con tutte le responsabilità che ne derivano. Il personaggio di Di Caprio, e con lui tutti gli schiavisti, erano così ossessionati dal concetto di proprietà che l'hanno estesa anche agli esseri umani, mettendoli in catene, avvalorandosi dell'idea che il servilismo fosse "geneticamente" scritto nei neri, e che quindi fosse "inevitabile" - e quindi immutabile - la loro condizione di schiavi. Ebbene, Django in persona è la dimostrazione del contrario. Non ci si può ribellare se si pensa che le cose sono scritte, definitive e immutabili. Non ci si può ribellare se si pensa che la nostra vita è in mano a qualcun altro, o a qualcos'altro che decide per noi.
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luca992
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sabato 19 gennaio 2013
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la "d" è muta, bifolco!
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Il suo cinema o lo si ama o lo si odia; e' Tarantino stesso ad aver fornito tale definizione in riferimento alla sua stravaganza nel comporre film, ed in particolar modo nei confronti di coloro che spesso e volentieri lo criticano. Ma odiare quest' opera è davvero sintomo di pregiudizi. Marchio di fabbrica di uno che è cresciuto a "pane e spaghetti-western", la pellicola vuole essere un omaggio al "Django" del nostrano Corbucci ed al genere che ha reso celebre il nostro Paese nel mondo (basti pensare alle musiche firmate Morricone ed alla chiusura del film, con il protagonista che si avvia verso l'orizzonte delle sconfinate terre americane accompagnato dall'immortale fischiettio de "lo chiamavano Trinità").
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Il suo cinema o lo si ama o lo si odia; e' Tarantino stesso ad aver fornito tale definizione in riferimento alla sua stravaganza nel comporre film, ed in particolar modo nei confronti di coloro che spesso e volentieri lo criticano. Ma odiare quest' opera è davvero sintomo di pregiudizi. Marchio di fabbrica di uno che è cresciuto a "pane e spaghetti-western", la pellicola vuole essere un omaggio al "Django" del nostrano Corbucci ed al genere che ha reso celebre il nostro Paese nel mondo (basti pensare alle musiche firmate Morricone ed alla chiusura del film, con il protagonista che si avvia verso l'orizzonte delle sconfinate terre americane accompagnato dall'immortale fischiettio de "lo chiamavano Trinità").
Una trama tutto sommato lineare - Django viene acquistato e liberato per merito dello stravagante Dr. Schultz, un odontoiatra tedesco, ora cacciatore di taglie, che chiede il suo aiuto e promette di ricambiarlo aiutandolo a salvare la moglie, anch'ella schiava presso la tenuta del cinico e crudele signorotto di Candyland, Calvin Candle - ma che solo una mente folle come quella di Tarantino poteva concepire: un chiasmo di colpi di scena uno dietro l'altro, i soliti dialoghi raffinati che viaggiano fra l'esagerazione tarantiniana ed un'ironia spaventosa, e l' intuizione di mostrare al pubblico la vera faccia della schiavitù negli Stati Uniti, dura, violenta, un pugno allo stomaco, tant è che il regista, imperturbabile nei sentimenti, scaglia la sua frusta anche contro l'angelica figura di K. Washington. Indimenticabile l'immagine del rosso sangue di un bianco che si sparge sul fiore di cotone, metaforicamente riferito alla sofferenza subita dai neri. E come ciliegina sulla torta, un cast impeccabile: da un sempre più confermato Christoph Waltz, candidatissimo alla vittoria della seconda statuetta dorata, ad un Jamie Foxx / Django, freddo e tenace, passando per una superba prova di Leonardo DiCaprio, che nei panni dello spietato Candle regala una delle sue più intense recitazioni, basterebbe pensare alle circostanze con cui realmente è avvenuta la scena del taglio della mano (documentatevi) per attirare l'attenzione dell'Academy, cosa che purtroppo neanche quest'anno è accaduta. Consolidata l'alleanza ormai ventennale con il regista del Tennesee, in primissimo piano anche Samuel L. Jackson, irriconoscibile nel trucco, nei panni dell'astuto e malvagio "negro da cortile" Steven, forse il migliore del cast.
Il secondo capitolo della "trilogia della vendetta" è un lavoro impeccabile, la pistola del regista è carica come non mai. Guardatelo e godete.
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conte orlok
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martedì 22 gennaio 2013
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entusiasmi eccessivi?
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Non capisco tutte queste recensioni entusiaste per Django. Film nella media, buono ma decisamente inferiore al altri film di Tarantino, a partire dall'ultimo "Bastardi senza gloria". Ho trovato particolarmente noiosa tutta la prima parte, troppo lenta e verbosa, allunga il brodo a quasi tre ore (potevano essere benissimo due e nessuno avrebbe obiettato nulla). Cast da rivedere, ma per fortuna ad un insipido Jamie Foxx risponde un Di Caprio superbo, la sua interpretazione risolleva, almeno temporaneamente, le sorti del film. Finale (senza fare spoiler) moscio! Non so se è più colpa di Foxx (e della sua faccia da mummia imbalsamata) o di Tarantino, ma raramente ho visto una sparatoria tanto brutta.
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Non capisco tutte queste recensioni entusiaste per Django. Film nella media, buono ma decisamente inferiore al altri film di Tarantino, a partire dall'ultimo "Bastardi senza gloria". Ho trovato particolarmente noiosa tutta la prima parte, troppo lenta e verbosa, allunga il brodo a quasi tre ore (potevano essere benissimo due e nessuno avrebbe obiettato nulla). Cast da rivedere, ma per fortuna ad un insipido Jamie Foxx risponde un Di Caprio superbo, la sua interpretazione risolleva, almeno temporaneamente, le sorti del film. Finale (senza fare spoiler) moscio! Non so se è più colpa di Foxx (e della sua faccia da mummia imbalsamata) o di Tarantino, ma raramente ho visto una sparatoria tanto brutta. Inguardabile per chiunque abbia mai visto un film di John Woo.
Alti e bassi quindi per una versione western di Kill Bill (nel finale sembrano entrare in scena gli 88 folli di O-Ren Ishii, con le pistole al posto delle catane) dove però manca Bill! Nessuno scontro finale, nessun primo piano sugli occhi dei pistoleri prima di estrarre le pistole, con la tensione che raggiunge l'apice mezz'ora prima della fine del film. Insomma non me ne voglia Tarantino, ma i film di Sergio Leone erano un altra cosa.
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ratzo
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mercoledì 23 gennaio 2013
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splatter, west e rivalsa
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Dire che è un capolavoro, non mi pare il caso, detto questo è sicuramente un film da rivedere. Per me che non sono un amante del genere ma un appassionato di Trantino, non posso che togliermi il cappello difronte a questa pellicola, come non ho potuto non applaudire alla fine del film. La trama ho scoperto essere un remake di un altro film, contaminato da altri titoli che tratano tutti una storia simile. La pellicola è ambientata due anni prima della guerra fra nordisti e sudisti, l'unica guerra interna dalla costituzione degli stati uniti d'america. Il contesto è dei più spietati, la schiavitù porta i segni sulla pelle della propria indolenza e gli schiavi misurano la propria qualità di vita in base a quello.
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Dire che è un capolavoro, non mi pare il caso, detto questo è sicuramente un film da rivedere. Per me che non sono un amante del genere ma un appassionato di Trantino, non posso che togliermi il cappello difronte a questa pellicola, come non ho potuto non applaudire alla fine del film. La trama ho scoperto essere un remake di un altro film, contaminato da altri titoli che tratano tutti una storia simile. La pellicola è ambientata due anni prima della guerra fra nordisti e sudisti, l'unica guerra interna dalla costituzione degli stati uniti d'america. Il contesto è dei più spietati, la schiavitù porta i segni sulla pelle della propria indolenza e gli schiavi misurano la propria qualità di vita in base a quello. Chi ha segni visibili di punizione non può servire nelle case, quindi sarà costretto a lavori più umili. Il racconto si snoda intorno ad un duo improbabile per il tempo, ma non per questo irreale: un dentista che di mestiere fa il cacciatore di taglie ed uno schiavo afroamericano che verrà prima acquistato e poi liberato dallo stesso dentista. Lo schiavo, il nostro eroe Django, ha una moglie che vuole a tutti i costi liberare e per tutto il film avrà delle allucinazioni che la ritraggono in abiti eleganti ed in contesti romantici, oppure nuda immersa nell'acqua. Questo escamotage narrativo offrirà allo spettatore un'iniezione di tristezza e rammarico , quando ella verrà trovata. Schiava ed in punizione sotto terra, le moglie del nostro eroe verrà recuperata dal suo giaciglio di penitenza per un vezzo di compravendita. E' proprio questa la crudezza che maggiormente appare nel film, una pochezza umana che ha visto accadimenti inenarrabili agli occhi di spettatori ingenui, oggi, dopo film splatter ed horror di ogni genere, ci si può permettere di vedere e di realizzare la cattiveria nelle sue crude spoglie: dalle scudisciate a sangue freddo, alla violenza gratuita fra schiavi per il diletto dei loro proprietari, fino ad arrivare a scene dove, per negligenza, uno schiavo viene sbranata da una coppia di cani. Penso che sia anche questo l'apporto migliore di questo film, sottolineare come la vita umana possa essere considerata alla stregua di un pezzo di carne, un oggetto, una proprietà privata, come si potesse comprare e se ne potesse fare ciò che si voleva. Non c'è da stupirsi se Django proverà piacere a fare il cacciatore di taglie, tutti bianchi.
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harry manback
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domenica 27 gennaio 2013
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un continuo climax di tensione e originalità
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Dopo un capolavoro del calibro di "Bastardi senza gloria", non mi sarei mai aspettato l'uscita al cinema di un film del genere.
"Django Unchained" non sarà il miglior film di Tarantino ("Pulp Fiction" e "Le iene" restano inviolati), ma è sicuramente uno dei più travolgenti, originali e cruenti che lui abbia mai creato.
Il nuovo maestro del cinema (titolo che solo Hitchcock e Kubrick hanno meritato prima di lui) ci vuole dimostrare come un film senza effettoni speciali e pomposità varie, può superarne di gran lunga uno che invece ne è stracolmo.
Questo portando ai massimi livelli due aspetti fondamentali e strettamenti legati tra di loro per la creazione di un ottimo film, la regia e la sceneggiatura.
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Dopo un capolavoro del calibro di "Bastardi senza gloria", non mi sarei mai aspettato l'uscita al cinema di un film del genere.
"Django Unchained" non sarà il miglior film di Tarantino ("Pulp Fiction" e "Le iene" restano inviolati), ma è sicuramente uno dei più travolgenti, originali e cruenti che lui abbia mai creato.
Il nuovo maestro del cinema (titolo che solo Hitchcock e Kubrick hanno meritato prima di lui) ci vuole dimostrare come un film senza effettoni speciali e pomposità varie, può superarne di gran lunga uno che invece ne è stracolmo.
Questo portando ai massimi livelli due aspetti fondamentali e strettamenti legati tra di loro per la creazione di un ottimo film, la regia e la sceneggiatura.
La regia di "Django Unchained", nonostante ricalchi un genere vecchio come il western, risulta innovativa, fresca e alterna la staticità al dinamismo in modo egregio. Anche la sceneggiatura non presenta sbavature di alcun tipo, è sempre in perfetto stile Tarantino ed intrattiene al massimo anche nelle scene più statiche. Proprio in quest'ultime è scritta in modo tale da avere un climax perfetto di tensione, che porti sempre ad un finale di scena quasi liberatorio.
Il tema del razzismo è affrontato in modo sconvolgente, quasi più che in "Bastardi senza gloria", grazie alla presenza di dialoghi cattivissimi che non possono che farti provare odio puro per alcuni dei personaggi. Tra i personaggi, infatti, quello che mi è piaciuto di più per la sua caratterizzazione è proprio il negriero Calvin Candie, interpretato magistralmente da un sottovalutatissimo Leonardo Di Caprio. Eccellenti anche il dottor Schultz, interpretato dal versatilissimo Christoph Waltz, lo stesso Django, interpretato da Jamie Foxx, e interessante la caratterizzazione di Stephen, interpretato da Samuel L. Jackson.
Ma ovviamente anche tutto il resto del cast, tra camei e parti più lunghe, ha saputo fare il proprio lavoro.
Gli unici difetti che sono riuscito a trovare a questo capolavoro, sono la strana scelta di alcuni brani musicali, e le scene in cui Django immagina di vedere la moglie, di cui non ho capito la funzionalità all'interno del film.
Ovviamente sono difetti di poco conto, che non ledono assolutamente l'integralità del film.
In conclusione, consiglio a tutti quanti di vedere questo capolavoro al cinema, è un' esperienza che non dovete assolutamente perdere.
VOTO 9
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[+] solo hitchcock e kubrick?
(di pbshelley)
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fabris piermaria
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sabato 19 gennaio 2013
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django unchained, da non perdere.
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1858, Stati Uniti del sud, il Dr King Schultz, ex dentista diventato cacciatore di taglie, si aggira per cittadine, valli e praterie per catturare ricercati e riscuotere la ricompensa. Per riconoscere tre pericolosi criminali libera lo schiavo Django, promettendogli la libertà a lavoro finito. I due, però non si separano e formano un vero e proprio sodalizio al fine di liberare la moglie di Django, schiava del cattivissimo mr Candy.
Tarantino dimostra per l'ennesima volta di essere un regista eccezionale, confrontandosi con una tematica delicata come il razzismo e trattata in modo impeccabile (alla faccia delle critiche gratuite di Spike Lee, che nemmeno ha visto la pellicola).
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1858, Stati Uniti del sud, il Dr King Schultz, ex dentista diventato cacciatore di taglie, si aggira per cittadine, valli e praterie per catturare ricercati e riscuotere la ricompensa. Per riconoscere tre pericolosi criminali libera lo schiavo Django, promettendogli la libertà a lavoro finito. I due, però non si separano e formano un vero e proprio sodalizio al fine di liberare la moglie di Django, schiava del cattivissimo mr Candy.
Tarantino dimostra per l'ennesima volta di essere un regista eccezionale, confrontandosi con una tematica delicata come il razzismo e trattata in modo impeccabile (alla faccia delle critiche gratuite di Spike Lee, che nemmeno ha visto la pellicola). Lo stile inconfondibile di regia non deluderà i più appossionati grazie alla presenza di lunghi piani sequenza, del mexican standoff (probabilmente la tecnica preferita dal regista), della grande quantità di violenza e delle tantissime citazioni, tratto caratteristico dei film di Tarantino. Il cast è eccezionale, in particolare Cristoph Waltz e Leonardo DiCaprio sono autentici fuoriclasse che si sposano a meraviglia con i dialoghi e la sceneggiatura, ma anche Jamie Foxx non sfigura offrendo un'ottima prova. Menzione speciale, a mio parere per Samuel L. Jackson, vero e proprio amuleto di Tarantino, eccezionale nel ruolo delo schiavo Stephen. La colonna sonora, altro elemento curato maniacalmente in ogni film, è bellissima con pezzi classici ed altri creati appositamente da RZA, John Legend e dal maestro Ennio Morricone.
PS Consiglierei alla recensione principale di evitare Spoiler (ce n'è uno pazzesco che fortunatamente ho letto solo dopo aver visto il film), poichè potrebbero rovinare la visione allo spettatore.
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margheritaconwurstel
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venerdì 18 gennaio 2013
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"the pursuit of perfection"
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Visto finalmente “Django Unchained” di Quentin Tarantino. Ho ancora il sorriso stampato sulla faccia e cercherò di mettere nero su bianco le mie sensazioni.
Django Unchained è il nono film da regista di Quentin Tarantino e rappresenta la sua incursione nel genere western, più precisamente spaghetti western, da lui tanto amato. Il film è un omaggio (attenzione non un remake) al film "Django" di Sergio Corbucci del 1966 interpretato da Franco Nero che è presente anche in questo film con un cameo. Il cast è di altissimo livello: Jamie Foxx (Django lo schiavo liberato), Christoph Waltz ( il dottor King Schultz dentista tedesco cacciatore di taglie), Leonardo DiCaprio ( il villain Calvin Candie), Samuel L.
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Visto finalmente “Django Unchained” di Quentin Tarantino. Ho ancora il sorriso stampato sulla faccia e cercherò di mettere nero su bianco le mie sensazioni.
Django Unchained è il nono film da regista di Quentin Tarantino e rappresenta la sua incursione nel genere western, più precisamente spaghetti western, da lui tanto amato. Il film è un omaggio (attenzione non un remake) al film "Django" di Sergio Corbucci del 1966 interpretato da Franco Nero che è presente anche in questo film con un cameo. Il cast è di altissimo livello: Jamie Foxx (Django lo schiavo liberato), Christoph Waltz ( il dottor King Schultz dentista tedesco cacciatore di taglie), Leonardo DiCaprio ( il villain Calvin Candie), Samuel L. Jackson ( il diabolico Stephen) e Kerry Washington ( Broomhilda la moglie di Django).
Tarantino riapre con questa pellicola il dibattito sullo schiavismo e sul razzismo nei confronti degli afro-americani negli Stati Uniti del Sud, alla vigilia della guerra civile. Tematiche difficili e ferite non ancora completamente rimarginate di un paese che ha saputo andare oltre senza però fermarsi molto a riflettere sul passato.
Come accaduto per “Bastardi senza gloria” il regista porta in scena una storia di vendetta e di rivalsa dei deboli e delle vittime. Dimostra nuovamente la sua capacità di sperimentazione, proietta, manipola e riscrive la storia.
Una sceneggiatura perfetta, come quelle che solo Tarantino sa scrivere. La trama scorre su binari ben definiti e lo spettatore riesce a trovare presto una sincera e totale empatia con i personaggi pensati ed interpretati in maniera sublime.
Jamie Foxx è un Django tenebroso e caparbio, non solo uno schiavo che cerca di riprendersi ciò che gli è stato tolto, ma un uomo che combatte per la propria libertà, l’eroe per eccellenza. Christoph Waltz è straordinario nei panni del dr. King Schultz al pari del ruolo che gli valse l’Oscar nel 2010 (quello del colonnello Hans Landa in “Bastardi senza gloria”), è inizialmente schietto, razionale e impenetrabile, ma mostra presto sensibilità ed emotività nel suo cuore. Leonardo DiCaprio interpreta brillantemente il crudele proprietario terriero Calvin Candie, il cattivo per eccellenza, razzista, borioso e pieno di sé.
I dialoghi sono il marchio di fabbrica di Tarantino e non deludono mai.
La musica come in tutti i film del regista non è mai mero sottofondo, ma anzi accompagna le scene, le esalta, segue il ritmo cinematografico e, a volte, addirittura, lo detta. Colonna sonora impeccabile come tutto il resto.
L’impressione è che Tarantino con questo suo ultimo film si sia avvicinato alla perfezione in ogni aspetto e sfaccettatura. E’ una ricerca costante che si nota e apprezza in ogni fotogramma, i fiori bianchi imbrattati di sangue sono li a testimoniarlo. E’ un film raffinato, pieno di eccessi, di citazioni e riferimenti colti, dove la violenza, meno gratuita del solito, viene come sempre ridicolizzata così come chi la compie.
Sicuri, per dirla alla Noel Gallagher, che “true perfection has to be imperfect”?
165 minuti (film più lungo di Tarantino) che omaggiano non solo un genere cinematografico ma il Cinema stesso. I cinefili sentitamente ringraziano.
Non si può non andare a vederlo.
Sono “persuaso” che non vi deluderà.
E ricordatevi di dirlo bene: Django, “La D è muta”!
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bellettz
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domenica 27 gennaio 2013
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d-j-a-n-g-o
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Tarantino è tornato finalmente con django,tributo al vecchio film di franco nero anche se in questa rappresentazione di tarantino,django non ha niente a che fare con il vecchio.La prima parte di film è spettacolare,fino a quando vanno per contrattare per l'acquisto della moglie di dango(parte a mio avviso abbastanza noiosa),per fortuna il film si riprende nel finale anche se troppo scontato e anche abbastanza banale.Purtroppo il film non si avvicina a capolavori come le iene o bastardi senza gloria.Il comparto sonoro è strabigliante con musice che vanno dal vecchio spaghetti western ad altre molto più "moderne".
Cast azzeccato con Jamie fox, Christoph Watz e un eccezzionale Leonardo Di caprio.
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Tarantino è tornato finalmente con django,tributo al vecchio film di franco nero anche se in questa rappresentazione di tarantino,django non ha niente a che fare con il vecchio.La prima parte di film è spettacolare,fino a quando vanno per contrattare per l'acquisto della moglie di dango(parte a mio avviso abbastanza noiosa),per fortuna il film si riprende nel finale anche se troppo scontato e anche abbastanza banale.Purtroppo il film non si avvicina a capolavori come le iene o bastardi senza gloria.Il comparto sonoro è strabigliante con musice che vanno dal vecchio spaghetti western ad altre molto più "moderne".
Cast azzeccato con Jamie fox, Christoph Watz e un eccezzionale Leonardo Di caprio.
Personalmente il film mi è piaciuto grazie ad un mix di azione e avventura che,soprattutto nel finale,regala qualche emozione;purtroppo il film a mio parere si allunga troppo con scene noiose che fanno perdere interesse al film.
Ovviamente film consigliato agli amanti del genere.Aspettiamo solo la prossima fatica di tarantino che sarà "Killer crow" che è gia in fase di sceneggiatura.
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ch.soccini
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venerdì 18 gennaio 2013
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un omaggio a cineasti e cinefili italiani
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Sublime. Un capolavoro. Un omaggio appassionato ai nostri grandi del cinema e un'accusa rabbiosa contro le prepotenze e gli orrori di cui sono capaci gli uomini. Interessante il collegamento nemmeno troppo sottaciuto fra il sadismo verso le persone e le sevizie che uno dei fratelli Brittle infligge nel granaio alle galline prima di assistere a quelle che suo fratello si appresta a fare su una schiava. E il nome che tarqntino da al personaggio di franco Nero che richiama chiaramente alla mente quello di Amerigo Vespucci. Un amore mai negato per il genio italiano quello di Tarantino. Attori sublimi, personaggi di grande corposità, sceneggiature ricercate e attente. nessun eccesso, solo grande realismo.
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Sublime. Un capolavoro. Un omaggio appassionato ai nostri grandi del cinema e un'accusa rabbiosa contro le prepotenze e gli orrori di cui sono capaci gli uomini. Interessante il collegamento nemmeno troppo sottaciuto fra il sadismo verso le persone e le sevizie che uno dei fratelli Brittle infligge nel granaio alle galline prima di assistere a quelle che suo fratello si appresta a fare su una schiava. E il nome che tarqntino da al personaggio di franco Nero che richiama chiaramente alla mente quello di Amerigo Vespucci. Un amore mai negato per il genio italiano quello di Tarantino. Attori sublimi, personaggi di grande corposità, sceneggiature ricercate e attente. nessun eccesso, solo grande realismo. La differenza fra il western italiano di allora e la rilettura in chiave moderna fatta da Tarantino, cinefilo appassionato e colto. Da vedere tutti i titoli di coda, al termine dei quali un omaggio di Quentin a chi, appassionato gourmet come lui, non staccherebbe mai gli occhi dallo schermo.
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[+] ...
(di graziano bianco)
[ - ] ...
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