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La paranoia della realtà

La radiografia dei nostri tempi in Reality di Matteo Garrone.
di Roy Menarini

In foto una scena del film.
Aniello Arena (55 anni) 4 agosto 1968, Napoli (Italia) - Leone. Interpreta Luciano nel film di Matteo Garrone Reality.

domenica 30 settembre 2012 - Approfondimenti

Matteo Garrone si conferma dieci anni avanti alla gran parte del cinema italiano. Contestare Reality sulla base del fatto che il Grande Fratello ha momentaneamente chiuso i battenti e dunque la satira nascerebbe troppo vecchia, significa non aver compreso il senso profondo dell'opera. Anzi, il film intuisce una trasformazione antropologica surreale, dove il nostro paese, ormai spappolato, ha perduto ogni riferimento istituzionale e simbolico cui ancorarsi. Da una parte, dunque, Garrone pigia il pedale sulla contraddizione tra modernizzazione e arcaismo del Meridione (tema caro anche a Daniele Ciprì, Alice Rohrwacher, e altri cineasti del presente), dall'altra va ben oltre. Nell'ossessione di Luciano Ciotola, infatti, fa capolino la paranoia, un sentimento che per solito siamo abituati a osservare nel cinema americano e in versione politico-complottista. Ciotola, infatti, si sente spiato e messo alla prova dal Grande Fratello, invertendo la direzione società-televisione dei reality show e trasportando l'ossessione dal piccolo schermo all'imprevedibilità della vita reale. Il potere che il protagonista attribuisce alla televisione è sconcertante e sproporzionato, eppure altro non è che il risultato di un tessuto civile ormai labile. La televisione è un dispositivo di potere che ha sostituito altri, in un mondo fatto di outlet e parchi acquatici, piazzette folcloristiche e robot da cucina, in un corto circuito tra pubblico e privato ormai impazzito. Inoltre, il ricorso al piano sequenza e a un uso insistito del fuori-campo, permette a Garrone di suggerire luoghi e spazi labirintici, come se il tramonto della politica e la furia della crisi economica avessero lasciato sul terreno solo feticci mediatici e disumane architetture di plastica, senza appigli né gerarchie certe.
Basterebbe il fascino quasi tattile che il cinema garroniano produce per comprendere l'importanza rivestita dallo stile, tutt'altro che fine a se stesso, nei lavori di questo regista. Come sempre, linfa vitale per il cinema di Garrone proviene dai valori tecnici, enfatizzati fino a diventare parte integrante del significato del film, come la musica di Alexandre Desplat - il miglior compositore vivente di musica per film - cui delega le allusioni al fantastico e al surreale via via sempre più evidenti nel corso della narrazione. Il regista, inoltre, si permette di nascondere sotto la superficie un altro film-nel-film sul suo protagonista, l'ergastolano Aniello Arena, eccezionale, il cui personaggio, in fondo, non desidera altro che farsi rinchiudere in un luogo claustrale, la casa del Grande Fratello, e per ottenere quella "prigione" dorata è disposto a distruggere i propri spazi vitali, dal negozio all'abitazione di famiglia.

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