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Hachicko: a dog's story, l'evento fuori concorso che commuove tutti

È un vero racconto attorno al fuoco.
di Gabriele Niola

Una trama ridotta all'osso

venerdì 16 ottobre 2009 - Incontri

Una trama ridotta all'osso
È un Richard Gere come al solito calmo e rilassato quello che si presenta sul palco del Festival del Film di Roma. Occhiali inforcati e parlata suadente il protagonista di Hachiko: a dog's story è decisamente affabile. Sarà il buddismo, sarà il suo modo di intendere la vita o forse il fatto che il suo film ha scatenato pianti irrefrenabili nella platea di severi critici e giornalisti solo poche ore prima.
"È una storia semplice di un cane e del suo padrone e questa è la sua forza, la nostra sfida era essere altrettanto semplici nel raccontarla" esordisce l'attore. E semplice lo è davvero, una trama ridotta all'osso (un cane perde il padrone e lo attende invano) per un film che Gere definisce: "simile ad un racconto attorno al fuoco" per il rapporto di diretta sincerità e di semplice sviluppo, non una storia d'amicizia come capita in questi casi ma "una storia d'amore nel senso più profondo che non ha nulla a che vedere con sesso e specie, ma con qualità innate".
Certo il film scatena idee e riflessioni tra il filosofico e lo spirituale ma anche Gere quanto a spunti spirituali non scherza…

Lo spiritualismo nella vita e nel cinema
Tanto ha voluto la storia e tanto ne è rimasto colpito che non solo l'ha voluta interpretare ma anche produrre. Richard Gere voleva essere sicuro che il film si facesse e che venisse bene: "Quando lessi la sceneggiatura (che praticamente è il film) ebbi una reazione forte, piansi come un bambino ma contemporaneamente ero anche eccitato, per cui mentre piangevo non potevo fare a meno di raccontarla a tutti quanti".
Un coinvolgimento forte che ha delle basi concrete, come è facile immaginare la vita dell'attore è da sempre piena di animali: "Ho avuto cani fin da quando ero piccolo, il primo fu uno biondo chiamato Chippen, era un cocker spaniel, mentre ora ho una femmina chiamata Billie. Una delle ragioni per le quali ho voluto fare questo film è proprio il legame speciale che mi connette ai cani". Oltre a questo c'è però anche un coinvolgimento spirituale: "Un film come questo chiaramente mi è filosoficamente vicino e ho preteso una connessione al buddismo nella storia anche se poi il cuore non è quello. Trovavo però interessante una connessione alla storia giapponese. Cultura occidentale e orientale non sono poi così diverse. Hanno forse enfasi diverse ma si occupano degli stessi temi. Non a caso i filosofi occidentali hanno prodotto pensieri e riflessioni molto simili a quelle orientali".
Impossibile a questo punto non far cadere il discorso sul suo rapporto con il Dalai Lama, su come sia cresciuto in lui il desiderio di aderire ai suoi insegnamenti e come questi lo aiutino oggi: "A dire il vero sono buddista più o meno da quando ho 20 anni, i miei primi maestri sono stati giapponesi quindi zen, poi ho cominciato a leggere letteratura tibetana e alla fine ho potuto incontrare sua santità in India. La profondità di compassione e saggezza di quell'uomo è incredibile, quando vedi qualcuno diventare quel tipo di essere realizzi che è quello che vorresti anche tu e soprattutto che è possibile se ti impegni".
Certo parlare dell'incontro con il Dalai Lama riempie gli occhi di Gere di incredibile serenità ma è la rievocazione di quello con un altro maestro, stavolta del cinema, come Akira Kurosawa (che lo volle per Rapsodia in Agosto) ad eccitarlo: "Incontrai la prima volta Kurosawa quando avevo appena iniziato a fare l'attore, c'era una sua retrospettiva a New York e lo potei incontrare. La cosa fu talmente incredibile che mi sembrava molto più alto di me, sembrava che fosse un gigante e ancora ho quest'impressione. Poi, anni dopo, il direttore dell'istituto di cultura giapponese che mi insegnava la lingua per poter partecipare a Rapsodia in Agosto mi fece vedere una foto di quell'incontro, eravamo alti uguale. Quando sei vicino a quei maestri si tratta di qualcosa fuori scala, sei in presenza di un immenso leone e Kurosawa era così".

Gli animali sono come i bambini
Lavorare con gli animali non è mai facile e, come rievoca lo stesso Gere, "è come lavorare con i bambini". Il lavoro fatto per Hachiko però è stato completamente diverso da quello che solitamente si vede. Il cane non è stato infatti addestrato a fare quasi nulla (tranne aprire qualche porta), si girava quello che capitava, si cercavano cioè momenti di autentica complicità: "Abbiamo creato un ambiente di fiducia per il cane e abbiamo girato in digitale per poter fare scene lunghissime senza tagliare, la più lunga è durata quasi un'ora, volevamo aspettare che accadesse qualcosa di magico, poi come spesso capita per la maggior parte del tempo non succedeva nulla. Ci è voluta dunque moltissima pazienza perché cerchi di ottenere qualcosa che non hai chiesto".
Interrogato su quali fossero le origini di questo metodo, se l'avessero inventato o se si fossero ispirati a qualcos'altro, la risposta arriva pronta: "Lo vidi fare ad Altman" in quel caso si trattava del lavoro con un bambino (ma come abbiamo detto il rapporto è stretto) "lo vidi ottenere momenti fortissimi e davvero spontanei così gli chiesi come facesse e lui mi ha risposto che il segreto è non dirgli cosa fare ma metterli in una situazione autentica cercando di catturare ciò che succede. Sono momenti che hanno sentimenti autentici. Creare una cosa simile richiede una pianificazione accuratissima".
Il risultato come ripetuto molte volte è uno straordinario sentimentalismo "un film sulla forza vitale e sulla spiritualità, una storia senza tempo, senza inizio e senza fine", per usare ancora una volta le parole dell'attore, concepito per un pubblico di bambini "ma che finisce per essere più efficace con i teenager e gli adulti".

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