Titolo internazionale | A Place on Earth |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Belgio |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Fabienne Godet |
Attori | Benoît Poelvoorde, Ariane Labed, Max Baissette de Malglaive, Julie Moulier Marie-Armelle Deguy, Thomas Coumans, Catherine Demaiffe, Stéphanie Colpé, Brigitte Sy, Jacques Spiesser, Pedro Cabanas, Vinciane Millereau, Isabelle Anciaux, Patrick Gobert, Xavier Percy, Laurent Bonnet, Ladislas Tshiuaka, Caroline Bastin, Véronique Guérin, Sébastien Vandenheede, Julie Lenain, Jean-Jacques Rausin, Anke Herrmann, Roland Savoye, Nicolas Vray, Alex (VI), Glen, Géraldine, Olivier Bonjour, André Gyre, Grégory Bochart, Pierre Vaspal, Roger De Moerloose, Mickael Eugène, Fabienne Hougardy, François Tricarico, Pierre de Roeck, José Bayon, Murielle Minot, Nancy Georges. |
Tag | Da vedere 2013 |
MYmonetro | 3,34 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 febbraio 2017
La particolare relazione tra Antoine, fotografo disilluso, ed Elena, pianista che lo ha fatto innamorare.
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CONSIGLIATO SÌ
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Antoine Dumas è un uomo senza ispirazione, perduta per sempre dietro un dolore silente. Fotografo su commissione, spende le sue giornate tra matrimoni e foto di gruppo, occupandosi negli intervalli di Matéo, bambino sensibile di una vicina molto occupata. Dal suo appartamento ascolta Chopin interpretato da Elena, una giovane donna che abita nel palazzo accanto. Antoine l'ascolta, la osserva, la fotografa. La notte di Capodanno, Elena sale sul tetto e si getta di sotto. Inerme sul pavé del cortile, viene soccorsa da Antoine che ha assistito smarrito al gesto estremo. Sopravvissuta al suicidio, la ragazza, studentessa di archeologia con una famiglia ingombrante alle spalle, trova conforto in Antoine, nella sua compagnia discreta, nel suo umorismo leggero. Con lei, Antoine recupera il senso profondo del suo sguardo e della sua vocazione, di cui Elena diventa presto soggetto elettivo.
Une place sur la terre, terzo lungometraggio di Fabienne Godet, è un 'luogo' di riflessione dove interrogarsi sulle grandi questioni dell'esistenza, del destino umano, del vivere come del morire. Una parabola esistenziale il cui esito è il disadattamento o l'integrazione. Il protagonista non vorrebbe avere a che fare col mondo reale ma gli tocca e non può evitare la sorte che gli cade, letteralmente, sotto gli occhi: una giovane donna smarrita e arresa dentro un film che ha l'accento stesso della vita, il realismo pieno di sentimento, lo sguardo comprensivo verso i più fragili, la pulsante autenticità di una vena umanistica. Un film che si fa gioiello essenziale, pura sede del mistero e dell'indicibile. Perché ad Antoine non piacciono le spiegazioni e ad Elena non piace darne.
La tensione verso l'altro e l'invenzione della relazione tra Antoine ed Elena, che la regista incontra ma che trattiene dalla tentazione del romanticismo, si scontrano con l'ostacolo dei fatti, emergendo l'ambivalenza dell'esistenza che si sviluppa tra libertà e costrizione, tra fuga e inserimento, tra eccesso e norma. Qualcosa dentro di loro si è spezzato ma quando si incrociano sono capaci di costruire uno spazio riparato dalla follia del mondo, sono capaci di ripartire, spostando i rispettivi orizzonti oltre il cortile angusto che unisce le loro case e le loro solitudini. Poi Antoine, fotografo che riprende sempre qualcosa d'altro rispetto all'oggetto da fotografare, la sfiora e 'vede' il suo abisso nell'obiettivo, lo 'affiora' dentro la camera oscura, lei capisce e sparisce, scontando la scelta radicale e aggiungendo al film le note alte del dramma. Diversamente, l'uomo 'senza qualità' di Benoît Poelvoorde, attore superlativo che aggiunge la tensione interiore all'esuberanza naturale del suo corpo, ritrova uno spiraglio di felicità nel caos, l'ostinazione dei giorni, l'ambizione dell'anima, la volontà alienata dal senso comune.
E di (tutto) questo dice bene il film della Godet, radiografia di un passaggio, il passaggio di un uomo attraverso la membrana di un incontro che lo cambierà per sempre, conquistandogli un posto nel mondo. Fabienne Godet, regista e sceneggiatrice francese, assume il punto di vista di un uomo, frontiera già avvicinata (Sauf le respect que je vous dois e Ne me libérez pas, je m'en charge) e sguardo che non rende certo le cose più semplici, il percorso più lineare. Antoine è un uomo che, al di là dell'immobilismo che lo paralizza, sa dare spazio alla passione che lo agita e fare di questa passione, restituita in forma di fotografia, l'oggetto di una riflessione che (ri)avvierà la sua vita. La grammatica della relazione messa in schermo non è quella del sentimento ma quella dell' 'umanità', in cui l'intensità del desiderio romantico, pur evidente, non è colmato con l'appagamento ma con un affetto amicale, che si afferma concreto e determinante per il loro futuro.
Evocati e imposti come fantasmi all'inizio del film e a dispetto dei 'vivi, il mondo dovrà alla fine fare i conti con la loro presenza. Secco, essenziale, appena enfatico nei momenti di maggiore emotività, Une place sur la terre 'cammina' come il suo protagonista a piedi, senza fretta, fermandosi, guardando e raccontando ciò che ha è visto a chi abbia voglia di rallentare a sua volta la corsa, per ascoltare e vedere i passaggi impenetrabili del cuore.
Nel film La Prima Neve di Andrea Segre veniva detto Le cose che hanno lo stesso odore devono stare insieme e sembrano avere lo stesso odore i due protagonisti di questo film, Une place sur la terre di Fabienne Godet, un altro che quasi nessuno vedrà se non i fortunati che ne hanno avuto la possibilità con MyMovies. Due che vivono da soli, quasi dirimpettai ma non si conoscono: [...] Vai alla recensione »