L'eroina e antieroina del dramma individuale e sociale giapponese. Una donna d'altri tempi che recitò spesso in costume, ma che scelse i suoi ruoli in base all'efficacia della trama nel raccontare la vita di oggi, raggiungendo una solidità tale da essere considerata un'attrice brillante.
Figlia dello scrittore Kunio Kishida, sorella dello scrittore Eriko Kishida e cugina dell'attore Shin Kishida, sposò l'attore giapponese Noboru Nakaya, dal quale divorziò nel 1978, dopo la nascita del loro unico figlio. Debuttò al cinema nel drammatico Futeki no otoko (1958) di Yasuzo Masumura che la inserì anche in altre sue pellicole. La Kishida divenne così un'interprete di primo piano del grande schermo nipponico, realizzando ben 90 film, e rappresentò per il genere drammatico il simbolo dell'incomunicabilità. Sfavillante e convincente, si ricordano le sue collaborazioni nei film di Shirô Toyoda, ma soprattutto il fatto che fu la musa ispiratrice del regista Kon Ichikawa a partire da Il fratello minore (1960), passando per Dieci donne nere (1961), La colpa (1962) e Ho due anni (1962), e arrivando a I delitti della maschera No (1991), senza contare la loro ultima pellicola Dora-heita (2000).
Scelse i suoi personaggi ricercando quell'avanguardia cinematografica che si avvertiva, in Europa, nelle pellicole di Michelangelo Antonioni, Ingmar Bergman e Jean-Luc Godard. Eccola, infatti, in un piccolo ruolo nel bellissimo capolavoro di Yasujiro Ozu Il gusto del sakè, dramma sociale che narra la solitudine di un vecchio vedovo nel momento in cui la sua unica figlia si sposa. Ma è altrettanto difficile scordala ne La casa degli amori particolari (1964) di Yasuzo Masumura e La donna di sabbia (1964) di Hiroshi Teshigahara.
Muore a Tokyo per un tumore al cervello all'età di 76 anni. Lasciandosi alle spalle quella realtà contemporanea troppo confusa per poter suggerire delle soluzioni e troppo deprimente per far sognare. Ma forse la chiave della salvezza era proprio nel suo mestiere così carico di trasformismo e adeguamento da poterla far sorridere. E se tutto il mondo aveva la tendenza a salire sul carro dei vincitori, la Kishida ci ha insegnato che a stare coi piedi per terra si guadagnava la semplicità del cuore.