Dopo aver studiato recitazione al Conservatorio di Parigi, prima con Leloir e poi con Raphaël Duflos (che sposò nel 1910), entrò nel 1912 come seconda attrice «giovane» alla Comédie Française, ma solo nel 1915 ebbe modo di emergere in ruoli di maggior spicco: fu Chérubin in Le mariage de Figaro, Marianne in Tartuffe, Casilda nel Ruy Blas. Quando il regista Henri Pouctal le propose di interpretare la parte da protagonista nel film L'Instinct (1916), che stava per iniziare, Huguette accettò immediatamente, senza curarsi delle proteste della Comédie, che non tollerava per i suoi attori contaminazioni con il cinematografo.
Nel film - comédie oblige - Huguette recitò con una certa affettazione, ma Gaston Michel Coissac trovò che: «Sa radieuse jeunesse, son charme expressif et cet ensemble de qualités qu'on appelle "photogenie", lui valurent tout les succès».
Da questo primo approccio e fino alla fine del muto - nel sonoro la si vedrà raramente sugli schermi - Huguette mantenne quel successo che secondo Coissac le spettava di diritto, apparendo in una molteplicità di film, da L'Ami Fritz (1919) di René Hervil a Le Travail (1919) ove ritrovava come regista Pouctal, da Mademoiselle de la Sieglière (1921) di Antoine a Les Mystères de Paris (1922) di Léonce Perret; in questa riduzione del popolare romanzo di Pierre Benoit realizzata con dovizia di mezzi e costose scenografie, Huguette, con una recitazione gradevolmente stilizzata, rese alla perfezione la parte della Granduchessa Aurora di Lautenbourg-Detmold. Al suo fianco v'era l'attore-feticcio di Marcel L'Herbier, Jaque-Catelain, col quale, l'anno successivo, si recherà a Vienna per interpretare Der Rosenkavalier, regia di Robert Wiene. Divenuta una vedette internazionale, la Duflos apparve in un film di Julien Duvivier che conobbe un vasto successo, L'Homme a l'Hispano (1927); poi si recò negli Stati Uniti per la versione francese di The Trial of Mary Dugan (1929).
Parallelamente la sua attività teatrale, pur con larghi intervalli dovuti agli impegni cinematografici, procedeva: dimessasi dalla Comédie perché insoddisfatta delle parti, passò al Théâtre St. Martin in una rivista e poi interpretò all'Athénée una commedia di Felix Gandéra, Nicole et sa vertu, una parte che nella versione cinematografica del 1931 le verrà soffiata da Alice Cocéa.
I film sopracitati sono i migliori tra gli altri iscritti nella filmografia dell'attrice, e sono soltanto dei discreti prodotti commerciali, nei quali «Elle n'est pas seulement jolie, elle est lumineuse. Elle sourit, éclatante, avec son teint d'enfant anglais, ses jeux d'eau bleue, comme éclairée par le dédans». Così Paul Géraldy in una poesia dedicata a Huguette.
Ci si può porre una domanda: se la Duflos fosse stata nelle mani di un Gance, di un l'Herbier, di un Epstein? Avrebbe superato la soglia di attrice elegante e fascinosa per divenire una icona da cultfilm, come è avvenuto per certe sue colleghe non più brave di lei, ma unte dalla grazia del Signore per aver avuto registi celebrati?
Una risposta ce la può dare forse uno dei suoi ultimi film, Maman Colibri, uscito nel 1937: nel personaggio di Irene, una quarantenne delusa che si innamora di un amico del figlio, più giovane di lei di vent'anni, e poi verrà lasciata, Huguette abbandona l'aplomb che ha sfoggiato in tutti i suoi film per dar vita ad una donna vera, con le sue amarezze, le sue frustrazioni, la finale umiliazione: un'interpretazione memorabile in un film che conferma il talento non sempre riconosciuto del regista Jean Dréville.

Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.