Mark Ruffalo è un attore statunitense, regista, produttore, produttore esecutivo, è nato il 22 novembre 1967 a Kenosha, Wisconsin (USA). Al cinema il 30 gennaio 2025 con il film Mickey 17. Mark Ruffalo ha oggi 56 anni ed è del segno zodiacale Scorpione.
Attraente divo dal fascino tormentato, Mark Ruffalo è dotato di un magnetismo che solo pochissimi attori della new generation possiedono: queste sue attitudini gli hanno fatto conquistare la fama di Marlon Brando del nuovo millennio.
Primogenito di Frank, pittore edile, e Marie, hairstylist, Mark ha tre fratelli che svolgono la professione di acconciatori: Scott, Tania e Nicole. Questa giovane star italo-americana nasce nel Wisconsin ma trascorre l'infanzia nelle assolate spiagge di Virginia Beach. Terminati gli studi alla Colonial High School, si sposta con la famiglia a San Diego in California, per poi stabilirsi a Los Angeles. Teenager consacrato al mondo della celluloide, Ruffalo frequenta lo Stella Adler Conservatory, divenendo successivamente co-fondatore della Orpheus Theatre Company. Qui, oltre ad occuparsi delle luci e dell'aspetto scenografico, recita, scrive e dirige i suoi spettacoli. Nonostante il duro lavoro premiato da ottime recensioni, il ragazzo, per sbarcare il lunario, è costretto a servire caffè in un bar per quasi dieci anni.
L'arrivo sul grande schermo
Fortunatamente alla fine degli anni Novanta incontra Kenneth Lonergan che lo scrittura nel dramma di enorme successo "This Is Our Youth". Questo gli garantisce il ruolo principale nel film dello sceneggiatore newyorkese, Conta su di me: l'incredibile interpretazione accanto a Laura Linney rendono il nostro trentanovenne famoso.
Il sogno erotico di Meg Ryan
Nel 2003 Mark indossa i panni del detective Malloy, incarnando il sogno erotico di una conturbante Meg Ryan, nel bollente thriller In the Cut.
Prima resetta Jim Carrey e poi insegue il killer Tom Cruise
Nei dodici mesi seguenti la star è impegnata a resettare la mente di Jim Carrey in Se mi lasci ti cancello, a dare la caccia allo spietato Tom Cruise di Collateral e a dispensare candida ingenuità nel nostalgico 30 anni in un secondo.
Tra gli uomini del Re e la caccia al serial killer
E dopo le visioni romantiche di Se solo fosse vero e i segreti custoditi tra le mura domestiche di Vizi di famiglia, il divo viene ingaggiato nella pellicola politico-idealista Tutti gli uomini del re.
Nel 2007 gira, tra gli altri, il toccante Reservation Road e viene diretto dal geniale David Fincher in Zodiac.
La grande opportunità di lavorare con Scorsese
Nel 2009 è nel cast dell'ultimo film di Spike Jonze Nel paese delle creature selvagge. La grande occasione di lavorare per Martin Scorsese arriva nel 2010 con Shutter Island, per poi cambiare completamente registro e passare alla commedia in Notte folle a Manhattan insieme a Steve Carrel.
Alcune riviste americane lo hanno già paragonato a Marlon Brando ma lui tiene a precisare che a Hollywood quando viene fatto il suo nome i più si chiedono: «Mark chi?». Mark Ruffalo, attore, produttore, scrittore e padre di famiglia. Ma soprattutto spirito indipendente: una caratteristica che ha promesso di voler mantenere fino alla fine dei suoi giorni, fama o non fama. La fortuna per Ruffalo è che il successo per lui è giunto solo di recente, a un’età, 36 anni, in cui non si è più così facilmente influenzabili. Non solo: per han due volte Ruffalo si è sentito spacciato. Quando un’emorragia cerebrale lo ha quasi ucciso e quando pochi anni fa pensava che ormai la sua carriera fosse finita. «Sono fortunato perché ho due angeli custodi. Uno è mia moglie che mi è stata vicina al capezzale e mi ha fatto risvegliare dal coma. E l’altro è Kenneth Lonergan, il mio compagno di avventure».
Lonergan, regista del famoso Conta su di me di cui Ruffalo è protagonista assieme a Laura Linney, è stato determinante nel successo di Ruffalo. «Ma le mie ambizioni - continua Ruffalo -non sono relegate al grande schermo hollywodiano. Ho intenzione di continuare a scrivere e a recitare a Broadway dove ho incontrato per la prima volta Kenneth e con lui ci siamo divertiti come pazzi a mettere in scena This Is Our Youth». E spiega il perché: «Il fatto è che con le produzioni indipendenti quello che si ha è il copione e il copione è molto importante. I personaggi sono ben disegnati, le storie precise e le esperienze per gli attori molto intense. Con gli studios è tutta un’altra cosa: spesso i copioni vengono scritti durante le riprese».
Originario del Wisconsin, Ruffalo si trasferì a San Diego con la famiglia all’età di diciotto anni e poco dopo A emigrò di nuovo, questa ~ volta a Los Angeles per frequentare il famoso conservatorio Stella Adler. A vent’anni fondò la compagnia di teatro Orpheus Theatre Company per la quale per altri dieci anni si improvvisò in varie vesti, da quella di at-tore e regista a quella di sceneggiatore e comparsa. Ma le ottime recensioni non sfamano: per nove anni, oltre al suo lavoro in palcoscenico, Ruffalo, per far quadrare i conti, era barista in un club. «Ho sempre voluto essere un artista - ci confessa -. E per questo che ho continuato a fare l’attore anche quando sembrava che le speranze fossero perdute. per sempre».
Solo dopo Conta su di me gli sono piovuti addosso ruoli accanto alle star dell’Olimpo: Un‘hostess tra le nuvole con Gwyneth Paltrow; Wind-talkers con Nicolas Cage; Il castello con Robert Redford. E poi Meg Ryan con la quale divide il ruolo di protagonista nel nuovo film di Jane Campion In The Cut. «Lavorare con Jane è stato molto stimolante. È un po’ come seguire un percorso di crescita personale - spiega l’attore. – È una donna con una grande sensibilità e un grande senso dell’uguaglianza. Riesce a mettere tutti a proprio agio e a cancellare le differenze».
Per In The Cut Ruffalo ha dovuto vestire i panni di un poliziotto: «Una parte alquanto scomoda per me - ammette - perché con la polizia, sarà per il mio passato burrascoso, non ho mai avuto un gran rapporto. Ma alla fine mi sono divertito: ho dovuto incontrare alcuni poliziotti newyorkesi per ragioni di copione. È incredibile quante sigarette fumano e quanto bourbon buttano giù. Devo ammettere che non gli ho fatto una grande impressione». Poi racconta dell’incontro con Nicole Kidman: «Quando ho accettato la parte Nicole doveva essere la co-protagonista. Il giorno dopo avermi incontrato ha lasciato il film: ho pensato che fosse a causa mia». Scherzi a parte: «Il fatto è che il materiale del film era troppo intenso per lei che all’epoca stava attraversando un momento di vita difficile». Quanto alla Ryan ammette di essere andato d’accordissimo: «Non abbiamo fatto amicizia ma non è l’amicizia che conta sul set, è la professionalità. E Meg è un’attrice bravissima». Ruffalo confessa che per le scene di sesso la Campion aveva deciso di ingaggiare un terapista del sesso che aiutasse a renderle il più naturale possibile: «La produzione ha bocciato l’idea perché le lezioni di sesso sarebbero costate la bellezza di trecento dollari l’ora».
Da Film Tv, 4 gennaio 2004
È stato cameriere, portiere, organizzatore di banchetti e barista in una sfilza di locali, a distribuire Martini ai modaioli di Hollywood. Ha anche ridipinto case e scavato buchi nel terreno per infilarci le piante, e spesso ha pensato che forse sarebbe stato il caso di tornare a lavorare per suo padre nel Wisconsin, a sabbiare i serbatoi dell’acqua. Nel corso di quei dieci anni ha recitato in più di trenta spettacoli teatrali, distribuendo ai clienti dei bar i volantini delle sue performance. Ma nessuno di loro è mai andato a vederlo.
Adesso scoppia a ridere. Gli capita spesso. Ha una risata lieve. Per fortuna non si è arreso, ed è diventato uno degli attori più interessanti di Hollywood. In questo periodo lo si vede sugli schermi in Collateral, in Se mi lasci ti cancello e - negli Stati Uniti e in Gran Bretagna - in We Don’t Live here Anymore, dove tradisce la moglie Laura Dern con la sua migliore amica, Naomi Watts. Il trentasettenne Ruffalo sa recitare davvero, si è fatto le ossa in teatro e si fa notare anche nelle produzioni meno riuscite. La sua ricetta, che ripete sempre, è: «Sei al servizio del testo». Il salto di qualità nel 1997, con le prime recensioni entusiastiche per una commedia messa in scena off Broadway, This is Your Youth. Tre anni dopo il primo ruolo di protagonista al cinema nel film Conta su di me, nel ruolo di un dolce ed esasperante fannullone. Poi ha lavorato con Robert Redford nel Castello e con Nicolas Cage in Windtalkers. Ma appena è entrato nell’orbita di Hollywood, subito è ricaduto sulla terra. La sua storia sembra la trama di un film: un ragazzo di talento sogna di avere qualcosa di spaventoso che gli cresce nella testa. Purtroppo ha ragione. Si ritrova steso sul lettino di una sala operatoria e i chirurghi scoprono che ha un tumore al cervello, che per fortuna si rivelerà benigno. Adesso Ruffalo sta bene, ma è anche cambiato: è convinto di essere un artista più completo.
In famiglia sono tutti parrucchieri, la madre, due sorelle e un fratello. I genitori hanno divorziato e il padre ora ha un’azienda di verniciature industriali. Definire Mark Ruffalo “bello” non è sufficiente. Ha un fascino tutto italiano, magro, flessuoso e villoso; ha il naso aquilino, la bocca piena e uno sguardo sensibile che, sullo schermo, è capace di trasmettere confusione, rabbia e dolore. Mettiamola così: se Brad Pitt fosse un petto di pollo, Mark Ruffalo sarebbe un filetto al sangue. «Ma per tanti anni ho avuto l’impressione che Hollywood non mi amasse», ammette.
«Un direttore di casting mi ha anche detto che gente come me va bene a New York, mica a Los Angeles. Io non ero l’inaccessibile star, ma “il tipo fisico proletario e attaccabrighe”. La stampa lo definisce spesso come il sex symbol delle donne che pensano. Nel morboso In the Cut di Jane Campion è un investigatore newyorkese, e parte all’attacco di Meg Ryan come un affamato di fronte a un cenone di Natale.
Mark è nato a Kenosha, una minuscola cittadina del Wisconsin. Da ragazzo, apparteneva alla banda dei punk dello skateboard e non a quella degli aspiranti attori. Però ha frequentato lo Stella Adler Conservatory, la scuola di recitazione di Los Angeles da cui è uscito anche Robert De Niro. Il programma dura tre anni, ma lui ci è rimasto altri tre, lavorando in cambio della partecipazione ai corsi. In quel periodo extra, dice, «mi limitavo a pulire i gabinetti».
All’epoca, l’alunno più importante era Benicio Del Toro. Durante la scuola e dopo, per otto anni Ruffalo si è sottoposto a 800 audizioni.
«Mi presentavo per fare la voce fuori campo, gli spot, particine in tivù, qualunque cosa». Riuscì a ottenere solo la pubblicità del Clearasil. Finché non l’hanno scritturato per girare un paio di film horror. «Non è certo il lavoro adatto a un depresso. È perfetto per gli ossessivi maniacali, e in quei momenti li ho invidiati», confessa. Il suo agente, nel frattempo, lo aveva mollato: «Non gli facevo guadagnare nulla, come posso dargli torto? In quel periodo ho fatto molti casini. Mi hanno anche buttato fuori dal sindacato attori perché non ho pagato le quote per due anni».
Los Angeles è piena di bei ragazzi armati di fototessera. Ruffalo avrà certo pensato di lasciar perdere. «In continuazione. Spesso vorresti mollare tutto. Lavori sodo ma non ottieni nessun incoraggiamento. Vorresti mandare tutti sl diavolo».
Eppure ha continuato con le sue commedie. Davanti a un pubblico di venti spettatori, e metà erano suoi amici. «In quel periodo non dovevo essere molto bravo, e quindi era logico che non mi affidassero alcuna parte. Mi chiedo spesso che cosa sarebbe accaduto se avessi ottenuto tutto ciò che volevo. Di sicuro non sarei l’attore che sono adesso. Recitavo ormai da dieci anni quando finalmente mi è capitata qualche proposta interessante».
È proprio allora, una notte, successe che... «Sognai di avere un tumore al cervello. Era un sogno così realistico che pensai valesse la pena di indagare. In un attimo mi ritrovai a pensare di essere arrivato al capolinea». I medici individuarono una massa anomala all’interno della scatola cranica.
L’intervento chirurgico durò dieci ore. L’anestesia creò qualche complicazione e la riabilitazione durò sei mesi, durante i quali Mark perse una ventina di chili. Dovettero trascorrere altri dieci mesi prima che potesse riprendere il lavoro. «Quando qualcuno si mette ad armeggiare con il tuo cervello, ti vengono in mente un sacco di cose strane. Ti chiedi se ti hanno portato via qualcosa di importante, magari qualcosa da cui dipende il tuo talento. E se fosse stata proprio la malattia a rendermi speciale? Non ero sicuro di poter contare ancora sulle mie capacità». Non ne parla volentieri, perché odia «far la figura del miracolato». «Però è una parte della mia vita. Una parte grossa. Il tumore ti rende molto più consapevole. Sono sopravvissuto. So quello che voglio dalla vita».
Negli ultimi mesi, è apparso sullo schermo come l’uomo dei sogni di Jennifer Garner in 30 anni in un secondo, il maniaco della tecnologia che salta sul letto in mutande in Se mi lasci ti cancello, lo sbirro Fanning nel noir Collateral, e il marito traditore di We Don’t Live Here Anymore.
Presentato al Sundance e al Festival di Deauville, questo è un film particolarmente consono al suo stile.
«L’argomento faceva paura a tutti. In un primo momento ho pensato di rifiutare: mi sembrava troppo delicato, non avevo idea di chi fosse il regista e c’era un solo mese di tempo per la pre-produzione. Niente prove. Credevo che ne sarebbe venuta fuori una schifezza. Pura follia». Il film è brutale: alcune scene possono ricordare a certe coppie i loro momenti peggiori. Ma è stata proprio la sfida ad attrarlo, e il fatto che ci fosse «una sceneggiatura, e spazio per una recitazione di buona qualità. Non ci sono colpi di scena, non c’è azione, non c’è mistero e non c’è suspense. C’è solo il nostro lavoro di attori, puro e semplice. E deve per forza essere perfetto» . Mark beve un altro sorso di tè. «Soprattutto, mi piace l’aspetto umano di questo lavoro. I personaggi. Gli attori. Sono tutti in sintonia. Sono vulnerabili, immersi nel presente, senza rete di salvataggio. L’unica cosa che possono fare è contare l’uno sull’altro».
Da Vanity Fair, 11 novembre 2004
Attore/regista/produttore/sceneggiatore ha recitato a fianco alla candidata all'Oscar Laura Linney in Conta su di me, di Kenneth Lonergan, con una performance che gli è valsa la candidatura all'Independent Spirit Award, nonché il premio New Generation Award, conferito dalla Los Angeles Film Critics Association, e la consacrazione a Miglior Attore al Montreal World Film Festival del 2000.
Recentemente ha recitato con Jake Gyllenhaal e Robert Downey Jr. nel film di David Fincher Zodiac, acclamato dalla critica. Tra le sue altre pellicole da attore si ricordano Se ml lasci ti cancello (sempre per la Focus Features); Collateral di Michael Mann; La mia vita senza me di Isabel Coixet, In the Cut di Jane Campion; 30 anni in un secondo di Gary Winick; Se solo fosse vero di Mark Waters; Tutti gli uomini del Re di Steven Zaillian; XX/XY di Austin Chick; Windtalkers di John Woo; Il Castello di Rod Lurie; Cavalcando col diavolo, di Ang Lee. Sono in uscita le pellicole Margaret, di Kenneth Lonergan, The Brothers Bloom di Rian Johnson e Blindness di Fernando Meirelles.
Ruffalo è stato co-sceneggiatore della pellicola indipendente The Destiny of Marty Fine, di Michael Hacker, che è si è classificato secondo allo Slamdance Film Festival, ha diretto numerosi drammi teatrali, fra cui Margaret di Timothy McNeil (all'Hudson Backstage Theatre di Los Angeles, agli inizi del 2001) ed è stato produttore esecutivo del lungometraggio indipendente I giochi dei grandi, di John Curran, di cui era anche protagonista, con Laura Dern, Peter Krause e Naomi Watts.
L'attore, originario del Wisconsin, si è formato con Joanne Linville allo Stella Adler Conservatory, prima di iniziare la sua carriera in teatro. Si è quindi imposto all'attenzione dell'industria cinematografica grazie al ruolo nella produzione "off-Broadway" This is our Youth, del regista e drammaturgo Kenneth Lonergan, che gli è valso anche il premio Lucille Lortel come Migliore Attore. È stato insignito inoltre dei premi Dramaloque e Theatre World. Più di recente, ha debuttato a Broadway nel revival di Awake and Sing! di Clifford Odets, realizzato da Bartlett Sher ed è stato candidato al Tony Award.