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Detroit e La chinoise: quel 1967 prima della rivoluzione

Il film di Kathryn Bigelow e l'opera di Jean-Luc Godard, titoli diversi ma uniti da un legame profondo.
di Pino Farinotti

Detroit

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John Boyega (32 anni) 17 marzo 1992, Londra (Gran Bretagna) - Pesci. Interpreta Dismukes nel film di Kathryn Bigelow Detroit.
martedì 12 dicembre 2017 - Focus

Si va a chiudere il 2017 e intendo rilevare un contrappasso suggestivo, e importante, una connessione che rappresenta un richiamo... di mezzo secolo. Partendo da due titoli.
Detroit (guarda la video recensione) è un film di Kathryn Bigelow nelle sale e La Chinoise è un film di Jean-Luc Godard del 1967. Non potrebbero esistere titoli più diversi e distanti, per linguaggio, trama, estetica, insomma per "cinema", eppure sono uniti da un legame decisamente forte, la data, il 1967.
È l'anno della rivolta avvenuta, dal 23 al 27 luglio, nel ghetto nero di Detroit, sedata con le armi dalla polizia con morti, feriti e distruzione di case e negozi. Il film racconta di tre afroamericani, sequestrati e poi uccisi nel famigerato Motel Algiers, del tutto incolpevoli, del processo che ne seguì e dell'incredibile sentenza che assolse i responsabili di quelle morti. Quella vicenda violenta e drammatica era uno degli ultimi segnali a innescare il grande movimento del cosiddetto "sessantotto". In contemporanea a quel segnale, in Francia, il regista Godard, si esprimeva secondo filosofia, visione, simboli della propria cultura, e aveva previsto, in modo allarmante, ciò che era sul punto di accadere.

La Chinoise: a Parigi, tre ragazzi e due ragazze, studenti di cultura maoista, si stabiliscono in un appartamento per fare la loro personale rivoluzione. Ciascuno di loro rappresenta un'ideologia "spezzettata", fatta di pensiero ma anche di azione violenza.
Pino Farinotti

Sono semplicemente i codici del sessantotto. Poi i "cinque" non riusciranno a far niente di concreto, salvo l'inutile uccisione di un politico, e torneranno nei ranghi borghesi.
Detroit era dunque un punto d'arrivo e una congiunzione, e il percorso per arrivarci era del tutto "americano" intenso e drammatico, e l'approdo, inevitabile. La violenza e l'angoscia trasmesse dalla regia iperrealista della Bigelow prospettano con grande efficacia ciò che sta per accadere.


Una scena di Detroit.
Una scena di La chinoise.
Una scena di La chinoise.

Detroit finisce per essere un collettore quasi esemplare, se il focus è sulla violenza, dei segnali che da anni arrivano dalla nazione.
Il primo segnale è l'aumento del benessere e del numero degli studenti universitari che vivono nei campus lontani dalla città e sviluppano una propria cultura giovanile. Il secondo è il Vietnam che induce il governo a reintrodurre la coscrizione obbligatoria per una guerra che non viene capita. I giovani si ribellano e disertano. Il terzo segnale è la richiesta di emancipazione dei neri, ormai inseriti nel sistema produttivo e nella cultura ma ancora emarginati e discriminati. Tutti questi fattori interagiscono ed esplodono in movimenti collettivi, anche violenti, che producono effetti politici e una vera e propria rivoluzione culturale e del costume.

Non può non essere ricordata la vicenda del campus di Berkeley del 1964 dove si forma il Free speach movement, un movimento politico che rifiuta la guerra. Sarebbe diventato un precedente di ispirazione per le università francesi e italiane.
Pino Farinotti

Il percorso francese assumeva toni precisi e risolutivi quando il governo varò un progetto di razionalizzazione delle strutture scolastiche per adattarle alle necessità della produzione industriale. Significava privilegiare i settori tecnologici per aderire alle esigenze di alta qualificazione tecnica previste per i quadri dirigenziali, con un'automatica, drastica selezione del numero degli studenti. L'approvazione del piano provocò la reazione della masse studentesche e lo storico sciopero dell'università di Nanterre, che espresse il leader del movimento francese, Daniel Cohn-Bendit. Nel maggio del sessantotto Parigi consacrò la rivoluzione studentesca. Con la sua "Cinese" l'artista Jean-Luc Godard aveva dunque assunto per tempo i sentimenti, i disagi, la rivendicazione di una società, quella francese, storicamente capace di intuire, far proprie e poi esercitare le istanze popolari. Era successo in quell'ottantanove con risultati che hanno cambiato la storia. Mentre secondo una corrente di opinione ormai prevalente, il sessantotto si è immobilizzato ... sull'intenzione. Senza un destino.


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