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Addio a Umberto Eco, il grande garante

Sono addolorato e attonito. Tutti lo siamo, credo. La perdita è molto grave perché Eco era un uomo del quale potevi fidarti.
di Pino Farinotti

sabato 20 febbraio 2016 - Focus

Sono addolorato e attonito. Tutti lo siamo, credo. La perdita è molto grave perché Eco oltre a tutto ciò che ha rappresentato in termini di impegno e cultura era un uomo del quale potevi fidarti. Uno di quelli che hanno cercato e trovato e che quando parlano e scrivono fanno testo, dicono la cosa giusta e vera. Insomma, un garante.

Dico che nel nostro Paese ne rimangono pochissimi come lui, per contarli le dita di una mano sono persino troppe. Non faccio nomi, sono anziani e non intendo... portare sfortuna. Ma rispetto a questi suoi "omologhi", Eco ha avuto un successo universale di pubblico, qualcosa di "popolare" che quasi mai appartiene a un intellettuale.
Pino Farinotti

La prima citazione naturalmente è per il record del suo "Il Nome della rosa", 50 milioni di copie vendute, diciannovesimo nella classifica assoluta. E poi tutto il resto che viene raccontato e rilanciato in queste ore: il saggista e romanziere, il profeta della semiotica, le collaborazioni alle grandi testate, l'instancabile ricerca accademica, sull'estetica, sull'avanguardia, sulla comunicazione di massa.


Umberto Eco mostra il sigillo d'oro ricevuto dal rettore dell'Università di Bologna Ivano Dionigi.
Umberto Eco durante la conferenza stampa di presentazione del Festival della Comunicazione.
Umberto Eco nel corso dell'intervento alla conferenza "L'Europa della Cultura".

Sappiamo, e non intendo dilungarmi. Voglio raccontare invece il mio rapporto personale con lui. Come me frequentava il Caffè Sforzesco dei fratelli Castellani, in via Dante. Sedeva sempre allo stesso tavolino esterno. Avevo letto molti dei suoi libri, e lui, diceva, un paio dei miei. Con me preferiva parlare di cinema. Una volta, col sorriso, si lamentò perché sul "Farinotti" non ero stato così entusiasta del Nome della rosa. "Lo ha condito via" disse "scrivendo che è un film calligrafico, eccellente nella caratterizzazione di personaggi e luoghi".

Gli risposi che non mi sembrava un giudizio così negativo e che comunque ad arrabbiarsi avrebbe dovuto essere il regista Annaud. "Sì certo, e capisco le sue difficoltà, contenere il mio romanzo di 500 pagine in poco più di due ore". E a quel punto mi diede una notizia interessante, quasi esclusiva: stava trattando con la Rai per una fiction di sei ore. "C'è il tempo per fare un buon lavoro".


Umberto Eco durante la conferenza stampa di presentazione del Festival della Comunicazione.
Umberto Eco con Roberto Benigni.
Umberto Eco discute con Roberto Saviano.

Lo scorso anno, alla Sormani di Milano ho tenuto un corso, "Il libro che visse 2 volte", un confronto fra libro e film, grandi titoli delle letterature - e del cinema - del mondo, gli inglesi, francesi, americani, russi eccetera. Per l'Italia avevo scelto "Il Nome della rosa" di Umberto Eco. Ne parlai con lui, gli dissi che non poteva mancare, naturalmente. Qualche giorno dopo mi scrisse questa mail:

Caro Farinotti,
ero stato vago quel giorno al bar, ma il problema è che ho problemi di salute e da settembre in avanti dovrò fare vari controlli in data da destinarsi e pertanto non posso prendere impegni precisi. Apprezzo la sua idea e il suo invito, ma lasciamo aperta una mia partecipazione in tempi da stabilire. Mi dispiace ma così va la vita. Grazie ancora per la sua guida che (mentre sono in poltrona) mi permette di sollevare lateralmente il braccio una volta sola mentre col Mereghetti devo muoverlo due volte per capire in quale volume devo cercare il film.
Cordiali saluti dal suo Umberto Eco
Pino Farinotti


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