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Il ritorno di Gatsby: il nuovo romanzo di Pino Farinotti

Gatsby è davvero tornato. E anche Scott Fitzgerald.
di Giancarlo Zappoli


lunedì 15 settembre 2014 - News

La copertina del libro (ediz. Morellini, 247 pag. 11,90Euro) evoca "artisticamente" il film di Baz Luhrmann con Leo DiCaprio. La quarta di copertina riporta uno stralcio del romanzo: "Quando si seppe della speranza, esile, impossibile, che Gatsby si salvasse, io sorrisi. Sapevo che si sarebbe salvato, perché le regole umane e vitali di Gatsby non erano le regole di tutti. Cercai di andarlo a trovare, ma intorno a lui era stato teso un cordone sanitario insuperabile. Gatsby però non passava inosservato e le voci si spargevano, diverse e con la solita cifra di mistero che da sempre lo riguardava. Verso la fine di aprile emerse qualcosa che andava in una direzione: Gatsby non era più in clinica, non era a New York, non era in America. Altro mistero dunque. Ma una notizia certa, univoca c'era: Gatsby era vivo."

Dunque la morte del "Grande Gatsby", che Scott Fitzgerald colloca nella piscina della sua lussuosa magione è una delle più dolorose della letteratura, e dei quattro film derivati dal romanzo. E così Pino Farinotti ha voluto... sorpassarla. E dunque Gatsby miracolosamente si salva, riesce a espatriare e raggiunge la Costa Azzurra. Non sono più le feste strepitose di West Egg, ma il grande Gatsby non può essere un semplice americano fra gli americani della riviera francese. È affascinate e misterioso, non passa inosservato. Esule dal suo Paese, ricerca se stesso oltre quel sogno che lo ha quasi ucciso. Ma nei frenetici anni Venti la Costa è un riferimento irresistibile, e prima o poi tutti capitano da quelle parti. E può accadere che il passato... si ripresenti.
Reinventare la storia di Gatsby non era cosa semplice, ma riscriverla secondo lo stile di quello che molti considerano il più dotato scrittore americano del novecento sembrava impresa proprio impossibile. Farinotti presenta un percorso di narratore importante, dieci romanzi, un paio diventati bestseller con molte traduzioni. Per dire che l'autore non è uno che si spaventi. Ma "velleitario" è un lemma che si addice, se intraprendi l'impresa detta sopra. L'11 settembre a Palazzo Morando, in Milano, in un contesto certo cospicuo, 400 persone, è stato presentato il romanzo. Relatori, alcuni dei personaggi di vertice della cultura milanese. Padrona di casa e organizzatrice Marina Messina, direttore del polo dei Musei storici e Musei archeologici. Di fatto alcuni relatori, di diversa cultura hanno composto una vera e completa recensione del romanzo. Corrado Parise, direttore delle biblioteche milanesi, dunque della Sormani, ha rilevato la parte milanese del racconto, dove Gatsby e Fitzgerald visitano lo storico caffè Cova e si imbattono in una fotografia di Hemingway che frequentava il ritrovo nel 1918, definendolo un contrappasso inatteso e assolutamente corretto. Antonio Bozzo, responsabile della cultura del Corriere della sera "milanese", aveva già letto il romanzo e chiesto all'autore di scrivere un racconto, una sintesi, della parte milanese. Il racconto è stato pubblicato in agosto sul Corriere. Il titolo, "Quelle volta che Gatsby venne alla Scala". Andrea Pinketts il noto, talentuoso scrittore ha detto che inventare una storia partendo da un'ispirazione accreditata fa parte della dotazione di uno scrittore come Farinotti, ma rifare lo stile del superdotato Fitzgerald, che non si limitava al racconto diretto ed efficace, alla Hemingway, ma arricchiva lo stile con un fraseggio prezioso, non era un esercizio semplice. "Mi è sembrato davvero di leggere Fitzgerald, con l'opportuna restyling di una scrittura del 1925." Tomaso Kemeny, uno dei poeti europei della fascia più alta, ha citato addirittura Proust e la sua ricerca: Farinotti cerca di scovare l'eroe e la bellezza e di trasferirla da un'epoca che ne aveva molta, a un'altra che non ne ha. Andrea Bosco, giornalista, già responsabile della cultura di Rai 3 regione, ha citato Osvaldo Soriano, lo scrittore argentino che aveva tentato un recupero, nello stile e nel racconto, del grande giallista Raymond Chandler. Riuscendoci, rispetto a Farinotti, solo parzialmente. Opinioni dunque che fanno testo e legittimano l'opera dell'autore.

Naturalmente il critico Farinotti non rinuncia alla sua attitudine cinematografica. C'è un incontro decisamente da film: Jay Gatsby siede stanco della festa su una poltrona defilata. Gli si siede vicino un giovane biondo, occhi azzurri, con una coppa in mano, stanco a sua volta. Jay si presenta: "Jay Gatsby" "Scott Fitzgerald". I due passano il resto della notte insieme. Salutandosi Fitzgerald dice : "mr. Gatsby, scriverò il più grande romanzo americano del secolo, su di lei."
La sintesi qual è? Gatsby rivive davvero, è sempre lui ma questa volta riesce a risolvere il proprio sogno, Daisy, sempre rincorsa e mai raggiunta, non lo uccide per la terza volta. Il teatro è la riviera francese, un autentico Stato americano in quegli anni venti, una zona che lo scrittore conosce bene. Mi allineo, conoscendo l'autore, all'interpretazione di Kemeny: Farinotti, senza essere un passatista, è noto per la sua posizione... severa verso il cinema e la letteratura contemporanei. E non perde occasione per un richiamo a stagioni più ...eroiche, appunto. Questo "remake", possiamo chiamarlo così, potrebbe davvero diventare un caso editoriale. Riproporre un personaggio e uno scrittore fra i più amati, e così pieni di incanto, è un'iniziativa non solo coraggiosa, ma certo benemerita.
Ma niente è più efficace nel racconto di una scrittura, della scrittura stessa. Ecco dunque un altro momento, scelto a campione, del "Ritorno di Gatsby" di Pino Farinotti.

"Sul treno, nel buio, la nazione ci scorreva ai fianchi. La singolare comitiva americana della guerra riposava. Ero io quello sveglio. Jay dormiva davanti a me, la testa appoggiata indietro. E pensavo a lui, e a Daisy, quando per la prima volta, al ballo di Louisville, si sentì abbracciata da Jay. Daisy, bella, ricca e predestinata. E circondata dai rampolli soliti delle famiglie in vista, del Middle West. Giovani della scuola militare di Camp Taylor, o reduci da Yale o da Princeton. Tutti educati, solerti, prevedibili, con le mani inguantate, tutti a corteggiare con lo stesso registro. Mentre Jay arrivava da una piccola fattoria in affitto del North Dakota. Ma era lui ad avere Daisy fra le braccia. Era Gatsby, con la sua vocazione e il suo destino, e l'eccezionale visione di se stesso. E adesso che l'avevo visto qui, dov'era passato, dove si era formato, dove in tutti aveva lasciato un segno, mi domandavo come avesse potuto cadere poi nella trappola di un unico sogno, e non accorgersi, dopo, che era un sogno.
Mi arrivò una voce flebile. Era di Jay, che parlava con gli occhi chiusi.
«Stai pensando a me Nick?»
«Sì».
«E a Daisy?»
«Sì».
Inspirò.
«Nick».
«Sì?»
«Ricordi quella volta, quella notte che mi dicesti "sono un branco di schifosi, Jay, tu da solo, vali più di tutti loro messi insieme"?»
«Certo che lo ricordo».

Se non è Fitzgerald questo...

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