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ONDA&FUORIONDA

Locarno e la memoria.
di Pino Farinotti

In foto una scena del film Il gattopardo di Luchino Visconti.
Burt Lancaster (Burton Stephen Lancaster) Altri nomi: (Hecht-Hill-Lancaster / Lancaster ) 2 novembre 1913, New York City (New York - USA) - 20 Ottobre 1994, Century City (California - USA). Interpreta Don Fabrizio, il principe di Salina nel film di Luchino Visconti Il gattopardo.

domenica 10 agosto 2014 - Focus

Si sta svolgendo in questi giorni il festival di Locarno. MYmovies.it partecipa in forze e informa quotidianamente. Il mio è un focus diverso. La manifestazione, nel tempo - lungo, è nata nel 1946 -, ha saputo accreditarsi a fronte di una concorrenza quasi feroce. Finito "Locarno" partirà "Venezia", e quasi subito "Roma". E poi ci sono tutti gli altri: sono centinaia i "festival" solo da noi. Una menzione per le major: Oscar, Cannes, Golden, Berlino, Donatello, e via dicendo. Il problema è darsi un'identità. Ciascuna di quelle manifestazioni si accredita secondo spettacolo, qualità, "paesi lontani", cinema underground e così via. Locarno nella sua storia ha mostrato molte anime, anche diverse, magari opposte. La partenza era grande e nobile, ecco, a campione, alcuni titoli del principio, dal 1946: Dieci piccoli indiani (Clair), Il silenzio è d'oro (Clair), Germania anno zero (Rossellini), Bill sei grande! (Ford), Giulio Cesare (Mankiewicz). Ed ecco gli ultimi: Parque vìa, She, a Chinese, Winter Vocation, Aprire porte e finestre, La fille de nulle part. Non serve citare chi li ha firmati. Un paragone, fra allora e adesso, è improprio e grottesco. Il segnale è, se vogliamo essere benevoli, che il festival ha cambiato identità: adesso film cosiddetti da cinefili o "di nicchia". Non sono a Locarno e vedrò i film più avanti, se troveranno un distributore.
Devo confessare un mio pregiudizio nei confronti del festival. Lo devo a un film dello scorso anno, che ebbe un premio minore, il "Don Chisciotte". Il titolo è Sangue, di Pippo Delbono. Ecco il mio intervento sul dizionario Farinotti, brevissimo: "Delbono mostra l'agonia della mamma. Senzani, il brigatista racconta con orgoglio come uccise Peci. Girato col cellulare e una digitale. I due si accreditano come maestri di memoria storica. Raramente si è visto di peggio dal 1895". Un film come questo, per di più premiato, ribadisco, valeva il pregiudizio. Dico che quest'anno gli organizzatori si sono... riabilitati. Il programma è ricco e... sincretico. Titoli di un certo appeal per vasto pubblico, come Lucy con Scarlett Johansson e Sils Maria con Juliette Binoche. Ma queste dive sono un "contorno", non è alla cassetta che punta la manifestazione. Valgono invece due "memorie", decisamente importanti che vengono proposte. Una per i 70 anni che compie Jean Pierre Léaud, il ragazzino dei 400 colpi di Truffaut. I due sono poi ... cresciuti insieme. E poi la retrospettiva Titanus. Il focus è su quel marchio. La società ha un secolo. Si può dire, in una didascalia semplice, magari un po' (pochissimo) arbitraria, che la Titanus "è" il cinema italiano. La stirpe dei Lombardo ha prodotto opere di tutti i generi. Non basterebbe un libro intero. Trattasi di piattaforma davvero onnicomprensiva. Le major americane facevano film di ogni genere, ma erano connotate secondo cultura: la Metro per lo sfarzo, la Warner per i "gangster", l'Universal per i western e così via. La cultura della Titanus era completa. Rileggere certi titoli e certi nomi adesso... fa impressione. Si comincia dagli anni dieci, un titolo esemplare, Cabiria. Risalendo nei decenni, nel 1937 la società fa un tentativo con un carattere che sembra promettente, il titolo è Fermo con le mani, il "carattere" è Totò. La traiettoria sarà lunga. Alla fine degli anni quaranta la Titanus "inventa" la formula Matarazzo regista- Nazzari-Sanson attori. Il primo film è Catene. Ne segue una serie che crea un codice mélo che fa impazzire il pubblico, soprattutto femminile, italiano. Quei film diventano un modello cui guarda anche Hollywood. Douglas Sirk, hollywoodiano di origine tedesca, racconta storie passionali, con controllate cadute nel sentimentalismo, il tutto vicino al nostro Matarazzo. Come Sirk ha sempre ammesso. Negli anni cinquanta è la volta del trittico Pane e amore. Capolavori che non hanno perduto niente della loro "vedibilità", e fanno conoscere tali Lollobrigida e Loren. E poi quegli autori che trascendono il cinema per diventare artisti generali: Rossellini (Viaggio in Italia), Antonioni (Le amiche), Fellini (Il bidone), De Sica (La ciociara), Pasolini (Il vangelo secondo Matteo). E poi Visconti, con Rocco e i suoi fratelli e Il gattopardo. Questo titolo merita una sottolineatura, per la qualità naturalmente e per l'enorme impegno economico. La riduzione del romanzo di Lampedusa costà alla società un ridimensionamento grave. Un capolavoro pagato a caro prezzo. Ma... ne valeva la pena. Davvero una bella memoria, quella di Locarno. Opportuna, di questi tempi.

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