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Cannes, che meraviglie

Gran Premio della Giuria a Le meraviglie, Palma d'Oro a Winter Sleep
di Giancarlo Zappoli

In foto la regista de Le meraviglie Alice Rohrwacher.
Alice Rohrwacher (42 anni) 29 dicembre 1981, Fiesole (Italia) - Capricorno. Regista del film Le meraviglie.

sabato 24 maggio 2014 - News

L'edizione 2014 del Festival di cinema più importante nel mondo si è conclusa con un giorno di anticipo sulla tradizionale durata ed è quindi tempo di bilanci. Per quanto riguarda la Competizione ufficiale il quadro complessivo si è presentato come di buona qualità con alcune eccellenze ma anche con qualche presenza che ci si sarebbe tranquillamente potuto evitare. Come spesso capita poi nelle altre sezioni si sono trovate opere che avrebbero potuto essere collocate più al centro della kermesse e che invece, per una molteplicità di ragioni come la storia dei festival ci insegna, sono finite altrove. Spetta al fiuto degli addetti ai lavori andarle a scovare nell'overdose di offerte e di orari sovrapposti.
Una delle risposte possibili a proposito di presenze e assenze sta nel fatto che il problema di Cannes è fondamentalmente quello dei registi 'abbonati'. La manifestazione che si svolge sulla Croisette ha un pregio che talvolta si rivela un difetto: si affeziona ai registi. Non importa se la qualità della loro ultima opera sia più o meno elevata. L'importante è mostrare loro l'amore che il festival prova nei loro confronti. Ecco allora che Egoyan è presente con uno dei film meno riusciti della sua importante carriera (Captives) e che Bonello ci ha presentato un Saint Laurent in confronto al quale quello visto a Berlino era un capolavoro. Ai tempi in cui Manoel De Oliveira era ancora molto attivo, su uno dei daily del festival si lesse che se Cannes avesse avuto 4 edizioni all'anno il Maestro portoghese avrebbe girato 4 film e glieli avrebbero presi tutti in Concorso.
Fortunatamente però c'è anche l'altro lato della medaglia. I direttori che si sono succeduti sotto lo sguardo vigile di Monsieur Jacob hanno mostrato tutti e sempre una caratteristica che li accomuna: saper puntare su registi emergenti o, comunque, avere il coraggio di rischiare. È quanto ha fatto e continua a fare anche il brillante Thierry Frémaux. Lo ha dimostrato mettendo in Concorso il venticinquenne Xavier Dolan con un film (Mommy) in cui si conferma la straordinaria capacità dell'autore di scrivere storie e dirigere magistralmente attori confrontandosi con tematiche difficili come quelle di giovani e adulti dall'esistenza problematica. A questo proposito va sottolineato come i giovani siano stati al centro quest'anno di numerosi film e non solo della Competizione ufficiale quasi a segnalare l'attenzione del cinema per questa fase della vita che si rivela sempre più complessa e difficile. Dal bambino ceceno di The Search all'adolescente psichicamente disturbato del già citato Mommy passando per i fratelli cronenberghianamente problematici di Maps to the Stars è stato tutto un susseguirsi di volti nuovi e di disagi che si ripropongono. Ivi compresi il giovane batterista di Whiplash presentato alla Quinzaine (che ha entusiasmato i presenti molti di più di quanto non abbiano fatto diversi film in Concorso nella Competizione ufficiale) e le ragazze in cerca di un proprio posto nel mondo di Bande de filles (anche loro in Quinzaine).
Dicevamo però dei rischi presi da Frémaux il quale non solo ha puntato su un giovane ma ha riportato in competizione un grande vecchio come Jean-Luc Godard che a 83 anni non ha smesso di sperimentare e di mettersi in gioco mostrando una libertà che solo i grandi Maestri si possono permettere dividendo, come sempre, pubblico e critica. Il tempo presente, con le sue problematiche sociali, ha marcato significativamente questa edizione. Il lavoro come forma di indipendenza ha attratto Alice Rohrwacher (Le meraviglie) mentre i Dardenne sono tornati ad affrontarlo in una delle sue manifestazioni più problematiche, la perdita dello stesso, in Deux jours, une nuit. Le discriminazioni e le conseguenze di guerre più o meno dichiarate hanno avuto ampio spazio nelle diverse sezioni anche se con esiti diversi che hanno mostrato e dimostrato come, anche nell'era del digitale, le modalità espressive possano ancora manifestarsi con un'ampia varietà di stili legati anche alle radici culturali dei diversi autori. Basti pensare alla famiglia perseguitata dagli integralisti islamici in Timbuktu di Sissako o al bambino disperso e intimamente disperato di The Search di Hazanavicius passando per lo scontro di etnie del Geronimo di Gatlif fino a giungere al film vincitore di Un Certain Regard (White God di Kornél Mundruczó). Ivi compreso il sofferto senso di alienazione dell'aborigeno protagonista di Charlie's Country interpretato da un David Gulpilil degno vincitore del premio come migliore attore della stessa sezione. Tutto ciò senza dimenticare un conflitto del recente passato (I ponti di Sarajevo) riletto da 13 registi e la più potenzialmente esplosiva realtà attuale con il documentario sull'omonima piazza di Kiev di Sergei Loznitsa (Maidan). Ora non resta che attendere il verdetto della Giuria. Quello della critica internazionale c'è già stato e si divide tra il cechoviano Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan e Mommy di Xavier Dolan, due film al contempo molto diversi ma anche molto vicini nella loro esplicitazione dello stretto e produttivo rapporto attori/regista.

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I PREMI:

Palma d'Oro al miglior film: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan
Gran Premio della Giuria: Le meraviglie di Alice Rorwacher
Miglior regia: Bennett Miller per Foxcatcher
Premio della giuria: ex-aequo Mommy di Xavier Dolan e Adieu au Langage di Jean Luc Godard
Miglior sceneggiatura: David Peoples e Jeb Stuart per Leviathan
Miglior attrice: Julianne Moore per Maps to the Stars
Miglior attore: Timothy Spall per Mr. Turner
Camera d'Or: Party Girl

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