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Il cinema in movimento

Star Trek universo in espansione.
di Roy Menarini


lunedì 17 giugno 2013 - Focus

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

Into Darkness - Star Trek è uno di quei film che deve essere possibilmente visto in 3D pena la perdita delle dimensioni spaziali, fisiche e persino emotive dell'azione. Il piacere quasi tattile procurato da J.J. Abrams, che fino ad ora non si era certo distinto per l'attenzione alla tridimensionalità, ci riporta una volta di più al problema della terza dimensione al cinema. La nuova ondata cominciata con Avatar e trionfante nei mesi immediatamente successivi, ha in seguito subito una battuta d'arresto, ma - a differenza di quel che pensavano gli scettici - non si è dissolta come neve al sole. Bisogna per una volta dare atto all'industria dell'entertainment di aver fatto bene i propri calcoli, usando il 3D per velocizzare una digitalizzazione intensiva delle sale e portando nuovo pubblico davanti agli schermi, quello stesso che rischiava di migrare in fretta verso altre forme di intrattenimentomultimediale. Il saldo è positivo, al netto di un'immancabile percentuale di furbate e di trasformazioni coatte in 3D senza interesse alcuno.

Curiosamente, però, sono proprio i grandi registi cinefili ad aver intuito il potenziale tridimensionale, tanto è vero che a detta di molti sono proprio i film di James Cameron, Hugo Cabret di Martin Scorsese, Il grande e potente Oz di Sam Raimi, Cave of Forgotten Dreams di Herzog, Pina 3D di Wenders e ora il nuovo capitolo della saga Star Trek di Abrams ad aver esperito i limiti della nuova tecnica. Tutti autori che trovano nel dialogo con il passato o nell'innovazione radicale a partire dal cinema tradizionale il loro trampolino di lancio. Per Cameron il modello è De Mille, per Scorsese è stato Méliès, per Raimi persino il pre-cinema e le invenzioni di Edison, per Abrams il cinema di Spielberg degli anni Ottanta e il rispetto verso la tradizione trekkista. Grazie all'attenzione verso il fandom, sviluppata in veste di abilissimo creatore di serie tv, Into Darkness diventa un monumento a Star Trek II: L'ira di Khan, il film più amato tra i lungometraggi della Enterprise, l'unico davvero entrato nei cuori e nel culto degli appassionati.

Bisogna dunque contestare una volta per tutte l'assunto secondo il quale il 3D serve solo a fare cassa o a rivitalizzare lo smunto panorama del cinema contemporaneo. Queste posizioni di arroccamento e reazione sono le stesse che portano a demonizzare i social network come luogo di inautenticità sociale, o i videogame come strumento della dipendenza psicologica dalla macchina, o i multiplex in quanto espressione dello strapotere del mercato. Sono ben altre le battaglie da compiere, come quella nei confronti degli oligopoli e delle concentrazioni di potere nell'audiovisivo, piuttosto che banalizzare i new media e il 3D come scelte culturali triviali. E se un film di alta qualità come Into Darkness dimostra quanta intelligenza alberghi ancora a Hollywood e quanto lontano i discorsi che ne derivano possano spingersi, ben vengano molti altri sequel e prequel.

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