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ONDA&FUORIONDA

Dustin Hoffman premiato alla Casa Bianca. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama stringe la mano all'attore Dustin Hoffman in occasione del Premio Kennedy Center Honoris.
Dustin Hoffman (Dustin Lee Hoffman) (86 anni) 8 agosto 1937, Los Angeles (California - USA) - Leone.

domenica 9 dicembre 2012 - News

Artisti che hanno influenzato la cultura americana".
È questa la motivazione del Premio Kennedy Center Honoris che Barack Obama ha attribuito ad alcuni artisti, tutti leader naturalmente. Fra i premiati, oltre ai Led Zeppelin e altri musicisti, alla ballerina Natalia Makarova e al conduttore televisivo David Letterman, un attore: Dustin Hoffman.
Nell'era moderna, quando il cinema ha prevalso su tutte le comunicazioni e discipline, forse è legittimo legare un grande attore al concetto, e al privilegio, di "cultura". Ma è, appunto, una conquista abbastanza recente. Nel romanzo "Il filo del rasoio", di Somerset Maugham, del 1944, divenuto film nel 1946, il personaggio di Templeton, -siamo ai primi anni venti- colto ed elegante, che frequenta il gran mondo, diplomatici, nobili, artisti e scrittori, notando a un cena importante un'attrice, con un moto, palese di fastidio, dice : "adesso ci sono persino gli attori, in società."
Nei decenni l'evoluzione c'è stata e gli attori, quelli grandi almeno, si sono insediati nel pantheon.

A cuore
Fine della digressione: l'argomento mi sta a cuore. Detto questo, Dustin Hoffman: si è certo abituato ai riconoscimenti: ricordiamo semplicemente i due Oscar da protagonista, con Kramer contro Kramer e Rain Man ed è certamente un modello, un indicatore che ha importanti responsabilità nella "cultura" americana. Le virgolette perché quella parola, lo ribadisco, va applicata al cinema con molta prudenza. Ma non c'è dubbio che i grandi attori, i semidei, abbiano trasferito, dallo schermo, se non la cultura, certo esempi decisivi. E non c'è dubbio che il cinema possegga, in questo senso, grande efficacia: è un divulgatore potente, un vettore che raccoglie idee nate altrove e poi le trasferisce "secondo cinema", cioè con impatti di estetica, di sentimento, di musica, spesso irresistibili. Insomma è molto, molto importante.
Ci sono attori che hanno prevalso rispetto ai colleghi coetanei. Risalendo nelle epoche indico, per la prima fase di cinema adulto (parlato), Gary Cooper, l'eroe assoluto, padre, marito, giovane. Senza macchia. Nel gruppo successivo si segnala Paul Newman, ribelle credibile, eroe umano nei tempi che cambiavano, attento ai diritti umani e ai "peccati" americani. La generazione di Hoffman è un vero sortilegio. Nati nel 1937: oltre a lui, Robert Redford, Jack Nicholson, Jane Fonda, Warren Beatty. Gente che ha fatto davvero tanto. Oscar piovuti a decine, indicazioni umane e sociali alte, buone per l'America e il per il mondo. Se avessi scelto io il premiato avrei prediletto Robert Redford. Certo più completo di Hoffman, per la sua azione di attore, regista, produttore: gli si deve il Sundance Institute e Festival, coi quali ha valorizzato tanti giovani cineasti di talento, che non sarebbero, letteralmente, esistiti senza di lui. Portatori di contenuti importanti e progressisti.

Generazione
Quella generazione presenta anche un Woody Allen (1935), Al Pacino (1940) e Robert De Niro (1943). Quanto cinema, e che livelli. Come si dice: una bella gara. Un recente sondaggio ha indicato in Al Pacino l'attore più amato dagli americani. Certo trattasi di una discrezionalità che lascia tanti margini. E De Niro? Invecchiando si è inflazionato, e indebolito, ma chi potrebbe contestargli un riconoscimento. Forse, se si discrimina, per sottigliezze, può valere questo concetto: quelle di Pacino e De Niro, e anche di Nicholson, sono immense prove d'attore, quelle di Hoffman sono anche prove di uomo. Perché un uomo piccolo e bruttino è riuscito a imporsi come protagonista in tutti i ruoli, anche come "amoroso"? Per talento, naturalmente, e per umanità. Fra i suoi colleghi è stato il primo a diventare un divo, ed essere popolare dovunque, col celebre Laureato. Aveva trent'anni, anche se sembrava un ragazzino, un neolaureato, appunto. La sua filmografia è immensa, caratteri di tutti i generi, come ho detto. Dunque occorre una selezione non facile. Come sempre vale la prima memoria, quella di getto. In Kramer contro Kramer attirò l'attenzione del mondo sul problema del divorzio. Si accreditava come padre migliore della madre nella matriarcale società americana. Fu un terremoto giuridico. In Tutti gli uomini del presidente, in coppia con Redford scopriva, e di fatto "puniva" la corruzione del Presidente degli Stati Uniti. Due ruoli fra gli infiniti. Un'ultima citazione. Nel film La giuria Hoffman, ormai anziano, è un avvocato che affronta una multinazionale che produce armi. L'organizzazione, potentissima, ha già corrotto la giuria, ma non riesce a corrompere Dustin, che vince la causa. Ancora qualcosa di nobile per l'attore. Tornando al concetto iniziale del cinema come magnifico mediatore di idee nate altrove: "altrove" significa letteratura. Il laureato: romanzo di Charles Webb; Kramer contro Kramer: romanzo di Avery Corman; Tutti gli uomini del presidente: libro di Bernstein e Woodward; La giuria: romanzo di John Grisham. La cultura viene dallo scrittore. Poi arriva l'attore, a divulgare.

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