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Colpo d'occhio: Tutto l'amore che (non) c'è tra critico e artista

Il triangolo amoroso di Sergio Rubini riflette sulla relazione critico-artista.
di Marzia Gandolfi

Viaggio d'artista

martedì 18 marzo 2008 - Incontri

Viaggio d'artista
Per ragioni interiori ed espressive il cinema di Sergio Rubini va a sud, verso la terra delle origini, uno spazio mentale impressionato da magia e fatalismo e uno spazio geografico da cedere al miglior offerente. E proprio dalla Puglia potrebbe ipoteticamente muovere il viaggio dell'artista di Riccardo Scamarcio, uno scultore di provincia desideroso di affermare la sua arte nella Capitale. Colpo d'occhio, come La terra, si svolge su due piani: il primo è quello del genere, il secondo è quello più sottile ma intelligibile della tragedia. Un triangolo amoroso, due uomini e una donna (un artista, una musa e un critico d'arte), che non soggiace alle regole della commedia né del meló, assomiglia piuttosto ad uno "psico-thriller" del quale si sfiora la superficie e quasi mai si attinge il fondo. In questa sacra triade il lato debole è l'uomo-artista, che il critico di Rubini getta con una certa crudeltà incontro al suo destino. Lo sguardo di Rubini è più fermo e più libero sul personaggio femminile, interpretato da Vittoria Puccini, la giovanissima amante del critico d'arte che rifiuterà la convivenza con un uomo che potrebbe esserle padre e non ha l'autorità di esserle compagno. Affrancatosi dall'autobiografismo regionale e dalla descrizione delle radici e dell'odio-amore per la famiglia, Sergio Rubini gira un film insolito e ambizioso sulla relazione critico-artista, che finisce però per ricalcare diffusi luoghi comuni. Forse perché le caratteristiche così antitetiche dei protagonisti sono decise a tavolino da una sceneggiatura schematica, in cui tutto torna, anche l'imprevedibilità dell'arte, in cui tutto è calcolato, persino l'accidentalità della vita.

Indovina chi viene a cena
Conosco Riccardo Scamarcio da diverso tempo, in passato aveva fatto alcuni provini per i miei film girati in Puglia, ma alla fine non lo sceglievo mai. Sapevo che lui nutriva stima e simpatia per me ma il fatto è che i miei personaggi non erano mai giusti per lui, non erano mai ambigui. Colpo d'occhio invece è un film che pretende di riferire la realtà e invece la simula. Riccardo è portatore proprio di questa indeterminatezza perché ha questo volto da ragazzino e allo stesso tempo adulto. La sua giovane età non gli impedisce di essere un attore solido, di saper interpretare un uomo di peso, con le spalle larghe. Un giorno decisi di incontrarlo e così lo invitai a casa mia. Fu nell'attesa del suo arrivo che cominciai a farmi domande curiose e bizzarre, le stesse che poi hanno ispirato il mio film. Mi chiedevo cosa sarebbe successo se questo ragazzo avesse trovato ad attenderlo un regista invidioso fino al punto di volerlo ammazzare, perché è giovane o soltanto perché è Riccardo Scamarcio. O se al contrario, lui stesso invece di affiliarsi avesse desiderato portarmi via tutto, anche gli affetti. Al centro di questo conflitto c'è il successo, non quello becero della televisione, la formula ricchi-ignoranti-famosi, piuttosto un successo nobile, essere cioè riconosciuti per quello che si vale.

Vissi d'arte, vissi d'amore
Quando cominciai a scrivere Colpo d'occhio pensavo il mio artista-protagonista come un musicista. Mi piaceva l'idea e mi ci ero affezionato perché io sono un appassionato di musica classica ed ero sicuro di potermi muovere bene in questa dimensione. Poi Riccardo, avendo la madre pittrice, mi propose la pittura, che mi sedusse subito. Riflettendoci però, capii che la pittura non avrebbe funzionato al cinema, una superficie piatta si sarebbe sommata ad un'altra. Ricorsi allora alla tridimensionalità della scultura, decisamente più efficace sullo schermo. Ho fatto così un breve viaggio nell'arte contemporanea, che non mi appartiene per formazione. Sono figlio di un capostazione con l'hobby per la pittura e la passione per gli Impressionisti e fin da ragazzo sono stato parcheggiato davanti ai quadri di Paul Cézanne. Per questa ragione è stata fondamentale la consulenza artistica di Gianni Dessì, che prima di girare il film conoscevo soltanto come artista. Le opere del film sono tutte sue creazioni, il rapporto con lui è stato intenso e fondamentale.

Il critico e l'artista
Io credo molto nella critica, anche in quella cinematografica. Sono sempre molto attento, la seguo, la leggo. Il rapporto tra il critico e l'artista è un rapporto senza dubbio conflittuale ma necessario. Ogni opera concepita da un artista ha un senso nel momento in cui c'è qualcuno a dargli quel senso. In fondo il critico e l'artista sono due presuntuosi, si attraggono e poi si respingono ma nessuno di loro può fare a meno dell'altro. Questo film comunque è contro i critici, perché se mi chiedessero mai di scegliere chi salvare, salverei sempre l'artista. L'istintività, la leggerezza e la superficialità contro la razionalità. L'artista è in grado di commuoversi, di piangere, di cambiare idea passando ad altro, chi abusa della ragione, al contrario, non corregge mai la marcia e diventa cinico.

Il mestiere dell'attore
La vera sfida in questo film è stata la recitazione, a cui mi sono appassionato. Questo film è un dramma e aveva bisogno di una struttura forte anche dal punto di vista interpretativo. Sono stato costretto a lavorare dentro una costruzione. Io venivo da film dove l'improvvisazione è tutto ed è indubbiamente un metodo a me congeniale, ma in Colpo d'occhio mi veniva richiesta un'interpretazione meno naturalista e più teatrale. Altrettanto difficile ma interessante è stato lavorare con Vittoria Puccini, lei è un'attrice curiosa e diversa da tutte le colleghe della sua generazione. Riesce ad essere sempre disarmante, intensa e distante allo stesso tempo, una caratteristica questa che ho sempre riscontrato nelle attrici degli anni Cinquanta.

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