Jacques de Vaucanson fu un illuminato inventore del XVIII secolo presso la corte francese, celebre per la creazione di mirabilanti automi ancora oggi non superati per versatilità.
Ed è un presunto suo atoma che diventa il fil rouge dell'ultima opera di Giuseppe Tornatore.
In un complesso ingranaggio si dipana un intenso e perfettamente cadenzato thriller che ci riporta ai tempi de "La sconosciuta".
Siamo a Roma, e Virgil Oldman, freddo e calcolatore battitore d'asta si ritrova a confrontarsi con una giovane donna problematica e dal passato (e presente) alquanto oscuri e tormentati. Virgil ormai è avanti con l'età e, inaridito dalla solitudine, ritrova la sua umanità solo al confronto con le grandi opere del passato ed in particolare con i grandi ritratti femminili.
La storia dell'incontro tra 2 anime che sono diventate chiuse e sterili dai rispettivi passati e la graduale scoperta di sentimenti assopiti, evolve parallelamente alla scoperta di ingranaggi che ricompongo un automa di Vaucanson, meravigliosa riproduzione di un umano e come l'automa dovranno fare i conti con il rapporto tra realtà e sua riproduzione.
Tornatore costruisce un intenso e misterioso thriller psicologico dalla doppia lettura.
La prima, quella più evidente, sui rapporti umani, sui rapporti di fiducia e sul sentimento intergenerazionale.
La seconda lo avvicina invece all'ultimo cinema di Kiarostami che già ci aveva presentato con il suo "Copia conforme" il tema del rapporto tra arte e realtà, tra la riproduzione della realtà e la realtà stessa, sicuramente con appiglio meno filosofico e forse più disincantato e amaro.
C'è da dire che forse non tutti gli ingranaggi dell'automa di Tornatore alla fine si muovono in maniera corretta e qualche piccola imperfezione e disattenzione sottolinea come l'automa perfetto non sia ancora stato creato, di certo nel complesso il film si dipana con il giusto pathos, il ritmo perfetto e la giusta dose di colpi di scena ben calibrati, tanto da mettere in secondo piano quei piccoli difetti di fabbrica che sono comunque notabili più da attenta e pignola analisi.
I protagonisti, un meraviglioso George Rush (premio Oscar per "Il discorso del Re") ed una magnetica Sylvia Hoeks duettano in maniera convincente ed affascinante, aiutati da una fotografia a dir poco perfetta (l'ultima scena meravigliosa) e da una colonna sonora del Maestro Morricone.
Da vedere
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