Ammetto di non essere un amante del genere fantascientifico, se non in rarissimi casi. Mi sono avvicinato a Cloud Atlas incuriosito dalla trama che veniva annunciato complessa ed articolata e dalla mega produzione tedesca (si parla del più costoso film indipendente della storia); i registi, gli stessi di Matrix, sarebbero dovuti essere una garanzia.
Ok, ammetto di non aver mai amato nemmeno Matrix ma certo non gli posso negare originalità e pionierismo di alcuni aspetti di quel genere cinematografico.
Questa originalità manca in maniera TOTALE da tutto "Cloud Atlas": una lunga, lunghissima accozzaglia di luoghi comuni, di scene viste e riviste, per un'estenuante maratona di 3 ore che dopo i primi 120 minuti (ad essere gentili) diventano davvero indigeste!
Quello che c'è da riconoscere ai registi è di conoscere la cinematografia passata ed i genere cinematografici e, nell'ingarbugliato incrocio dei 6 episodi, ce li mettono tutti, e tutti ben distinti.
Si riconosce il film in costume, d'azione, la commedia, il dramma, il fantascientifico ed addirittura il post-apocalittico, tutti ben delineati, con i vari luoghi comuni segnalati ed evidenziati;dalla tratta dei neri, alla commedia sulla terza età, al banalissimo, scontatissimo, praticamente irritante thriller spionistico, all'amore tragico omosessuale (ma mai una volta che 2 omosessuali finiscano bene, eh?), fino alla imbarazzante autocitazione da Matrix e i luoghi comuni post apocalittici (con un doppiaggio al limite del ridicolo), il film presto prende una piega fastidiosa che fa dubitare pesantemente della buonafede dei registi.
Se questo non bastasse, va a pesare l'arroganza di voler inserire messaggi dotti e filosofici, con riferimenti cinematografici, storici, religiosi in un contesto che non può e non sa fruirne.
Così assistiamo esterreffatti, infastiditi e forse persino arrabbiati, all'abuso della tematica dell'olocausto rivista in chiave fantascientifico/splatter (a proposito... troppo sangue ridicolizza, non aumenta il pathos), a citazioni religiose fino a rivedere nel personaggio di Sonmi~451 (che riporta nel numero l'ulteriore riferimento a " Fahrenheit 451", romanzo di fantascienza celebrato al cinema da F. Truffaut) una sorta di Messia, di Cristo portato al martirio, o a rivisitazioni varie di figure cinematografiche usate e riusate.
C'è da dire che i fratelli Wachowski provano, nei pensieri riportati dei vari personaggi, anche a trasmettere quella sorta di cinema filosofico introspettivo tipico di Terrence Malick, ma senza minimamente riuscirci e ribadendo di continuo lo stesso, sterile messaggio che con molto meno (soldi, loro, e pazienza, noi) sarebbe arrivato.
Sugli attori c'è da dire che la sensazione sia quella del solito uso di nomi famosi per fare da richiamo, ma nulla e ripeto nulla posso dire che sia memorabile nelle loro interpretazioni.
In merito a questo messaggio, all'esistenza umana come risultato delle nostre scelte e della storia prima e dopo di noi, vi rimanderei a recuperare "Almanya - La mia famiglia va in Germania", piccolo film tedesco passato in sordina nelle nostre sale l'anno passato: con un piccolo film e piccoli attori, trasmette meglio e più intensamente lo stesso significato.
Il mio consiglio? Evitatelo! Meglio 2 piccoli ma intensi film di un'ora e mezzo che 6 scadenti per tre lunghissime ore!
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