Con Habemus Papam, un film sorprendentemente empatico con il sentire comune della gente cristiana, Nanni Moretti lancia un messaggio chiaro e deciso alla Chiesa: l’invito a riflettere e guardarsi allo specchio per analizzare i propri errori, fare autocritica, e poi magari tornare a scendere in campo per venire - davvero - incontro alla gente.
Stupisce che a lanciare un messaggio di tale portata e di tale levatura sia un ateo - dichiaratamente non credente - come il regista romano.
L’accostamento reale alla gente comune è probabilmente il lato mancante della Chiesa contemporanea: Habemus Papam lo sottolinea in modo magistrale, e Le lancia un invito, quasi un accorato appello, ad uscire dalle proprie mura, dai propri dogmi, e ad andare incontro ai veri bisogni della gente, che la Chiesa, da secoli rinchiusa nelle sue alte mura, non è forse più in grado di riconoscere e capire.
Emblematica, in tal senso, la sequenza in cui un Cardinale vorrebbe giocare a “Palla avvelenata”, sentendosi rispondere, con sdegno misto a stupore, che è un gioco che non esiste più da almeno cinquanta anni: viene così sottolineato lo stato di perenne isolamento sensoriale che le sfere ecclesiastiche vivono ormai da secoli.
Il Papa Morettiano dipinto nella pellicola è forse il miglior Papa della storia, il Papa che non c’è mai stato... il Papa che decide di scendere dal suo trono per camminare tra la gente, carpirne gli umori e capirne le necessità.
Tutto il film è una metafora in tal senso: quando il Papa entra in crisi (una grandiosa metafora della crisi di incapacità di comunicare della chiesa contemporanea) tutti in Vaticano, dal primo dei Cardinali al responsabile della comunicazione, si preoccupano soprattutto di salvare le apparenze con stampa e tv, fermandosi alle classiche frasi di rito, per continuare a sentirsi protetti ed al sicuro, non avendo il coraggio di provare a fare un passo in avanti per cercare di capire quale sia la reale natura del problema. Di fronte alla improvvisa debacle del neo Papa, si viene a creare una sorta di sospensione temporale nei confronti del mondo, simboleggiata dalle alte mura Vaticane, con lo scopo di poter mostrare alla gente, alla fine della vicenda, solo la faccia colma di giubilo al momento del tanto atteso annuncio solenne che dà il titolo al film, come se non fosse mai successo nulla.
Il neo-Papa in crisi, che gira di notte tra la gente, è uno splendido ritratto della Chiesa che forse la gente vorrebbe, una Chiesa più vicina alle difficoltà, alle paure, ai disagi ed alle incertezze delle persone.
Fortemente simbolico il finale: il Papa che finalmente trova il coraggio di mettersi in discussione, rinuncia alla carica, consapevole che la Chiesa attuale, forse, non può esistere così.
Da sottolineare, infine, un altro aspetto degno di nota della pellicola: la critica all’eccesso di fede nella psicoanalisi, da sempre rivale della fede mistica: un lato dell’ironia viene infatti riservato, a garanzia della par condicio di una visione globale, agli stessi psicoanalisti protagonisti del film (lo stesso Moretti e Margherita Buy), che tendono a ripetere sempre le stesse cose a prescindere dalla situazione.
[+] lascia un commento a daniele frantellizzi »
[ - ] lascia un commento a daniele frantellizzi »
|