Tutta colpa di Freud |
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Un film di Paolo Genovese.
Con Marco Giallini, Anna Foglietta, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni.
continua»
Commedia,
- Italia 2014.
- Medusa
uscita giovedì 23 gennaio 2014.
MYMONETRO
Tutta colpa di Freud
valutazione media:
2,77
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Provaci ancora, Paolodi Daniele FrantellizziFeedback: 1824 | altri commenti e recensioni di Daniele Frantellizzi |
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lunedì 3 febbraio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il maggior interesse derivante dalla visione di questo “Tutta colpa di Freud” è legato all’interpretazione di Marco Giallini: barba folta a renderne saggio l’aspetto ed occhialoni ad intellettualizzare il tutto, l’interprete romano - a mio avviso il miglior attore italiano del momento - è formidabile nell’interpretare uno psicanalista che è anche padre e uomo, con tutte le relative paure, ansie, passioni - e pulsioni - che ne derivano. Davvero straordinario nel dar vita alle varie sfaccettature della personalità, Giallini inietta sangue pulsante nelle vene di un personaggio che altrimenti rischiava di essere piuttosto incorporeo, cioè banale e prevedibile. Per il resto, la nuova pellicola firmata Genovese è piuttosto scialba e soprattutto caotica. Il punto debole più evidente è la struttura narrativa: debole, sfilacciata, superficiale ed incoerente. Guardando il film, si avverte la totale mancanza di profondità e l’intero assetto sembra costruito su una bozza di soggetto con una sceneggiatura appena accennata. Peccato, perché quanto (intra)visto pareva anche interessante: il tentativo di descrivere, senza prendersi troppo sul serio, le molteplici facce dell’innamoramento attraverso il racconto delle storie d’amore di tre sorelle caratterialmente molto diverse tra loro. Il tutto unito all’intento di proporre e ragionare su tematiche sociali importanti, come la disabilità, l’omosessualità, la crisi di coppia, etc. Peccato (davvero) che il risultato finale confluisca solamente in un guazzabuglio di situazioni decisamente estremizzate e piuttosto farsesche. Dopo un avvio piacevolmente sorprendente, la pellicola si trasforma presto in un circo sensoriale, in cui le tematiche trattate vengono esagerate all’inverosimile e si mostrano prive di ogni struttura narrativa: i personaggi si mescolano tra di loro quasi casualmente ed interagiscono in maniera assolutamente superficiale e caotica. Alcune scene sono troppo drammatiche per far ridere, ed altre troppo farsesche per far riflettere. Alcune situazioni proposte, come il doppio accenno al suicidio o l’interazione con la disabilità sensoriale, sono presentate in maniera troppo forte per una commedia; se l’idea era invece quella di realizzare un film di contenuto, allora la loro trattazione è decisamente superficiale, oltre che in aperto contrasto con il mood che la pellicola sembra voler propone sino a quel momento. La sottotrama che suscita più interesse è forse quella in cui un abile Vinicio Marchioni (a proposito, ma perché nella locandina ha i baffi?) interpreta un ragazzo sordomuto che improvvisamente subisce le attenzioni di una ragazza che si innamora di lui. Ma anche qui le falle derivano dalla sceneggiatura, eccessivamente scarna ed assolutamente lacunosa nel (non) motivare ciò che accade nel film, decontestualizzando ogni situazione da ogni plausibile motivazione. Manca cioè l’elementare principio di causa-effetto nel dipanarsi della vicenda, e sembra di assistere ad uno spot pubblicitario più che ad un film di quasi due ore. Peccato, perché il tentativo originario sembra contenere spunti interessanti, ed il cast (quasi interamente romano) è di valore: parodiando il titolo di una celebre commedia di Woody Allen, invitiamo il bravo Genovese a ritentare nell’impresa di fare il salto di qualità, magari dopo aver fatto un po’ più di ordine in fase di scrittura.
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