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Polanski è un regista che ho sempre ammirato, anche se non ho apprezzato tutto di lui; ma , dopo 'Il pianista', me ne sono innamorato. Sono andato a vedere questo film con qualche aspettativa che, dico subito, non è andata delusa. Innanzitutto per la prova degli attori, tutti perfettamente nella parte: sopra tutti comunque mi è piaciuta la Winslet, forse perché il suo personaggio è il più mosso, meno legato a un cliché, un personaggio che evolve anche durante il film e la cui evoluzione sorprende di più lo spettatore. Il film è graffiante oltremodo e, ahimé, il bersaglio non è purtroppo solo la società americana, ma l'umanità intera. Polanski infatti mostra di non credere più nelle sue possibilità di riscatto: alla fine siamo tutti uguali e tutti condannati alla mediocrità e alla meschinità, indipendentemente dalla maschera che ci sforziamo di assumere nella vita quotidiana. Sotto questo aspetto il film non sempre è condivisibile e tutta la trama non mi sembra coerente con l'ironico e sarcastico finale: forse le nuove generazioni saranno diverse dalla nostra. Almeno lasciateci cullare questa speranza. Proprio ' Il pianista' d'altra parte ci ha insegnato che bene e male non sempre sono distinguibili e che le vicende della vita e della realtà non sono mai intrappolabili in uno schema ideologico, di qualsiasi natura esso sia. Il ritmo è uno dei segreti del film, per cui nonostante la sua sgradevolezza ( dovuta soprattutto al fatto che lo spettatore non può fare il tifo per nessuno dei personaggi), alla fine si esce soddisfatti. Certo non è un film che si concilia con popcorn e coca.
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