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Luis Buñuel

Luis Buñuel è un attore spagnolo, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, montatore, musicista, è nato il 22 febbraio 1900 a Calanda (Spagna) ed è morto il 29 luglio 1983 all'età di 83 anni a Città del Messico (Messico).
Nel 1975 ha ricevuto il premio come miglior regia film straniero al Nastri d'Argento per il film Il fantasma della libertà. Dal 1951 al 1975 Luis Buñuel ha vinto 4 premi: Festival di Cannes (1951, 1959), Festival di Venezia (1969), Nastri d'Argento (1975).

Lo sdoganatore di ogni tabù

A cura di Fabio Secchi Frau

Mentre Hollywood lo considerava un poeta moderno e annunciato, l'Europa guardava alle sue idee come a un'invasione di pensieri che andava a sdoganare ogni tabù, dalla Chiesa alla sessualità, popolando e spopolando (allo stesso tempo) fra le fila dei comunisti e dei capitalisti, e andando a sposare quelle dottrine sessantottine che erano proficui punti di partenza per la sua produzione cinematografica. Considerato una delle fondamenta della settima arte, diventa una stella del movimento surrealista nel campo audio visivo, imponendosi per un'arguta e radicale critica alla razionalità e alla coscienza, al fine di liberare l'inconscio e tutte le sue potenzialità immaginifiche, per raggiungere appunto uno stato conoscitivo che va oltre la realtà: la "sur-realtà". Ma non solo questo nella sua filosofia cinematografica. Anche lo smascheramento, mai brusco e caricaturale, di tutti quei simboli sociali del male che diventano suoi bersagli di critica. Tre i suoi periodi: quello censuratissimo "spagnolo", emblema di tinte surreali e oniriche; quello di maggior consolidamento "messicano", dove firma da pellicole che lui considera commerciali e quello più significativo, leggero e giocoso "francese", connotato dalla magia e dalla semplicità con cui si destreggia nel tessere assieme le sue storie.
Figlio di un proprietario terriero arricchitosi in America e di una diciottenne dalla bellezza straordinaria, crebbe nell'appezzamento del padre fino agli otto anni, totalmente immerso in un mondo fatto di riti bucolici e campestri che ben si sposavano con quelli più sacri e religiosi. Spedito in un collegio di Gesuiti dagli 8 ai 15 anni, matura, per ciò che vede dentro le mura collegiali (violenze sessuali e non dei frati sui minori, abusi di potere, disciplina terribilmente severa che includeva sanguinose punizioni corporali ecc.), un acuto senso anticlericale che sarà uno dei temi principali della sua filmografia.
Uscito dal collegio, passa i restanti anni dell'adolescenza al liceo e finito questo, benché desideri ardentemente frequentare la Schola Cantorum e diventare compositore, osteggiato dal padre viene iscritto alla Facoltà di Agraria di Madrid, nel 1917. Durante gli studi universitari, alla Residencia des Estudiantes, conoscerà coloro che saranno in futuro alcuni dei più illustri rappresentati della cultura spagnola: il poeta Rafael Alberti, il pittore Salvador Dalì, lo scrittore Federico Garcia Lorca e Pepin Bello. Dopo una rapida conoscenza con gli scrittori della "Generazione del '98", comincia a fare qualche esperienza di regia teatrale, alternando il palco al ring, dato che diventa un fanatico del pugilato, sport che lui stesso pratica. Abbandonata la Agraria per la Facoltà di Lettere, allestisce rappresentazioni teatrali e fonda il primo cineclub madrileno. Dopo la laurea, nel 1925, decide con Dalì di trasferirsi a Parigi, trovando un posto come assistente alla regia e attore di Jean Epstein per: Mauprat (1926) e La caduta della casa Usher (1928). Un anno prima sposa Jeanne Buñuel, che gli rimarrà accanto fino alla morte e lo farà diventare padre dei registi Rafael e Juan Luis Buñuel. Continua la gavetta come attore per Jacques Feyder in Carmen (1926) e come assistente regista per Henri Ètiévant e Mario Nalpas ne La Sirène des tropiques (1927).
Con l'aiuto finanziario della madre, riesce nel 1929 a coronare il suo sogno: diventare regista, e firma il suo primo film, Un chien andalou (1929), vero e proprio manifesto del Surrealismo, accolto con entusiasmo dalla critica. Scandalizza i benpensanti, grazie al mecenatismo dei Visconti di Noailles che, rischiando la scomunica, finanziarono la pellicola con Gaston Modot e Lya Lys. Il film che parlava delle difficoltà sessuali di una giovane coppia, venne ritirato dopo 6 giorni dallo Studio 28 di Parigi, che era diventato bersaglio di incursione di squadristi di destra che devastarono più volte il locale. Pochi giorni dopo, il prefetto Chiappe lo vietò.
Uscirà in pubblico soltanto nel 1950 a New York e nel 1951 a Parigi. Messo al bando e con la maggior parte delle copie del suo ultimo film distrutte, Luis Buñuel non si diede per vinto e nel 1932 firmò il documentario Las hurdes, che descriveva le zone più povere e disagiate della Spagna. Il film sarà proibito in patria e Buñuel sarà detestato dalla destra repubblicana, motivo del suo prolungato esilio in Francia.
Fra il 1939 e il 1943, diventa capo editore e capo del dipartimento scritto del Museo d'Arte Moderna di New York e sarà anche un ottimo produttore esecutivo per artisti emergenti fra Stati Uniti e Sud America (Luis Marquina, José Luis Sàenz de Heredia, Nemesio M. Sobrevila). Terminata la Seconda Guerra Mondiale, si trasferirà in Messico, dove potrà iniziare una ben più felice e acclamata carriera registica. Pur cimentandosi con film che lui stesso definì "alimentari" (perché erano pellicole commerciali che gli portavano la pagnotta sul tavolo), questo grandissimo cineasta ebbe modo di esprimere comunque il mondo interiore abbondando nel surrealismo di ogni sequenza onirica, allucinatoria e vagamente schizofrenica che doveva filmare, che però a volte verranno mutilate da produttori e varie censure nazionali che cercheranno di proporle a pubblico conformandole al resto della produzione audiovisiva di quegli anni. Diventato ufficialmente cittadino messicano nel 1948, vincerà la Palma d'Oro come miglior regista al Festival di Cannes per I figli della violenza (1950), pellicola drammatica su vita e morte di alcuni ragazzi disadattati di Città del Messico, guadagnandosi i favori degli intellettuali dell'epoca, fra cui un entusiasta Jacques Prévert. Seguiranno poi i più "alimentari" Le avventure di Robinson Crusoe (1952), Cime tempestose (1953) e L'illusione viaggia in travai (1954), questi ultimi due con la prima fra le sue attrici feticcio: la procace Lilia Prado.
Membro della Giuria del Festival di Cannes nel 1954, firmerà poi il torbido Estasi di un delitto (1955), l'anticristiano Nazarin (1958) che vincerà il Premio Intenazionale a Cannes, e l'altrettanto premiato (Menzione Speciale a Cannes) Violenza per una giovane (1960), storia di una ninfetta che sa ben usare la sua carica erotica per avere ciò che vuole.
Viridiana (1961) - con due dei suoi attori più amati (Francisco Rabal e Fernando Rey) - sarà sicuramente uno dei film più rilevanti nella sua filmografia, perché oltre a essere il primo film girato in Spagna dopo tanti anni di assenza, è anche il vincitore della tanto bramata Palma d'Oro a Cannes. La storia di una bellissima orfana che, decisa a farsi suora e dopo aver ereditato un castello da uno zio ricco, si profonde in opere di carità, ma viene derisa dalle persone che aiuta, lo favorisce la distinzione del suo cinema dalla mole di registi europei che affollano il panorama della settima arte degli anni Sessanta e lo fa entrare di diritto in quella lista di immortali che comprende colleghi con cui lui ha spesso scambi artistici: Alfred Hitchcock, Rouben Mamoulian, Billy Wilder, Willam Wyler e George Cukor.
Attore per Carlos Saura in I cavalieri della vendetta (1964) e per Alberto Isaac in In questo villaggio non ci sono i ladri (1965), torna dietro la macchina da presa con Intolleranza - Simone del deserto (1965), racconto di un monaco eremita e del suo viaggio nel nostro tempo portato dal Maligno stesso. Nonostante il film sia incompiuto, Buñuel vince il premio Fipresci a Venezia e il Premio Speciale della Giuria. Odiato dalla moglie di Salvador Dalì, Gala, rifiuta l'offerta dell'amico di dirigere il sequel della sua opera prima, Un chien andalou, nel 1966, preferendo firmare uno dei suoi film più affascinanti: Bella di giorno (1967) con una masochista e frigida Catherine Deneuve che si prostituisce per uomini come Francisco Rabal, Michel Piccoli, Jean Sorel e Pierre Clémenti. Vinto il Leone d'Oro a Venezia e il premio Pasinetti come miglior film, si prende un periodo di riposo, recitando per Dalton Trumbo in E Johnny prese il fucile (1971). Poi arriva il capolavoro, uno dei pilastri della cinematografia mondiale: Il fascino discreto della borghesia (1972), che raccoglie nel cast tutti gli attori da lui più amati - dalla sempreverde e italianissima Milena Vukotic a Fernando Rey - nella presa di mira surrealista di tutte le istituzioni moderne e borghesi: polizia, esercito, chiesa, politica. Il film ha un successo strepitoso: vince l'Oscar come miglior film straniero, viene nominato anche per la miglior sceneggiatura originale e vince il BAFTA nella stessa categoria.
Firmata la sceneggiatura de Il monaco (1972) di Ado Kyrou, torna alla carica con Il fantasma della libertà (1974), commedia a episodi dove raccoglie un cast tutto italiano (l'immancabile Vukotic, Adriana Asti, Monica Vitti e Adolfo Celi) e grazie al quale vince il Nastro d'Argento come miglior Regista del miglior film straniero. Quell'oscuro oggetto del desiderio (1977) gli farà ottenere la seconda candidatura all'Oscar per la miglior sceneggiatura, poi la sua persona sarà celebrata con il Leone d'Oro alla carriera nel 1982. Morirà di cirrosi al fegato, ma non senza prima convertirsi al cristianesimo (nonostante per lunga parte della sua vita sia stato ateo). Eppure, nonostante la morte Luis Buñuel ancora vive, alcune delle sue sceneggiature hanno trovato compimento e luce solo oggi: è il caso de La novia de medianoche (1997) di Antonio F. Simòn.
Pedro Almodovar gli ha reso esplicitamente omaggio in molti dei suoi film, ma non è solo Almodovar a considerarlo geniale nell'uso di questa feroce ironia per denunciare i vizi del potere e del popolino grasso europeo e mondiale.
Autore di capolavori empi, sapidi e grotteschi, Buñuel è per cui il re dell'umorismo tagliente e accanito. Un candido anarchico, violento e scatenato come un toro nella corrida che ha saputo ricostruire una vita surreale su quella reale, diventando un'icona del cinema moderno nonché il simbolo universale della contestazione. Carismatico ed eccentrico, i suoi film, anche quelli firmati negli anni vicini alla morte, hanno ancora la freschezza di un ragazzo alle prime armi con la cinepresa. Un ragazzo che provoca, ben convinto che sia più utile una lezione di sadismo fatta in persona dal noto Marchese o una seduta di sana psicanalisi freudiana a un sermone in una chiesa rurale o a un comizio politico marxiano. Antiborghese, anticlericale, antimarxista, è semplicemente un libertario che va all'esplorazione e all'interrogazione dell'irrazionalità, dell'insolito e nei labirinti freddi e ricchi di soldi e potenza della Chiesa, dell'Esercito, della Polizia e della Politica. Per riprendere una frase del "Woyzeck": Buñuel corre per il mondo come un rasoio aperto.

Ultimi film

Drammatico, (Spagna - 1970), 105 min.
Drammatico, (Francia - 1968), 102 min.
Drammatico, (Francia, Italia - 1967), 120 min.
Drammatico, (Spagna - 1961), 90 min.

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