Come tutti gli inventori destinati a durevolmente affermarsi, anche i fratelli Lumière riassunsero nella loro opera una non breve serie di precedenti tentativi, dal «revolver astronomico» del Jansen (1874) allo Zoopraxoscopio del Muybridge (1878), dal «fucile fotografico» del Marey (1883) al Praxinoscopio del Reynaud (1888). Miravano tutti alla «registrazione dell'immagine in movimento», formula comunque sufficiente a giustificare la concessione di un ennesimo brevetto; ma al vero traguardo dovevano giungere i Lumière. La sera del 28 dicembre 1895, in un sotterraneo del Grand Café, nel Boulevard des Capucines, il primo spettacolo cinematografico fu offerto a un pubblico sorpreso e divertito:per un franco d'ingresso dieci film lunghi dai quindici ai diciassette metri, per ciascuno circa un minuto di proiezione (L'arrivée du train en gare de La Ciotat, Sortie des ouvriers, Le gouter de Bébé, ecc.). La prima sera furono molti i «portoghesi» l'incasso.
mezzo espressivo. Non riprodurre per riprodurre, secondo i primi stupori («l'acqua che sembra vera»); ma riprodurre per esprimere in tutt'altra sintesi un'emozione, un brivido d'umanità, forse, di poesia. Grazie al cinema è infatti al servizio dell'artista che sappia usarla una gamma inesauribile di notazioni in una fulminea rapidità d'accostamenti, per la «rappresentazione» più complessa, evidente e duratura che mente di regista abbia potuto intuire. Il linguaggio delle immagini articolate in un ritmo è ormai giunto a tutto esprimere, dai più delicati e schivi istanti di una triste infanzia alle impennate di una giovinezza ardente, alle sincopate cadenze della morte; e un lembo di cielo, uno sguardo, un fremito di fronde, una lacrima, un lieve gesto di rinuncia o d'abbandono, possono, nei loro susseguirsi, comporre ed,esprimere tutto un dramma.
Questo e altro, ciò che è e potrebbe essere cinema, l'arte del cinema, hanno accompagnato la serena maturità e il sereno tramonto di Luigi Lumière, con rivelazioni quasi di ogni giorno. E quel vecchio dovette sovente esserne come incredulo, forse un po' sbigottito. Tutto un mondo, tutta un'arte, da un suo «brevetto» del 13 febbraio 1895; e quel mondo e quell'arte, originariamente dovuti a un esatto alternarsi di luci e di ombre, erano nati da chi aveva la parola luce nel suo cognome.
(1948)
Da Film visti. Dai Lumière al Cinerama, Edizioni di Bianco e Nero, Roma, 1957