Diplomato nel 1955 presso l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, partecipò a diverse rappresentazioni teatrali, prima di ottenere un vasto successo di pubblico in televisione, interpretando numerosi romanzi sceneggiati che lo imposero per il carattere aperto e umano della recitazione. Nel cinema esordì negli anni Sessanta, e si affermò ben presto come uno degli attori più interessanti della nuova generazione, sia in ruoli di «cattivo» sia in ruoli di «burbero benefico», sia infine in ruoli più scopertamente comici e farseschi. Tra le sue migliori caratterizzazioni, un posto di rilievo merita quella del personaggio del camionista ne La visita (1963, Antonio Pietrangeli), dai toni rattenuti e umanissimi. Nel ruolo di «cattivo» va segnalato il personaggio del fascista da lui acutamente sbozzato in Tiro al piccione (1961, Giuliano Montaldo), mentre in ruoli comici e farseschi lo si ricorda in Anni ruggenti (1962, Luigi Zampa), un fascista caricaturale, in Signore e signori (1966, Pietro Germi), un marito gonzo e ridicolo, ne L'harem (1967, Marco Ferreri), un industriale grottesco. Attore misurato, dalla vasta gamma espressiva, non alieno a volte da un certo tono corrivo e di facile drammaticità, Moschin ha dato vita ad alcuni dei personaggi di secondo piano più significativi del cinema italiano di questi ultimi anni.