Al dottor Simon Jordan viene chiesta una valutazione dell'enigmatica Grace Marks, condannata alla detenzione a vita per omicidio, ma che alcuni credono possa essere innocente. Grace ha già scontato 15 anni di pena e il suo presunto complice è stato impiccato, così a parte per la confessione dell'uomo rilasciata in tribunale, non rimane nessuno a contraddire le sue parole. Racconta al dottore Jordan la sua vita di soprusi subiti, dal terribile viaggio dall'Irlanda al Canada alla vita presso le due principali case dove ha servito, fornendo il ritratto di una difficile condizione femminile e forse la spiegazione della genesi della sua presunta seconda personalità: Mary.

Essere una donna allora, o in qualunque epoca, ti obbliga a sopprimere alcune risposte e parti della tua personalità. Cosa succede a tutta quella energia e a quella rabbia? Al senso di impotenza? L'idea di avere più di un'identità, ossia il volto che si mostra al mondo e quello che si tiene in profondità di sé, mi ha catturato.

L'attrice, regista e sceneggiatrice Sarah Polley aveva chiesto i diritti del romanzo omonimo a Margaret Atwood già vent'anni fa, quando era ancora una teenager. Naturalmente li ha avuti solo in seguito e oggi è finalmente riuscita a scrivere e produrre l'adattamento dell'opera, tratta da fatti reali e affidata alla regia di Mary Harron per tutti e sei gli episodi.

Ne è protagonista assoluta Sarah Gadon, nota per la miniserie 11/22/63 e per alcuni tra gli ultimi film di David Cronenberg (che per altro recita qui una piccola parte). Al suo fianco Edward Holcroft, tra i villain della serie cinematografica Kingsman, e in parti minori Anna Paquin e Zachary Levi. Come per "Il racconto dell'ancella" della stessa scrittrice, si tratta di un testo femminista, questa volta calato nella Storia e non in un immaginario futuro. Anche qui è centrale la voce narrante della protagonista, che però in L'altra Grace è decisamente più sottile e ambigua, tanto da rendere spesso inafferrabile la verità dei fatti.