Il regista guarda al noir poetico e disperato di Caligari ma non ha le necessarie sfumature nella costruzione dei personaggi. Da martedì 12 marzo al cinema.
di Simone Emiliani
Dragan parla poco. È un ex-rapinatore che prova a rifarsi una vita. In un bar conosce Daniele, un operaio sposato con Sofia che lavora come domestica e padre di un bambino. Entrambi condividono la passione per gli scacchi. Con il passare dei giorni iniziano ad essere amici. Daniele però sta per perdere il lavoro. Il signor Assante, proprietario della fabbrica dove lavora che ha una figlia con problemi di tossicodipendenza, ha preso la decisione di trasferire la sua azienda all'estero. Disperato, convince Dragan a rapinare una gioielleria. Il loro destino s'incrocia con quello del poliziotto Fabrizio, un uomo tormentato.
L'esordio nel lungometraggio di Emiliano Locatelli, ha le tinte di un noir pessimista che sembra guardare anche al cinema di Claudio Caligari per come mostra l'impossibile ricerca di redenzione da parte dei protagonisti o, al contrario, la loro disperazione.
Tutto è troppo netto, senza sfumature, compreso uno stile a volte invasivo come la soggettiva del poliziotto a tavola o il volto deformato dell'altro agente. Il film rimane fermo a metà, pompando oltremisura un dramma senza però riuscire minimamente a sostenerlo.