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Il teorema di Margherita, Anna Novion: «vi mostro la bellezza dietro i numeri e le ambizioni di una donna»

La regista racconta a MYmovies il suo film, presentato come proiezione speciale a Cannes e vincitore del César per la Miglior rivelazione femminile. Dal 28 marzo al cinema.
di Paola Casella

martedì 26 marzo 2024 - Incontri

Marguerite è una brillante studentessa di Matematica alla Normale di Parigi, ma la sua vita è talmente dedita alla sua passione che ha messo in stand by tutto il resto. La regista e sceneggiatrice Anna Novion la racconta con grande empatia, ma senza fare sconti al suo carattere ossessivo e alle sue fragilità, nel film Il teorema di Margherita, presentato all’ultimo Festival di Cannes come proiezione speciale della Selezione Ufficiale, e grazie al quale l’attrice protagonista Ella Rumpf ha vinto il César come Miglior rivelazione femminile.

Marguerite mostra un grande talento ma anche una grande insicurezza, e inizialmente “molla” quando la situazione si fa complicata.
Ho voluto che il mio film iniziasse mostrando quello che è un problema comune a molte studentesse di matematica: si convincono di non potercela fare perché si muovono in un mondo tutto maschile che le fa sentire parte di una minoranza e dove faticano a trovare il loro posto, a riconoscere a se stesse la legittimità di appartenere a quell’ambiente competitivo. La mia consulente scientifica per il film, Ariane Mézard, è una delle poche matematiche di successo in Francia, e mi ha detto che quattro anni fa all’esame di ammissione non si è presentata nemmeno una candidata.

Marguerite cerca anche fisicamente di adeguarsi a un contesto maschile.
Sì, per entrare in quel mondo si veste da uomo e mostra un comportamento distaccato perché crede di dover tenere a bada i sentimenti e le emozioni, e di dover nascondere la sua femminilità. Indossa una specie di armatura che ritiene possa comunicare all’esterno un’idea di forza, perché per lei non è consentito mostrare la propria vulnerabilità.

Per fortuna però nel film non c’è la solita trasformazione esteriore in cui la protagonista si converte a tacchi e gonne, o a un makeup “femminile”.
No, perché la sua femminilità non risiede nel suo aspetto fisico: è nel suo sguardo, nella sua postura, che a poco a poco da curva e rigida si apre e diventa più accogliente, nel suo modo di camminare non più ingobbita e di impossessarsi gradualmente del suo spazio. Marguerite riconoscerà proprio nelle emozioni il suo potere più grande, smetterà di vergognarsi, e finalmente guarderà gli altri dritto negli occhi. Credo che nei momenti difficili gli artisti abbiano il dovere di essere ottimisti, di mostrare ad esempio che una donna non deve per forza scegliere fra la carriera e l’amore.


Anna Novion con il cast del film al Festival di Cannes.

Tuttavia ha anche mostrato molto chiaramente come la matematica possa diventare un’ossessione.
Prima di girare il film ho parlato per cinque mesi con molti matematici e tutti mi hanno raccontato questa ossessività, e il pericolo di sconfinare nella follia. In questo non sono molto dissimili da noi registi: non potremmo fare questo lavoro se non fossimo un po’ ossessivi, e come i matematici puri non sapremmo né vorremmo fare nient’altro, ci consacriamo al nostro lavoro che riteniamo necessario, sacrificando tutto il nostro tempo libero.

E assumendovi dei bei rischi…
Sì, perché tanto nel cinema quanto nella matematica si lavora per anni a un film o alla risoluzione di un problema senza avere minimamente la certezza di poter riuscire nell’intento. Sono rischi che si assumono solo perché non se ne può fare a meno, e perché si è animati dal fuoco della passione.

Lei si intende di matematica?
Per niente, ma ho voluto mostrare la bellezza che c’è nei numeri. Dunque ho mostrato i calcoli infiniti che Marguerite fa su lavagne sempre più grandi come pitture astratte, quadri di Pollock, Mirò o Hartung, e ho cercato di catturare la poesia che c’è in una sequenza matematica. Ho fatto la stessa cosa con il gioco del mahjong con cui a un certo punto Marguerite si cimenta per guadagnare qualche soldo: l’ho filmato come una coreografia, concentrandomi sul suono e il movimento delle tessere del domino di quel gioco cinese, così come ho fatto con il ticchettio dei gessi sulla lavagna.

Quale reazione vorrebbe che avesse il pubblico che vedrà il suo film?
Spero di incoraggiare molte ragazze a studiare matematica, ma anche a diventare registe, o comunque a cimentarsi in mondi in cui c’è bisogno di più donne. Vorrei dire loro che è tutto è possibile, se ci si impegna con costanza e senza paura. Credo sia per questo che in Francia molte ragazze mi hanno ringraziato, dopo aver visto Il teorema di Marguerite.

Il film è dedicato a sua madre: era una matematica anche lei?
No, ma come Marguerite ha lasciato il suo paese natale, nel suo caso la Svezia, e si è trasferta a Parigi nel 1968 per essere parte dei movimenti giovanili. Non ha mai voluto tornare indietro, e purtroppo è mancata nove anni fa: questo film è in parte il suo lascito. Ci ho messo dentro tanto di lei, ma anche tanto di me, e di chi vorrei essere come persona e come regista.


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