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Un vizio di famiglia, quando una dark lady guida la rivoluzione. Dirige Sébastien Marnier

La terza opera del regista - artista a tutto tondo che ha saputo affermarsi in più campi di espressione - è un noir contemporaneo che è anche giallo di provincia, attacco frontale al patriarcato e commedia alienante. Guidata da Laure Calamy, perversamente attraente. Al cinema.
di Luigi Coluccio

Laure Calamy (49 anni) 22 marzo 1975, Orléans (Francia) - Ariete. Interpreta Nathalie Cordier nel film di Sébastien Marnier Un vizio di famiglia.
mercoledì 4 gennaio 2023 - Focus

Uno dei più grandi dialoghi della storia della letteratura americana – e non – è quello tra Pete Bondurant, re del ricatto, magnaccia e assassino, con Lenny Sands, cantante di nightclub, omosessuale represso e delatore. Il luogo finzionale è la Los Angeles degli anni ’60, il luogo ideale quella spina conficcata nel fianco della coscienza a stelle e a strisce che è "American Tabloid" di James Ellroy. I due parlano, o meglio, Pete chiede e Lenny risponde, e strato dopo strato vengono fuori le ossessioni e le perversioni della Hollywood di quegli anni, dalla ninfomane Jayne Mansfield ad Ava Gardner che tradisce Frank Sinatra con chiunque. Un oscuro scrutare che addiziona segreti personali e doppie personalità, dove tutto è, semplicemente, ciò che sembra – la franchezza di essere un imbroglio.

Sébastien Marnier forse non è un ellroyano, ma di sicuro uno chabroliano. Irréprochable, L’ultima ora (guarda la video recensione) e questo Un vizio di famiglia (dall’originale L’origine du mal, da oggi al cinema distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection) sono qui a dimostrarlo, assieme a tanto altro. Già, perché il quarantacinquenne autore francese si porta dietro un sacco di cose; studente di cinema, collaboratore con il Forum des images per un progetto-manifesto sui film a luci rosse proiettati nelle sale d’aspetto dei bordelli d’alta classe di inizio Novecento, voce letteraria di nuove generazioni e categorie (il suo esordio "Mimì" scala classifiche e critiche, pubblicato anche da noi per i tipi di Playground). Marnier, in questo caleidoscopio di vite e passaggi, sembra però avere un unico perno: "Salaire net et monde de brutes", il blog tenuto assieme ad Elise Griffon, successo rapinoso che viene ospitato dal sito di Libération, diventa una graphic novel per Delcourt e una serie animata su Arte (doppiata, tra gli altri, da Valérie Donzelli e Jérémie Elkaïm).

Su "Salaire net et monde de brutes" si raccontava di impieghi e lavori, di baristi, cassieri e guardiani – tutte occupazioni svolte dallo stesso Marnier –, di vite su vite strizzate da capi senza cervello e turni senz’anima, solo per portare a casa la fine della settimana e del mese. Esistenze di classe che alienano a tal punto da far mentire sull’altro da sé, fino ad occultarlo, barattarlo, svenderlo. È questo che sta al centro di Irréprochable, l’esordio del 2016 che si appoggia quasi tutto sulle spalle muscolose e i capelli con la ricrescita di Marina Foïs; ed è questo che in qualche modo condiziona le vite di Laurent Lafitte e dei suoi studenti – e colleghi adulti – in L’ultima ora (guarda la video recensione).
 

Marnier però è testimone di cosa significa portare avanti una vita e un lavoro, così con questa sua terza opera è andato ancora oltre, tenendo insieme quanto visto prima per rilanciarlo con una forma e un respiro ancora più ambiziosi.

Più chabroliano che mai negli ambienti e nei quadri, Un vizio di famiglia, presentato nella sezione Orizzonti Extra della Mostra del cinema di Venezia 2022, è la storia-intrigo di Stéphane (Laure Calamy), lavoratrice oppressa dal suo lavoro presso un conservificio e compagna di un’oppressiva detenuta in carcere, un giorno capace di trovare il coraggio di chiamare il padre Serge (Jacques Weber) che l’ha abbandonata alla nascita. I due cominciano a frequentarsi, e mentre Stéphane inizia a conoscere la ricca e disturbata famiglia paterna, noi e loro ci affacciamo dentro la testa di lei...

Guidato da una Laure Calamy perversamente attraente, Un vizio di famiglia, tra le tante direzioni diverse che imbocca (noir contemporaneo, giallo di provincia, attacco frontale al patriarcato, commedia alienante), tiene sempre a dritta la questione di classe, che è sempre legata al capitalismo e quindi alla figura del maschio, andando ogni volta più a fondo nel racconto dove ad ogni strato corrisponde una nuova rivelazione. E dove, alla fine, avviene il ribaltamento finale, beffardo e violento dello status quo. Come in Ellroy. Perché è così che deve andare, con una dark lady a guida della rivoluzione.


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