La disperazione di una donna in un’opera tra thriller e produzione indie. Online grazie al Florence Korea Film Festival.
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di Roberto Manassero
Tra cinema di genere e introspezione psicologica, Greenhouse porta nell’animo di una donna disperata, divisa fra la naturale empatia verso il prossimo e una disperata lotta per la sopravvivenza.
Il film, scritto, diretto e montato dall’autrice Lee Sol-hui, poggia sulle spalle della sua interprete principale, Kim Seo-hyeong, viso scavato e fisico provato che trasmette l’umanità e la sofferenza del suo personaggi. In linea con l’anima crudele del cinema coreano più noto, anche Greenhouse si accanisce contro i suoi personaggi, con l’unico scopo di portarli al limite della sopportazione e testarne così la tenuta morale.
Lee Sol-hui ricorre a elementi da cinema di genere (la seconda parte si apre senza indugio al thriller), con tempi e toni da produzione indie, giocando così sul contrasto tra il meccanicismo della trama e la paranoia soffusa delle atmosfere, chiaro riflesso dell’instabilità mentale della protagonista.