Anno | 2022 |
Genere | Poliziesco |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Lee Sol-hui |
Attori | Yang Jae-seong, Seo-hyeong Kim, Mi-won Won, Shin Yun-sook . |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 25 marzo 2024
Una badante assiste una coppia di anziani e vive in una sorta di limbo, in attesa che il figlio finisca di scontare la pena in carcere e torni a casa.
CONSIGLIATO SÌ
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La quarantenne Mun-Jung non ha una vita facile: suo figlio sta scontando una condanna in un istituto per minori; senza soldi e senza casa, vive in una serra semivuota; soggetta a gesti di autolesionismo, partecipa controvoglia alle riunioni di un gruppo di auto-aiuto. In attesa di andare a vivere con il figlio in un vero appartamento, Mun-Jung lavora come badante per una coppia di anziani ammalati, sopportando stoicamente la violenza della moglie malata di Alzheimer e curando amorevolmente il marito cieco e anch'egli prossimo a perdere la ragione. Un incidente inaspettato spingerà Mun-Jung a comportarsi in modo spietato e a prendere una decisione decisiva per il suo futuro.
Tra cinema di genere e introspezione psicologica, Greenhouse (la serra, per l'appunto) porta nell'animo di una donna disperata, divisa fra la naturale empatia verso il prossimo e una disperata lotta per la sopravvivenza.
Il film, scritto, diretto e montato dall'autrice Lee Sol-hui, poggia sulle spalle della sua interprete principale, Kim Seo-hyeong, viso scavato e fisico provato che trasmette l'umanità e la sofferenza del suo personaggio. Mun-Jung è gentile con tutti, incassa senza reagire l'indifferenza del figlio durante i colloqui; gli insulti di una coppia di fidanzati scoperti a fare sesso vicino alla sua serra; l'aggressività dell'anziana signora malata; pure le attenzioni di una ragazza conosciuta al gruppo di auto-aiuto... La sola persona contro cui si sfoga è sé stessa, così come l'unica altra vittima del film è il marito della coppia di anziani signori, il dolce Hwa-Ok, verso il quale Mun-Jung prova un affetto sincero, ma che non esita a ingannare pur di raggiungere il suo obiettivo... In linea con l'anima crudele del cinema coreano più noto, anche Greenhouse si accanisce dunque contro i suoi personaggi, con l'unico scopo di portarli al limite della sopportazione e testarne così la tenuta morale. La reazione istintiva di Mun-Jung a un evento di cui è al tempo stesso vittima e carnefice la dice lunga sulle intenzioni didascaliche dell'autrice e sulla macchinosità della sceneggiatura: Greenhouse non va per il sottile nel costruire il suo dramma, ma sa anzi diventare cinico pur di osservare la deriva morale del mondo che mette in scena. Lee Sol-hui ricorre a elementi da cinema di genere (la seconda parte si apre senza indugio al thriller, quando il povero Hwa-Ok viene coinvolto in una trama criminale a dire il vero non molto credibile), con tempi e toni da produzione indie, giocando così sul contrasto tra il meccanicismo della trama e la paranoia soffusa delle atmosfere, chiaro riflesso dell'instabilità mentale della protagonista.
A risolvere la tensione tra le due anime del film è un greve senso del paradosso, che nel finale - dopo aver insistito visivamente e narrativamente sui temi dell'incarcerazione, della trappola, della sostituzione - imprigiona Mun-Jung alle sue responsabilità nel modo più crudele. I primi piani uguali e contrari del viso sofferente della donna, ignara del vero gesto di autolesionismo che ha commesso, e dei piedi Hwa-Ok prima del suicidio, si stagliano come le immagini-guida del film, circoscrivendo la trama tra i toni opposti della tragedia e del grottesco.
Tra cinema di genere e introspezione psicologica, Greenhouse porta nell’animo di una donna disperata, divisa fra la naturale empatia verso il prossimo e una disperata lotta per la sopravvivenza.
Il film, scritto, diretto e montato dall’autrice Lee Sol-hui, poggia sulle spalle della sua interprete principale, Kim Seo-hyeong, viso scavato e fisico provato che trasmette l’umanità e la sofferenza del suo personaggi. In linea con l’anima crudele del cinema coreano più noto, anche Greenhouse si accanisce contro i suoi personaggi, con l’unico scopo di portarli al limite della sopportazione e testarne così la tenuta morale.
Lee Sol-hui ricorre a elementi da cinema di genere (la seconda parte si apre senza indugio al thriller), con tempi e toni da produzione indie, giocando così sul contrasto tra il meccanicismo della trama e la paranoia soffusa delle atmosfere, chiaro riflesso dell’instabilità mentale della protagonista.