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Chiamami ancora amore, family crime in piena regola

Il Kramer contro Kramer italiano, una storia d'amore e rabbia diretta da Gianluca Maria Tavarelli e interpretata da Greta Scarano e Simone Liberati.
di Ilaria Ravarino

Chiamami ancora amore

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Greta Scarano (38 anni) 27 agosto 1986, Roma (Italia) - Vergine. Interpreta Anna nel film di Gianluca Maria Tavarelli Chiamami ancora amore.
sabato 24 aprile 2021 - News

È il Kramer contro Kramer italiano, una storia d'amore e di rabbia raccontata pedinando i protagonisti - Anna ed Enrico - nei dodici anni in cui la loro relazione si è di volta in volta ferita e saldata, con una nota di mistero che tinge il dramma di nero.

È un family crime in piena regola Chiamami ancora amore di Gianluca Maria Tavarelli, miniserie in tre puntate dal 3 maggio su Rai 1 e dal 26 aprile su Rai Play, prodotta da Indigo in collaborazione con Rai Fiction (in associazione con About Premium Content): «Raccontiamo quel momento nella vita delle coppie in cui gli amanti diventano genitori e devono ricostruire da capo la loro esistenza - racconta Giacomo Bendotti, scrittore e fumettista, autore del soggetto di serie - Dall'amore dolce di due ventenni alle difficoltà che nascono con l'arrivo dei figli, quando due storie familiari diverse convergono su un terzo elemento: il bambino. È la storia di un'alleanza, l'amore, che si salda di fronte alle prime difficoltà e continuamente viene messa alla prova dalla vita, rifondandosi e ripartendo ogni volta».

La storia
Anna Santi ed Enrico Tagliaferri si sono conosciuti a vent'anni, sulle sponde del Lago di Bracciano, e non si sono più lasciati. Lei è un aspirante medico ed è la figlia di un primario, lui gestisce un bar in provincia. Si sono incontrati per caso - un colpo di fulmine - e si sono innamorati, hanno avuto un figlio, Pietro (interpretato dal giovane Federico Ielapi) e si sono sposati. Ma la relazione non ha funzionato, trasformando l'amore in una guerra combattuta con avvocati e assistenti sociali (Claudia Pandolfi). «Mi sono avvicinata al personaggio di Anna in punta di piedi, perché raccontavo la maternità ma non sono madre - spiega Greta Scarano, attrice romana, vista recentemente nella serie Sky Speravo de morì prima - Volevo essere credibile e realistica. È come se Tavarelli avesse messo una lente d'ingrandimento su una coppia che nasconde dei segreti. Anna ha rinunciato a fare quello che voleva, il medico, per laurearsi velocemente e prendersi cura di suo figlio. Una scelta che io, personalmente, non ho fatto. Un figlio non rientrava nei miei piani». Per Simone Liberati, anche lui romano e trentenne come Scarano (al cinema nel 2019 con L'amore a domicilio di Emiliano Corapi), «quella di Anna ed Enrico è una storia che insegna ad accettare l'inevitabilità degli errori, a considerarli parte integrante del cammino».

Il regista
Ma a rendere speciale la storia, a regalarle quell'intimità e autenticità dei migliori film d'autore, è la mano sensibile di Gianluca Maria Tavarelli, già alle prese due anni fa in tv con il materiale emotivamente incandescente di Non mentire (sempre insieme a Greta Scarano).
Nelle sue mani la storia d'amore perde qualsiasi sbavatura retorica o artificio spettacolare, svolgendosi davanti agli occhi dello spettatore come se la si stesse osservando dal buco di una serratura. O meglio «dallo schermo del cellulare dei nostri figli. Movimenti di macchina, dolly, angolazioni spettacolari non erano adatti a questa storia - spiega il regista - Bisognava stare addosso agli attori con macchina a mano e fare un racconto che fosse quasi di strada. E per farlo bisognava spogliare la regia dello spettacolo dei grandi movimenti cui siamo abituati, limitandoli al minimo. Tra il racconto e la messa in scena non doveva esserci nulla». Ispirato al Kramer contro Kramer di Robert Benton, cui la serie tributa un omaggio nell'incipit, e figlio del racconto in bilico tra profondità e leggerezza del newyorkese Noah Baumbach («Il suo Storia di un matrimonio (guarda la video recensione) tratta, in modo diverso, la stessa materia del nostro film» ammette Bendotti), per Tavarelli «Chiamami ancora amore non è una storia di separazione, ma una storia sul mestiere di vivere. Volevamo un racconto che sfuggisse alla tv classica, quella dei poliziotti e dei carabinieri, e che si concentrasse su un amore con tutte le sue rotture, liti, complessità e sofferenze reali. Chiunque si può specchiare in Anna ed Enrico, perché i loro errori li abbiamo commessi anche noi. Volevo che per lo spettatore fosse chiaro cosa sarebbe andato a vedere: una storia d'amore complicata. Ed è la prima serie, credo, ad affrontare la maternità dal punto di vista di una donna. Un'esperienza molto difficile, soprattutto per chi si trova sola con i figli». Un tema delicato, quello della maternità, che nella serie va di pari passo con un altro argomento: il rifiuto della gravidanza. «Sapevo di maneggiare un tema sensibile, quello dell'aborto - dice Bendotti - Mentre scrivevo sui giornali si parlava del cimitero dei feti scoperto a Roma. E questo mi ha fatto capire quanto fosse necessario raccontare che, anche in un paese civile come il nostro, le donne che vogliono abortire si trovano di fronte a un percorso tortuoso e pieno di ostacoli. Reso complicatissimo per un solo motivo: impedire l'autodeterminazione femminile».
Escludendo fin da subito la possibilità di una seconda stagione, «è nata così, l'ho pensata cosi, non ho mai immaginato di farne altro», per Tavarelli «Chiamami ancora amore intercetta un cambiamento in tv. Oggi si possono raccontare cose complesse in maniera complessa anche sulla tv generalista, con sentimenti profondi ma intensi. Si va nella direzione di una tv che consideri lo spettatore capace di seguire anche storie in cui i protagonisti non sono sempre belli e benvestiti, magari ingrassano e si lasciano andare. Esattamente come accade nella vita».


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