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True Mothers, un'opera ambiziosa e necessaria, contraddistinta dallo stile di Kawase, volto alla massima semplicità

Un film che ruota attorno al concetto di maternità e al suo impatto sulla vita di una donna. Da giovedì 13 gennaio al cinema.
di Emanuele Sacchi

Hiromi Nagasaku . Nel film di Naomi Kawase True Mothers.
mercoledì 12 gennaio 2022 - Recensioni

Satoko e Kiyozaku Kurihara non possono avere figli. Dopo aver valutato diverse opzioni alternative per diventare genitori, scelgono di adottarne uno e si rivolgono a Baby Baton, un luogo incantevole nella prefettura di Hiroshima dove vengono accolte ragazze incinte, spesso molto giovani, che non potranno tenere con sé la propria prole. Una di queste ragazze, Hikari, affida il figlio Asato ai Kurihara, ma cinque anni e molte vicissitudini dopo li rintraccerà per poter rivedere Asato.

Ai vagiti di un bebè segue un'inquadratura del mare di Hiroshima, placido e avvolgente come un liquido amniotico. Fin dal suo incipit True Mothers ruota attorno al concetto di maternità e al suo impatto sulla vita di una donna, declinandolo poi su tre figure femminili e materne, che rappresentano rispettivamente il desiderio di maternità (Satoko), la sua sublimazione e astrazione (Shizue Asami) e la sua privazione (Hikari).

La narrazione non è mai diacronica, avanza e indietreggia, mentre lo stile rimane quello caro a Kawase: inquadrature semplici di volti sinceri e spontanei, illuminati da una luce che sembra poter bucare ogni nuvola e abbattere ogni ostacolo.

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