La commedia fantastica di Mr. Oizo, domatore di mosche e di imbecilli definitivi, ci invita a guardare il mondo in maniera differente, esorcizzando l’angoscia del reale. Dal 17 giugno al cinema.
di Marzia Gandolfi
Mandibules è la nuova cronaca bestiaria (e bestiale) di Quentin Dupieux. Dopo lo stiloso daim (Doppia pelle), che ‘prendeva vita’ addosso all’impostore feticista di Jean Dujardin, Mandibules ci convince dell’esistenza di un dittero domestico in un mondo che sembra aver perso la ragione. Grande pupazzo articolato con la testa dinoccolata, la mosca di Dupieux è fedele all’assurdo di Alfred Jarry, drammaturgo francese precursore di un teatro rivoluzionario e deliberatamente provocatorio, in grado di formulare nuovi valori estetici, dissacrando il reale e ricorrendo a enormi caricature o a immagini deformi e grottesche. Da sempre al cuore del cinema horror, dal Nosferatu il vampiro di Murnau a La mosca di Cronenberg, la mouche questa volta vola alta, indifferente al genere e al sentimento di repulsione che la sua apparizione semplicemente suscita. Jean-Gab e Manu, due imbecilli definitivi, lo hanno capito bene e decidono di addomesticarla per un esperimento futuro da cui sperano di ricavare una fortuna. L’idea è quella di trasformarla in una sorta di drone per il trasporto illecito di merci.
Rinvenuta per caso nel cofano di una vettura, quella mosca dalle proporzioni esagerate è un regalo dal cielo per i nostri eroi e per la loro amicizia, essenzialmente lucrativa, che ha come obiettivo quello di fare soldi e se possibile senza il minimo sforzo. L’appetito del resto, il ‘nutrimento’ sono una delle preoccupazioni maggiori del tandem, più che un bisogno vitale, una pulsione animale.
L’origine del pachidermico dittero, al centro di un piano infallibile, meglio, di un'altra idea malade di Dupieux, resterà però un mistero per lo spettatore, l’emanazione morbosa delle sue ossessioni e dei suoi film passati. Dopo i toni cupi di Au Poste! e Doppia pelle, coi loro eccessi criminali, Mandibules rinnova il carattere solare dei suoi ‘film americani’ (Rubber, Wrong). Sceso dalla montagna (Doppia pelle) al livello del mare che bagna la Costa Azzurra, il cinema di Dupieux cambia pelle e paradigma, adottando una linea più accessibile e una sceneggiatura obbediente a una logica interna comprensibile. Quello che bisogna accettare è la mouche come l’anomalia dell’Agnès di Adèle Exarchopoulos, che si esprime urlando e parlando con voce autoritaria. Pettinata come Greta Thunberg, la giovane militante svedese, Agnès detiene la verità ma nessuno l’ascolta perché fa troppo rumore.
Marionetta di lattice dalle gambe digitali, la mosca del film è pescata dal generoso bestiario fantastico di serie B, affollato di tarantole giganti e altri mostri ronzanti che attaccano le nostre città. Entomologo della nostra specie, Dupieux fa la sua muta, si incolla le ali e si fa insetto docile dotato di una visione frattale del mondo e del suo consumismo volatile. Non solo il suo film vede le cose in grande ma le vede anche raddoppiate come la dose di comicità assurda servita dal duo David Marsais e Grégoire Ludig.