Titolo internazionale | Synonyms |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Germania, Israele |
Durata | 123 minuti |
Regia di | Nadav Lapid |
Attori | Tom Mercier, Quentin Dolmaire, Louise Chevillotte, John Sehil, Gaël Raes Chris Zastera, Jonathan Boudina, Uria Hayik, Olivier Loustau, Yehuda Almagor, Gaya Von Schwarze, Gal Amitai, Idan Ashkenazi, Dolev Ohana, Liron Baranes, Erwan Ribard, Yawen Ribard, Iman Amara-Korba, Sébastien Robinet, Damien Carlet, Ron Bitterman, Naor Nachmani, Yahalom David, Herut Cohen, Valentine Carette, Catherine Denecy, Léa Drucker, Christophe Paou, Marie Rivière. |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | 3,50 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 15 novembre 2019
Per le strade di Parigi è possibile trovare se stessi? Il film è stato premiato al Festival di Berlino, ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Yoav, un giovane ragazzo israeliano appena arrivato a Parigi, viene accolto da due coetanei francesi, Caroline e Emile, dopo che i suoi vestiti sono stati rubati. In fuga dal proprio paese e cocciutamente deciso a non parlare la sua lingua, Yoav cerca di imparare perfettamente la lingua francese per acquisire una nuova identità. Il passato però lo ossessiona, le visite all'ambasciata israeliana lo annoiano e l'amore per la cultura francese e per Caroline, che arriva anche a sposare, non gli danno quella libertà di cui sente disperatamente bisogno.
Adattando la propria esperienza personale, l'israeliano Nadav Lapid gira un film astratto e politico sull'impossibilità individuale e collettiva di liberarsi dal passato.
Come nel precedente lungometraggio di Lapid, The Kindergarten Teacher (rifatto recentemente negli Stati Uniti dall'italiana Sara Colangelo e in Italia distribuito con il titolo Lontano da qui), anche in Synonymes il linguaggio sta al centro del racconto. Yoav, denudato come neonato al suo arrivo a Parigi e rivestito di tutto punto, avvicina il nuovo mondo in cui ha scelto di stabilirsi attraverso le parole: cerca ossessivamente sinonimi, non si separa dal dizionario, ripete formule linguistiche come preghiere, cerca di assimilare le forme mentali di un popolo a cui non appartiene.
Le sue radici sono altrove, a Tel Aviv, da dove è scappato dopo il servizio militare e dove vivono la famiglia e la fidanzata, e il suo passato è lontano, impuro, mostrato in rapidi e forse immaginari flashback, ripercorribile solamente con il filtro della letteratura (l'Iliade imparata da bambino), della musica (una mitragliatrice ad accompagnare una canzone) o del grottesco (una cerimonia militare interrotta dalla risata della madre). Yoav si rifiuta di parlare israeliano e vive nel proprio corpo bellissimo e statuario come in un'armatura ingombrante.
Tra echi della Nouvelle Vague, momenti surreali, situazioni stilizzate e compiaciute, scene girate con camera a mano e altre in piano sequenza, Synonymes decostruisce, in maniera spietata, il tentativo di un individuo a pezzi di ricostruirsi un'identità, entrando inevitabilmente in conflitto con la cultura machista del suo popolo (tema già alla base del primo lungometraggio di Lapid, Policeman) e con l'imperscrutabilità dell'incontro con l'altro da sé.
E se la dimensione psicanalitica del film rivela un personaggio imprevedibile come Yoav, figlio, traditore e apolide che l'esordiente Tom Mercier interpreta con una una forza straordinaria, nella seconda parte la deriva politica sul peso della memoria in Israele conduce in territori già battuti.
Come in Foxtrot di Samuel Maoz, in cui il movimento sul posto della danza del titolo offriva la metafora di un intero paese, anche il destino di Yoav, che fugge da un mondo per restare prigioniero di un altro - imbrigliato nella violenza delle parole della Marsigliese e nelle contraddizioni della laica e democratica Francia - suggerisce l'idea di una dannazione forse eterna.
Synonymes, film inafferrabile e testimonianza esistenziale straziante, resta purtroppo imbrigliato nelle stesse ossessioni del suo protagonista, in cerca di una liberazione ma condannato a sbattere contro porte e muri invalicabili.
L'israeliano Yoav raggiunge Parigi ed entra in un appartamento disabitato e totalmente vuoto. Mentre fa la doccia, qualcuno gli sottrae lo zaino, dove praticamente c'è tutto. Rimasto senza niente e nudo, Yoah bussa alla porta vicina, dove vive una coppia giovane. I tre instaurano un'amicizia molto sentita. Nel frattempo Yoav impara la lingua e ottiene la cittadinanza francese.