aleksandros2002
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lunedì 14 ottobre 2019
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un gran bel film! da non perdere.
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Non concordo con la recensione di Marianna Cappi. Il film per me è bellissimo! Io credo che il Joker di Phillips sia davvero straordinario e molto diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto. Il regista usa il personaggio e la città di Gotham come “appliglio” narrativo per raccontare una storia che pochissimo ha a che vedere con il ben noto fumetto di Batman. Si tratta di una coinvolgente storia di emarginazione e disperazione, raccontata con una sapiente regia che coinvolge lo spettatore e lo conduce, dapprima lentamente poi con un ritmo sempre più incalzante, dentro la follia del protagonista, nei confronti del quale non si prova mai una vera empatia: Joker resta un folle visionario, emarginato, reietto, violento, ma nel procedere della storia e della sua follia, si acquisisce consapevolezza della profonda critica alla società americana, rappresentata da una Gotham lurida e squallida e da Thomas Wayne, simbolo di un potere costituito scollato dalla società reale, del tutto insensibile verso gli ultimi, i disperati, che vengono definiti e considerati inutili clown.
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Non concordo con la recensione di Marianna Cappi. Il film per me è bellissimo! Io credo che il Joker di Phillips sia davvero straordinario e molto diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto. Il regista usa il personaggio e la città di Gotham come “appliglio” narrativo per raccontare una storia che pochissimo ha a che vedere con il ben noto fumetto di Batman. Si tratta di una coinvolgente storia di emarginazione e disperazione, raccontata con una sapiente regia che coinvolge lo spettatore e lo conduce, dapprima lentamente poi con un ritmo sempre più incalzante, dentro la follia del protagonista, nei confronti del quale non si prova mai una vera empatia: Joker resta un folle visionario, emarginato, reietto, violento, ma nel procedere della storia e della sua follia, si acquisisce consapevolezza della profonda critica alla società americana, rappresentata da una Gotham lurida e squallida e da Thomas Wayne, simbolo di un potere costituito scollato dalla società reale, del tutto insensibile verso gli ultimi, i disperati, che vengono definiti e considerati inutili clown. Joaquin Phoenix è semplicemente perfetto! La sua evoluzione nel film da vittima del sistema a carnefice è da grande attore. Peraltro, ogni step evolutivo è cadenzato da una danza folle ed inquietante, che sottolinea l’evolversi del personaggio. Phoenix è l’unico incontrastato protagonista al centro di ogni ripresa, bravissimo, con una presenza scenica degna dei più grandi attori di sempre (ricorda De Niro, Nicholson, Brando, Pacino e chi più ne ha più ne metta). Tanti sono i richiami a precedenti film (Taxi Driver, Re per una notte etc.), ma Joker ha una sua spiccata “personalità” che lo rende comunque unico. Un gran bel film che vincerà altri premi sicuramente. Consigliatissimo!
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silver90
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giovedì 17 ottobre 2019
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chi è joker???
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Arthur Fleck è un disgraziato che cerca di occuparsi della madre standole vicino e facendo tutto ciò per cui lei lo ha sempre incoraggiato: far ridere gli altri. Chi meglio di un pagliaccio può assolvere al ruolo di demolitore dell’ordine costituito? Come nella scena emblematica dell’ospedale, tra i bambini malati spicca la “patologia” di Arthur, che destruttura persino più della sua risata isterica, incontrollata e quasi “istrionica”. Per tre quarti di film, Arthur Fleck alias Joker continua nella sua danza ipnotica e psicotica, che trasformerà quel sorriso sghembo e sofferente nel gnigno slabbrato che tutti conosciamo grazie a Heath Ledger. Ma, rispetto a quello, il Joker di Todd Philips e del fantastico Joaquin Phoenix entra ed esce dagli schemi della società, e nel farlo, manifesta la stranezza di fondo dei comportamenti sociali e umani; d’altro canto, “la cosa che fa più ridere di essere malati è che gli altri pretendono che tu ti comporti come se non lo fossi”, annota in un suo taccuino.
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Arthur Fleck è un disgraziato che cerca di occuparsi della madre standole vicino e facendo tutto ciò per cui lei lo ha sempre incoraggiato: far ridere gli altri. Chi meglio di un pagliaccio può assolvere al ruolo di demolitore dell’ordine costituito? Come nella scena emblematica dell’ospedale, tra i bambini malati spicca la “patologia” di Arthur, che destruttura persino più della sua risata isterica, incontrollata e quasi “istrionica”. Per tre quarti di film, Arthur Fleck alias Joker continua nella sua danza ipnotica e psicotica, che trasformerà quel sorriso sghembo e sofferente nel gnigno slabbrato che tutti conosciamo grazie a Heath Ledger. Ma, rispetto a quello, il Joker di Todd Philips e del fantastico Joaquin Phoenix entra ed esce dagli schemi della società, e nel farlo, manifesta la stranezza di fondo dei comportamenti sociali e umani; d’altro canto, “la cosa che fa più ridere di essere malati è che gli altri pretendono che tu ti comporti come se non lo fossi”, annota in un suo taccuino. In altre parole, Arthur Fleck non accetta proprio il disvelamento pubblico del suo nucleo problematico, che lo espone alla vergogna e all’umiliazione. Con il cinecomic sul cattivo più famoso dei fumetti, Todd Philips e lo sceneggiatore Scott Smith superano di slancio la mescolanza dei generi cinematografici, trasformando la sofferenza implicita in interiorità esplicita ed esibita e riuscendo a polarizzare critica e spettatori intorno a due aspetti: alcuni lo ritengono un viaggio inutilmente straziante nei luoghi mentali del disagio e del crimine, dove tutto è troppo enfatizzato per essere credibile. Altri temono che la spettacolarizzazione della malattia, che ha molto a che fare con la società odierna, porti a una sorta di isteria collettiva, come nella scena finale in cui una serie di clown inferociti mette a soqquadro la città e inneggia al salvatore che si fa giustizia da solo. Siamo di fronte a un caso di narrazione plurilineare, con la quale gli autori intendono fondere varie linee narrative: da un lato, l’evoluzione realistica del personaggio, dall’altro la descrizione soggettiva del cinema d’autore. Tuttavia, l’originale operazione meta-cinematografica, che risiede in un continuo rovesciamento tra forme e contenuti, funziona così a meraviglia, che l’umanizzazione del personaggio rende chiaro e lampante il suo progetto di vita, senza per questo condurci sul lettino dello psicanalista. Il Joker sadico che uccide e sevizia ha in realtà una storia molto triste alle spalle, che la sceneggiatura evidenzia in modo particolare con una serie di passaggi illuminanti: si parte dal colloquio con la psicologa che gli comunica la mancanza dei fondi per continuare la terapia, passando per il dialogo memorabile con il datore di lavoro (che gli fa notare quanto i suoi colleghi lo sopportino nonostante sia un “freak”, ossia uno “strambo”), per finire con l’intervista del conduttore del suo programma preferito, quando, finalmente “esistente” al di là del contesto, Joker sorride senza indugi al mondo e alle telecamere. Non c’è redenzione, né ascesa dai bassifondi della società, c’è solo un potentissimo rovesciamento metaforico della storia: dalla tragedia alla commedia, dalla stand-up comedy alla comicità soggettiva, Arthur Fleck ci insegna che la vita è fatta di punti di vista perché ragionare in termini di produttività o di rigore morale non porta a nessun convincimento ulteriore, semmai a un ristagno della società e dell’individualità.
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lorifu
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lunedì 21 ottobre 2019
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joker, la risata come grido di dolore
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Joker, l’antieroe, l’antagonista di Batman, il fumetto, ancora una volta rivisitato, riproposto, rinnovato, ma pur sempre fedele a se stesso, nella versione del regista Todd Philips si avvale dell’interpretazione di un magistrale Joaquin Phoenix. Il film, vincitore del Leone d’Oro all’ultimo festival di Venezia, catalizza l’attenzione dello spettatore che assiste alla trasformazione di Arthur Flek, innocuo uomo/clown, emarginato, vilipeso, solo, in Joker, il genio del male, partorito da quella stessa società che l’ha rifiutato, sfruttato, strumentalizzato.
Arthur Flek sbarca il lunario facendo il pagliaccio e la sua risata incontrollabile, dovuta a un disturbo neurologico lo rende ancora più consapevole della sua invisibilità sociale.
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Joker, l’antieroe, l’antagonista di Batman, il fumetto, ancora una volta rivisitato, riproposto, rinnovato, ma pur sempre fedele a se stesso, nella versione del regista Todd Philips si avvale dell’interpretazione di un magistrale Joaquin Phoenix. Il film, vincitore del Leone d’Oro all’ultimo festival di Venezia, catalizza l’attenzione dello spettatore che assiste alla trasformazione di Arthur Flek, innocuo uomo/clown, emarginato, vilipeso, solo, in Joker, il genio del male, partorito da quella stessa società che l’ha rifiutato, sfruttato, strumentalizzato.
Arthur Flek sbarca il lunario facendo il pagliaccio e la sua risata incontrollabile, dovuta a un disturbo neurologico lo rende ancora più consapevole della sua invisibilità sociale.
Vive con la madre ammalata in un putrido caseggiato di un fatiscente quartiere di Gotham City, riferita a una New York sporca, buia, in totale declino, come quella di Batman che anche nel Joker di Philips, rivive bambino, spettatore attonito davanti all’uccisione di sua madre e suo padre, simbolo di quel Potere al quale l’ormai diventato Joker si ribellerà. Nella sua escalation di violenza trascinerà tutti i diseredati di Gotham City che, mascherati da clown, metteranno a soqquadro la città uccidendo i simboli di quel capitalismo che li ha negati.
È un film in cui la maschera di Arthur Flek si sovrappone a quella di Joker, una mimica facciale pregna di sofferenza e di senso di abbandono. Proverà Flek, che è seguito dai servizi sociali, ad estraniarsi da quella realtà angosciante, attraverso i suoi voli d’astrazione, le sue danze, un solipsistico volo verso un altrove dove ritrovarsi ed essere accettato. Ma quando la psicologa gli comunicherà che verranno tagliati i fondi per curarsi, l’esile filo che lo lega alla società si spezza e il suo fragile equilibrio si trasformerà in follia, tradito non soltanto da chi si dimostrava amico ma dalla madre stessa. La violenza diventerà non soltanto giustificata ma forza liberatrice in chi come Flek non ha più nulla da perdere.
La risata che è l’elemento fondante del film diventa grido di dolore, negazione della propria identità e dell’amore come riconoscimento della propria esistenza. Lo spettatore simpatizza per Joker, s’immedesima nella sua tragedia anche per gli infiniti spunti che riesce a trarre di tipo politico e sociale.
Superfluo ribadire la grandezza di un Phoenix da Oscar, il film è tagliato sulla plasticità del suo volto e certe scene resteranno nell’immaginario collettivo, anche se il film è giustamente vietato ai minori di 14 anni per il pericoloso fascino che potrebbe generare su menti giovani e immature.
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lucio di loreto
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giovedì 31 ottobre 2019
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la tristezza di essere un villain
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La bruttezza e ipocrisia della società attuale, vengono raccontati nello spaccato di una surreale ma similare Gotham City, prima dell’avvento del supereroe pipistrello. La politica infatti è anche qui carente, i ricchi si ergono a salvatori della patria, i servizi pubblici scarseggiano, gli ultimi non hanno vie di sbocco e bullismo e prepotenza la fanno da padroni. Gli Yuppies anni 80 inoltre, pure da queste parti lavorano sodo durante la giornata, guadagnandosi lauti stipendi e ottenendo enormi soddisfazioni personali, ma dopo cena si sballano in giacca e cravatta prendendosela con donne in metro o barboni per strada. Ad affrontare l’American Psycho di Christian Bale dunque, si innalzerà Arthur Fleck, prototipo primordiale dei serial killer modello, quello che prima di esplodere rabbia e veemenza abbozza in silenzio, riflette, capisce minuziosamente quali sono i nemici e poi li colpisce uno ad uno.
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La bruttezza e ipocrisia della società attuale, vengono raccontati nello spaccato di una surreale ma similare Gotham City, prima dell’avvento del supereroe pipistrello. La politica infatti è anche qui carente, i ricchi si ergono a salvatori della patria, i servizi pubblici scarseggiano, gli ultimi non hanno vie di sbocco e bullismo e prepotenza la fanno da padroni. Gli Yuppies anni 80 inoltre, pure da queste parti lavorano sodo durante la giornata, guadagnandosi lauti stipendi e ottenendo enormi soddisfazioni personali, ma dopo cena si sballano in giacca e cravatta prendendosela con donne in metro o barboni per strada. Ad affrontare l’American Psycho di Christian Bale dunque, si innalzerà Arthur Fleck, prototipo primordiale dei serial killer modello, quello che prima di esplodere rabbia e veemenza abbozza in silenzio, riflette, capisce minuziosamente quali sono i nemici e poi li colpisce uno ad uno. Soprattutto la sua psicologia, il passato e le ombre sono negative e traumatiche non per colpa propria ma per un’infanzia mai vissuta o al massimo infelice. Le polemiche sul film di Todd Phillips e in particolare sulla scrittura “violenta”, intesa come morbosa pratica esaltante della brutalità psicofisica del protagonista, stanno infatti nel voler quasi giustificare le reazioni impetuose del suo Joker, impersonato da un Joaquin Phoenix – clamoroso a dirsi vista la magnifica filmografia – nel lifetime rule e probabilmente al canto del cigno, per quanto concerne intensità e improvvisazione. Purtroppo l’amara verità, che innalzerà il pagliaccio di Arthur a simbolo di una rivolta civile, è che i mostri presenti nei secoli di ogni civiltà, gli assassini o gli spostati di turno, nascono tali in una sorta di aggressività latente e introspettiva, ma scoppiano verso l’estrema eversione per colpa di una collettività che non concede loro valvole di sfogo e ripresa. L’omaggio al Rupert Pupkin di Scorsese ci sta tutto e l’uguaglianza fra i due è spiccicata. Se l’antieroe di Re per una Notte non “splattera” nessuno è semplicemente perché ottiene ciò di cui ha bisogno, a differenza di Arthur: superare la border line che impedisce ad un ultimo represso e accantonato dalla vita di salire sul carro della celebrità e redenzione, più che verso gli altri verso se stesso. Pure lì c’è una mamma opprimente, un mito da odiare/imitare, molteplici difficoltà sociali e lavorative ed una furia contenuta ma pronta a deflagrare in ogni istante. La splendida fotografia di Lawrence Sher crea una City ancor più dark dei racconti DC e collima in modo perfetto con le inquadrature che il regista effettua nei meravigliosi campi lunghi, specializzati in questo caso a farci ricordare la New York notturna di Taxi Driver, mai così noir. Phillips inoltre, si avvale della propria esperienza da comedy maker di livello, dando perciò ampio risalto nella sua sceneggiatura alla magistrale capacità di Phoenix di impersonare qualunque cosa, riuscendo a trasformare l’unico e ambiguo sguardo del villain in un miscuglio di sensazioni caratteriali diverse. Ciò che un po' manca nel soggetto del film è una giustificazione più convincente del repentino cambiamento e metamorfosi da Arthur a Joker, allorquando si passa da isterici e continui pianti, risate, strilla e profondi pensieri tuttavia soltanto introspettivi, alla freddezza dell’esecutore “Tarantiniano”, che non risparmia nessuno, dai colleghi svegli e smaliziati fino all’adorata mamma malata, scopo esclusivo della sua vita, graziando dalla sua missione finale perciò solamente a chi società e vita hanno riservato lo stesso trattamento, che siano nani sbeffeggiati o ragazze isolate e abbandonate, a meno che quest’ultime non rappresentino solamente sogni e fantasie. I primi piani sul protagonista valgono da soli la perfezione della pellicola, carpendone tutte le sensazioni, i sospiri, gli umori e i tormenti dell’animo, però portandoci purtroppo a fare il tifo per lui, criminale sociopatico camuffato da supereroe contro l’ingiusta società moderna.
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shagrath
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lunedì 25 maggio 2020
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il capolavoro che non c’era, oppure sì?
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Nichilismo ostentato e disturbante, un film che da subito rinuncia ad essere un superhero movie. Bene così. Niente avventure improbabili, niente volteggi tra effetti speciali, solo disagio esistenziale. Un miserabile con disturbi mentali abbandonato da una società che rifiuta il diverso. Il giovane Joker ci prova ad essere un bravo ragazzo, ad avere successo nel lavoro, a trovare una compagna. Ma nella fredda, gotica e corrotta società di Gotham City (degenerazione del sogno americano) i buoni propositi si trasformano in atteggiamenti falsi, imitazione di sentimenti non provati, non capiti, tanto che il giovane Joker ride quando ci sarebbe da piangere. Incapace di trovare la felicità, si aggrappa a quello che gli dice l’assistente sociale, la mamma, gli amici.
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Nichilismo ostentato e disturbante, un film che da subito rinuncia ad essere un superhero movie. Bene così. Niente avventure improbabili, niente volteggi tra effetti speciali, solo disagio esistenziale. Un miserabile con disturbi mentali abbandonato da una società che rifiuta il diverso. Il giovane Joker ci prova ad essere un bravo ragazzo, ad avere successo nel lavoro, a trovare una compagna. Ma nella fredda, gotica e corrotta società di Gotham City (degenerazione del sogno americano) i buoni propositi si trasformano in atteggiamenti falsi, imitazione di sentimenti non provati, non capiti, tanto che il giovane Joker ride quando ci sarebbe da piangere. Incapace di trovare la felicità, si aggrappa a quello che gli dice l’assistente sociale, la mamma, gli amici. Ma l’assistente sociale è apatica, la madre una mitomane, gli amici gli regalano una pistola. Inseguendo il sogno di una vita normale il giovane Joker rimedia solo amarezze e ingiustizie, diventando l’ennesima vittima da disprezzare e sfruttare. Poi il lampo di genio del folle: ciò che è comico è soggettivo, così come ciò che è bene. Come il giovane Robert de Niro in Taxi Driver anche qui uno Joaquin Phoenix particolarmente ispirato si purifica dalla menzogna del sogno americano attraverso la violenza, per ascendere a una menzogna ancora più grande e narcisista: quella della libertà dagli altri. Libertà dal giudizio altrui, e perfino libertà dal proprio giudizio. Il novo Joker, ormai in preda al delirio sanguinario, sarà destinato a prendere la testa di un gruppo di reietti, criminali, pronti all’orrore pur di ottenere il proprio posto nel mondo.
Certo, l’idea di fondo non è proprio originale. Eppure. Qui si vede la differenza tra il cinema di intrattenimento e il grande cinema, nella capacità di trasformare un soggetto semplice in un’opera complessa. Un film che appare brillante a tutti i livelli, dalla regia alla recitazione impeccabili, dalle atmosfere urbane degradate alle scene che colpiscono e rimangono impresse (il ballo catartico sulle scale, memorabile!). No, non si può dire nulla sul piano tecnico. Se poi a qualcuno non piace il soggetto perché magnifica l’autodistruzione, de gustibus, ma questo film con questo soggetto non poteva essere fatto meglio di così. Siamo di fronte al capolavoro.
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elgatoloco
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lunedì 16 novembre 2020
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uno dei migliori film dell''ultimo decennio
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Certamente uno dei migliori film dell'ultimo decennio, "Joker"(Todd Phillips, anche autore della sceneggiatura con Scott Silver, dal soggetto di Bob Kane, Bill Finger, Jerry Robinson, ossia dai creatori del personaggio dei DC COmics, da cui però si stacca nettamente, 2019)èp film problematico nell'accezione migliore e più profonda del termine: Arthur Fleck, alias Joker, è personaggio dalla psiche complessa(disturbo antisociale di personalità, direbbe la tassonomia psichiatrica, ma in realtà la sua situazione è più complessa, in quanto è un clown anche perseguitato dal punto di vista economico-sociale, in una Gotham City di inizio anni 1980 profondamente alienata di per sé e"incarognita"verso un "diverso"-in molti sensi, volendo, non in uqello dell'omosessualità- che ha solo una vaga tensione sentimentale per una vicina, vive con una madre che non è praticamente più autosufficiente, entra in conflitto con il mondo, che sostanzialmente odia, tanto da minacciare il tychoon che sembra-stando ai racconti materni.
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Certamente uno dei migliori film dell'ultimo decennio, "Joker"(Todd Phillips, anche autore della sceneggiatura con Scott Silver, dal soggetto di Bob Kane, Bill Finger, Jerry Robinson, ossia dai creatori del personaggio dei DC COmics, da cui però si stacca nettamente, 2019)èp film problematico nell'accezione migliore e più profonda del termine: Arthur Fleck, alias Joker, è personaggio dalla psiche complessa(disturbo antisociale di personalità, direbbe la tassonomia psichiatrica, ma in realtà la sua situazione è più complessa, in quanto è un clown anche perseguitato dal punto di vista economico-sociale, in una Gotham City di inizio anni 1980 profondamente alienata di per sé e"incarognita"verso un "diverso"-in molti sensi, volendo, non in uqello dell'omosessualità- che ha solo una vaga tensione sentimentale per una vicina, vive con una madre che non è praticamente più autosufficiente, entra in conflitto con il mondo, che sostanzialmente odia, tanto da minacciare il tychoon che sembra-stando ai racconti materni.aver avuto una relazione con la sua genitrice anni prima, tanto che Arthur quasi crede che sia stato suo padre...e che ora si candida a sindaco della "strana city", ma soprattuttto, dopo varie aggressioni, offese e altro, inzia a sparare)che arriva anche a un talk show di un importante canale TV, ma poi... combina il disastro. Forse non tutti/le lo snano, ma la volontà di scendere in strada sparando per uccidere qualcuno era uno dei programmi del fondatore del surrealismo e suo"patriarca"(unico rappresentante, quasi, dato che alla fine aveva espluso quasi tutti gli altri esponenti, considerati troppo poco"surrealisti", appunto),André Breton, dove persino il successivo movimento situazionista era stato decisamente più prudente e"moderato"... "Coscienza infelice", come Hegel definiva i romatici e preromantici da"Sturm und Drang"del primo Goethe e non solo, tutti i"Wertheriani"?Decisamente di più, invece, dovremmo dire, perché questo Joker uccide varie persone, madre inclusa(quando è in ospedale intubata la soffoca con il cuscino), e il suo atto finale è l'uccisione in diretta TVdi un conduttore famoso di talkshows , appunto. Joaquin Phoenix è eccellente nella parte, dal canto suo Robert De Niro, nei panni del conduttore TV, dà una delle sue migliori prove degli ultimi anni, finalmente non intepretando né il detective né il delinquente, Zezie Betz è notevole nella parte della vicina, bene anche Frances Conroy nel ruolo della madre. Complessivamente anche proprio a livello figurativo, il film merita in pieno tutti i premiraccolti(molti, a iniziare dal premio al"Leone d'oro"a Venezia, due Golden Globe, due OScar etc. El Gato
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dandy
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venerdì 12 febbraio 2021
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il povero clown triste e arrabbiato.
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Un ambiziosissimo quanto travagliato progetto(con la sceneggiatura modificata anche in fase di riprese),originariamente pensato come omaggio a "Taxi Driver"(da cui è ripresa l'alienazione del protagonista e la visione degradata della metropoli)e in particolare a "Re per una notte"(con rimandi all'incontro-scontro tra il protagonista e il personaggio di DeNiro,qui nel ruolo che fu di Jerry Lewis) che avrebbe dovuto vedere Martin Scorsese come produttore,e allo stesso tempo ispirato alla graphic novel dell'88 "Batman:The Killing Joke".Il regista della trilogia "Una notte da leoni",qui al suo primo fim "serio",cerca di coniugare le esigenze commerciali con il rispetto per i modelli da cui prende spunto.
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Un ambiziosissimo quanto travagliato progetto(con la sceneggiatura modificata anche in fase di riprese),originariamente pensato come omaggio a "Taxi Driver"(da cui è ripresa l'alienazione del protagonista e la visione degradata della metropoli)e in particolare a "Re per una notte"(con rimandi all'incontro-scontro tra il protagonista e il personaggio di DeNiro,qui nel ruolo che fu di Jerry Lewis) che avrebbe dovuto vedere Martin Scorsese come produttore,e allo stesso tempo ispirato alla graphic novel dell'88 "Batman:The Killing Joke".Il regista della trilogia "Una notte da leoni",qui al suo primo fim "serio",cerca di coniugare le esigenze commerciali con il rispetto per i modelli da cui prende spunto.Tecnicamente eccellente(straordinarie sia la fotografia che la colonna sonora)e con un Phoenix indimenticabile sia nella mimica stralunata sia nel fisico smagrito(per il ruolo,originariamente pensato a DiCaprio,ha perso 25 chili e ha vinto l'Oscar e il Golden Globe)e capace di evitare l'overacting anche nei momenti sguaiati,il film ha il suo punto di forza nella sorprendente cupezza esasperata nella straziante genesi del protagonista(devastato da un trauma che lo costringe paradossalmente a ridere quando soffre in un mondo che gli ha causato e gli causa esclusivamente sofferenza),e soprattutto nella rappresentazione della massa rabbiosa di cui finisce per diventare il simbolo.Simbolo del fallimento di una società degradata e insensibile che schiaccia i deboli trasformandoli in reietti abbandonati a se stessi e dell'elite ignobile che ne causa l'emarginazione e si accorge di loro solo per bieco divertimento(il pubblico del talk show o gli yuppies in treno).E' sorprendente e indubbiamente inquietante (dal momento che parliamo di un blockbuster)il fatto che si ponga l'accento su come,rispetto a Travis Bickle,che diviene eroe agli occhi della società perbene grazie ad un'azione estrema ma moralmente condivisibile,Arthur Fleck si conquisti l'acclamazione del popolo "povero" tramite omicidi compiuti per mera vendetta e furore psicotico,in linea con l'alienazione tutta odierna di un'ampia fetta di umanità esasperata dall'ingiustizia della vita che trova il proprio riscatto solo scatenando le pulsioni bestiali.E anche l'uccisione in diretta che fa esplodere definitivamente la folla sembra un'ambigua riflessione sul potere mediatico e la morbosa spettacolarizzazione degli assassini che trova sempre ampio interesse.Peccato però per la presenza di diverse inverosimiglianze,a cominciare dal fatto che Arthur riesca sempre a fuggire(come quando nel manicomio si ferma sulle scale a leggere la cartella appena rubata) o che sebbene la polizia nutra dei sospetti nessuno lo vada ad arrestare mentre è in trasmissione.I riferimenti all'universo di Batman(escludendo l'idea azzeccata di caratterizzare negativamente Thomas Wayne rendendolo praticamente non solo l'artefice della nascita di Joker ma di Batman stesso)sono artificiosi,si pensi ad esempio all'ampia differenza di età tra Bruce bambino e il protagonista.E se la relazione tra Arthur e Sophie è risolta in maniera adeguadatamente tragica,il finale col dubbio è un brutto scivolone,che sembra suggerire timori da parte del regista di essersi spinto troppo oltre per i gusti del pubblico.Troppo lasciato in disparte inoltre,l'ottimo DeNiro.A dispetto di dubbi(e polemiche) un sensazionale successo di pubblico.Diventata presto iconica la sequenza in cui il neonato Joker scende la scalinata danzando,ma quella in cui in piedi sulla macchina si fa acclamare dalla folla in delirio che lo ha appena liberato è molto più incisiva e potente.Bloccato dalla censura in Cina.Oltre all'Oscar per Phoenix(doppiato dal bravissimo Adriano Giannini che si era occupato anche di Heath Ledger in "Il cavaliere oscuro"),un altro per la miglior colonna sonora e 11 nominations.Curiosamente nella sequenza del cinema,viene fatto intuire che Bruce Wayne abbia visto "Zorro mezzo e mezzo",film dalla rilettura gay del celebre personaggio che potrebbe giustificare la futura entrata in scena di Robin,braccio destro di Batman da sempre chiaccherato per le connotazioni gay.
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wolvie
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domenica 14 marzo 2021
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populismo o fumetto ?
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Il personaggio del Joker, nasce come nemesi fumettistica del più famoso Batman, anch' esso creato da Bob Kane per le serie a fumetti della DC Comics. Nel corso del tempo il Joker ha avuto vita sia televisiva che cinematografica:
1) Cesar Romero nel 1966 per la serie tv con Adam West nei panni dell' Uomo Pipistrello;
2) Jack Nicholson nel 1989 nel film di Tim Burton, antagonista di Michael Keaton;
3) Heat Ledger nel 2008 nel secondo capitolo della trilogia di Christopher Nolan, dove sono botte da orbi con Christian Bale;
4) Pur con qualche difficoltà filologica anche nel telefilm "Gotham" vediamo un simil Joker interpretato da Dominic Monagham;
5) Jared Leto nel film "Suicide Squad";
Per finire arriva un dimagritissimo Joaquin Phoenix a narrarci le origini (non acide), in un contesto non canonicamente DC extense universe, anche se con tutti i crismi della narrazione, inserendo anche Thomas e il piccolo Bruce Wayne, tant' è che il pre finale, con l'assassinio dei genitori del futuro Batman, potrebbe collocarsi come trade d union con il primo film di Tim Burton (o quasi).
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Il personaggio del Joker, nasce come nemesi fumettistica del più famoso Batman, anch' esso creato da Bob Kane per le serie a fumetti della DC Comics. Nel corso del tempo il Joker ha avuto vita sia televisiva che cinematografica:
1) Cesar Romero nel 1966 per la serie tv con Adam West nei panni dell' Uomo Pipistrello;
2) Jack Nicholson nel 1989 nel film di Tim Burton, antagonista di Michael Keaton;
3) Heat Ledger nel 2008 nel secondo capitolo della trilogia di Christopher Nolan, dove sono botte da orbi con Christian Bale;
4) Pur con qualche difficoltà filologica anche nel telefilm "Gotham" vediamo un simil Joker interpretato da Dominic Monagham;
5) Jared Leto nel film "Suicide Squad";
Per finire arriva un dimagritissimo Joaquin Phoenix a narrarci le origini (non acide), in un contesto non canonicamente DC extense universe, anche se con tutti i crismi della narrazione, inserendo anche Thomas e il piccolo Bruce Wayne, tant' è che il pre finale, con l'assassinio dei genitori del futuro Batman, potrebbe collocarsi come trade d union con il primo film di Tim Burton (o quasi).
Sarebbe complicato provare a spiegare il successo di critica del film (tra Leoni d oro e Oscar), in mano ad un regista più che commerciale, che viene dalla trilogia di "Una Notte da Leoni" e capolavori !!! come "RoadTrip ".
L' evidente calo di attrazione/qualità del cinema d' autore e forse la sua incapacità di rappresentare e vedere il mondo per le masse, porta questi prodotti (comunque mediamente buoni) alla ribalta dei festival di cinema più importanti.
Arthur Fleck, vita spesa da disadattato nella suburra di Gotham, si arrabatta come può per sopravvivere, tra lavori precari e cure ad una madre in perenne terapia con psicofarmaci (come lui d'altronde). La madre crede, che in gioventù, quando era a servizio dei Wayne, fu messa incinta dal magnate e che da quel rapporto nacque Arthur.
Lui ci crede veramente e cerca il contatto umano con Thomas, ricevendo invece un cazzotto e il suo disprezzo.
Oramai la discesa agli inferi è inevitabile, armato di pistola Arthur si vendichera' di tre yuppie che lo stanno malmenando in metropolitana, ma la catarsi avverrà in diretta televisiva durante lo spettacolo di Murray Franklin, dove grazie ad una serie di eventi Arthur (in arte Joker) è stato invitato (lo show assomiglia tantissimo al David Letterman show, già sede di un massacro con il gas, attraverso le pagine della graphic novel scritta da Frank Miller "Il Ritorno del Cavaliere Oscuro").
Populismo che esplode in un' onda di disordini e caos in città, che eleggerà il Joker come nuovo leader degli oppressi, dei poveri e dei disadattati, contro l' agio sociale e la ricchezza dell' establishment.
Finale all' Arkam Asylum.
La presenza di R.De Niro, si correla, volente o nolente, con il film "Re per una Notte" di Martin Scorsese del 1982, mentre in questo film Bob prende il posto che fu di Jerry Lewis, però, penso che il sottotesto finisca qui, oltre alle riprese che si adattano visivamente al 1981 (anno in cui si svolge la storia), ovvero, con richiami formali al periodo cinematografico statunitense fine anni '70 e inizi anni '80.
In sostanza un film discreto, non certo un capolavoro, che solleva forse anche qualche facile dubbio etico.
Sarà mica stata colpa della presidenza Trump?
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aldiquadeisogni
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sabato 8 maggio 2021
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l'inquietudine del joker
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Inquietudine... Inquieti si può vivere per sempre, vittime di sé stessi e delle fauci del mondo che ci siamo costruiti, all'interno del quale ci siamo barricati, povere vittime di un sistema che di vittime si ciba, famelico figlio di una mai sazia schiera di orfani che dilania ogni anima, per accrescere sempre più quel miserabile senso di onnipotenza che in essa si sviluppa quando chi, più debole, soccombe svanendo nelle tenebre della sua lunga e selvaggia ombra di indifferenza. ...Scintille, sconcertanti nella loro quotidiana banalità, eventi irrilevanti... sono sguardi, parole, risate, silenzi...che, pur "normali" agli occhi di tutti, appaiono privi di essenza alcuna e che invece, una essenza hanno, ciclonica, devastante: l'essenza di chi vaga nell'universo del disastro cosmico generatosi ai piedi dello scherno comune e di una globale indifferenza.
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Inquietudine... Inquieti si può vivere per sempre, vittime di sé stessi e delle fauci del mondo che ci siamo costruiti, all'interno del quale ci siamo barricati, povere vittime di un sistema che di vittime si ciba, famelico figlio di una mai sazia schiera di orfani che dilania ogni anima, per accrescere sempre più quel miserabile senso di onnipotenza che in essa si sviluppa quando chi, più debole, soccombe svanendo nelle tenebre della sua lunga e selvaggia ombra di indifferenza. ...Scintille, sconcertanti nella loro quotidiana banalità, eventi irrilevanti... sono sguardi, parole, risate, silenzi...che, pur "normali" agli occhi di tutti, appaiono privi di essenza alcuna e che invece, una essenza hanno, ciclonica, devastante: l'essenza di chi vaga nell'universo del disastro cosmico generatosi ai piedi dello scherno comune e di una globale indifferenza. ...scintille, che luccicano nel creato fuoriuscite dall' anima di chi implode, innescato dalla miriade di piccole ed insignificanti negazioni che il vivere stesso spande giorno dopo giorno sulle sue membra, come fosse, ormai, una seconda pelle. ...avvilito, spento, smorto ed impotente, caduto ai piedi di sé stesso e della immorale coscienza di sé, osserva ora attonito il riflesso distorto dell' anima sua, attraverso lo specchio degli anni, ricordando ciò che avrebbe voluto diventare e che non è mai stato in grado di essere. ...fiamma che divampa, diviene fuoco, calore, boato, collera, rabbia, risentimento, vulcano, delirio...Diviene ciò che di più incontenibile possa scaturire da ciò che di meno naturale esiste al mondo: l'indole umana. Snaturata, sorta dal connubio dell'intelligenza, dell'istinto, della passione e dell'ira, fattori divenuti fonte inesauribile di un risentimento ed una indecenza tali che, solo l'uomo, attraverso il suo bieco essere è capace di sviluppare, di accrescere ed irradiare, fino all' annientamento di ogni qualsivoglia simbolo di positività e speranza che possano mai tentar di crescergli attorno. ...l'intero suo Cosmo è in fiamme; si trasforma espandendosi. Phoenix, riesce a dar volto, vita e fattezze umane a tutto ciò che con grande disagio e sofferenza provoca le mille e contrastanti emozioni che emergono mentre si assiste a questa tragica fantomima. L'astratto diviene realtà concretizzandosi frequentemente nell'incoscienza di una società allo sbando. Rimane nello spettatore, il desiderio che tutto finisca al più presto, la volontà che tutto possa svanire..., che la pace possa finalmente carezzare quel volto, che quella risata possa assumere il senso liberatorio che il protagonista insegue in tutta la propria esistenza, fino a esserne dilaniato, con l'animo di chi assiste, impotente alla sua autodistruzione.
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tunaboy
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martedì 29 giugno 2021
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recensione joker
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Sensazione mediatica dello scorso anno, “Joker”, diretto da Todd Phillips e interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix, racconta le origini del celeberrimo villain della DC Joker.
In una Gotham City sporca e trasandata vive Arthur Fleck, un comico fallito affetto da gravi disturbi mentali.
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Sensazione mediatica dello scorso anno, “Joker”, diretto da Todd Phillips e interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix, racconta le origini del celeberrimo villain della DC Joker.
In una Gotham City sporca e trasandata vive Arthur Fleck, un comico fallito affetto da gravi disturbi mentali. Vittima di numerosi abusi e abbandonato dalla sua comunità, Arthur trova rifugio solo nella sua casa, dove, insieme alla sua madre malata, può assistere allo show del suo idolo, Murray Franklin (interpretato da Robert de Niro). Dopo essere stato licenziato dal suo precario lavoro da clown, durante uno dei numerosi abusi, il protagonista uccide tre ragazzi nella metropolitana: data l’appartenenza dei ragazzi ad una famiglia ricca di Gotham, il gesto viene letto dagli strati più bassi della società come un atto di ribellione nei confronti dei ricchi, e quindi la figura di Arthur diventa simbolo di numerose e violenti proteste (l’identità del vero assassino, Arthur, rimane ignota, dato che durante il delitto era ancora travestito da clown). Da qui Arthur si renderà conto di ciò che è stato in grado di creare e porterà avanti una serie di altri crimini che culmineranno nel climax finale: Arthur, invitato come ospite al Murray Franklin Show, finirà per uccidere il conduttore, per poi essere arrestato nel caos delle proteste, ormai trasformatesi in guerriglia urbana, che dilaniavano Gotham. In tutto questo, il film è intervallato da sequenze della realtà e sequenze che mostrano le fantasie di Arthur, portando lo spettatore a dubitare di cosa sia vero e cosa no. Di conseguenza, non possiamo essere certi se questo finale corrisponda alla realtà o meno: infatti, questa avrebbe potuto essere una delle svariate sequenze fantastiche, data l’inverosimiglianza degli accaduti.
Il film si presenta come un prodotto di ottima fattura sotto alcuni aspetti, ma possiede anche gravi mancanze sotto altri: si passa da una recitazione ottima ed una colonna sonora ricercata e raffinata ad una scrittura con numerosi punti deboli. Il soggetto del film, infatti, presenta due problemi principali a mio parere: in primo luogo, tenta in ogni modo di farci forzatamente empatizzare con un personaggio col quale è quasi impossibile farlo, facendolo così risultare patetico e a volte al limite dell’imbarazzante; inoltre, come già detto, il film si sforza di trasmette un messaggio di critica sociale, il quale però è fondato su basi troppo generiche e ha un pretesto incerto. Infatti, buona parte della critica si basa sul concetto del “povero contro ricco” senza addentrarsi in nulla di più specifico, rendendo impossibile la comprensione, e di conseguenza la condivisione, delle forze motrici di questa rivoluzione. Se questo non bastasse, l’intera protesta è sfociata dal gesto omicida di Arthur, gesto totalmente ingiustificato e senza nessun significato politico.
Inoltre, vorrei far notare quanto questo film prenda in prestito dalla filmografia di Martin Scorsese e come voglia porsi al livello di quella Nuova Hollywood che rese tanto famoso il regista sopra citato, risultando però in quella che, a mio parere, può essere considerata solo come una brutta copia.
Voto: 3/5
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