filippo_24
|
venerdì 3 aprile 2020
|
il joker di phillips è l'epilogo drammatico di una società che non conosce il bene e il male
|
|
|
|
Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari.
[+]
Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari. Disturbato mentalmente, Fleck emette risate stridule fuori controllo, motivo per cui la madre gli ha affibbiato il soprannome di "Happy". La vita del clown prende una piega drammatica nel momento in cui viene pestato in metropolitana da tre ragazzi, associati alla grande società di Thomas Wayne, padre di Bruce (Batman) e del quale la madre psicotica è sempre stata innamorata in maniera ossessiva e malsana. L'uccisione dei tre ragazzi comporterà il cambiamento profondo di Arthur, deriso e ormai fallito nei propri "sogni da cabaret", trasformandolo in un pericoloso omicida che tenta di fare giustizia in una città piena di egoismo, crudeltà e rifiuti che forse non sono soltanto materiali. Il messaggio che Phillips sembra infatti voler mandare attraverso il suo Joker è in tutto e per tutto considerabile quanto più drammatico possibile: la società rende l'uomo malvagio. Per quanto banale, l'idea di fondo è resa con efficacia dalla bravura di tutto il cast nella recitazione unita alla grande abilità cinematografica dell'entourage del quale Phillips si è servito per il film. La magistrale interpretazione di Phoenix è coadiuvata da una sceneggiatura che ne esalta l'importanza e da una fotografia eccellente che lo rende l'epicentro della narrazione anche a livello di immagine. Il film ha alcuni spunti interessanti, come quello della "fidanzata immaginaria", che però non riescono a sostenere una narrazione un po' forzata e per certi versi inverosimile. La rivalità tra Joker e Thomas Wayne (frutto di terribile equivoco) o la rivolta finale che vede Phoenix elevarsi a "Re di Gotham" e dei suoi cittadini, insoddisfatti del "ricco che surclassa il povero", sono soluzioni che non prestano purtroppo fede a quella che dovrebbe essere una storia con un fondo di reale, cadendo a tratti nell'utopismo societario e trasformando nel finale una Gotham City cupa e "noir", resa perfettamente da un'ambientazione cinematografica impeccabile, in un'arena per combattimenti. L'idea della società insoddisfatta degli squilibri tra ceti sociali è un evergreen che ha sempre funzionato, in questo caso non è però supportata da una concretezza narrativa nel descrivere la natura di questi squilibri, finendo per rendere i cittadini di Gotham dei vandali che prendono le parti di un clown assassino ancor prima di conoscerne le motivazioni che lo hanno spinto a massacrare tre giovani neolaureati, rei (per i cittadini) di lavorare per un uomo potente come Thomas Wayne, e dunque necessariamente sacrificabili. Quello di Phillips è un Joker che forse vive in un universo parallelo a quello originale, e questo è di grande audacia, la pecca principale del film è però quella di soffermarsi in maniera fin troppo marcata, stopposa ed elefantiaca su eventi narrativi irrilevanti e inverosimili, uno su tutti la convinzione di Arthur di essere figlio di Wayne per via dei disagi della madre. L'opera di Phillips può quasi prendere la valenza di un trattato utopistico di psico-sociologia con un fondo di sostanziosa realtà, che non rende però omaggio a quella che è in tutte le sue complesse sfaccettature la mente criminale più complessa e geniale di tutto l'universo dei cinecomics, puntando tutto sul sentimento e lasciando poco spazio alla verosimiglianza, sia rispetto al personaggio descritto e sia ad una successione di eventi che lasciano perplessi per via di un'esagerazione nell'esaltazione della follia del Fleck, condita troppo spesso da situazioni paradossali. Cinematograficamente parlando, il film è una pellicola di pregevole fattura, a tratti incrinata da una storia che nei momenti clou si perde nelle proprie complicazioni.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo_24 »
[ - ] lascia un commento a filippo_24 »
|
|
d'accordo? |
|
francesca romana cerri
|
martedì 29 ottobre 2019
|
joker , un capolavoro assoluto del cinema mondiale
|
|
|
|
Giunta al cinema con qualche pregiudizio, mi attendevo di vedere la progressiva scalata di un emerginato , un escluso dalla società nell'Olimpo. Credevo che Artur , il protagonista divenisse alla fine un comico famoso, come ci abiutuato tanto cinema americano. Nulla di tutto ciò, Artur, emerginato, povero, umiliato e con seri problemi mentali è preso a calci dalla società in continuazione, la sua rabbia esplode e si comporta da criminale. Quello che il film riesce a far provare allo spettatore , ed è questo il punto fondamentale è la stessa pietas per il protagonista del magistrale romanzo Delitto e Castigo. Noi riusciamo letteralmente a penetrare le ragioni di uno che non ha più ragione.
[+]
Giunta al cinema con qualche pregiudizio, mi attendevo di vedere la progressiva scalata di un emerginato , un escluso dalla società nell'Olimpo. Credevo che Artur , il protagonista divenisse alla fine un comico famoso, come ci abiutuato tanto cinema americano. Nulla di tutto ciò, Artur, emerginato, povero, umiliato e con seri problemi mentali è preso a calci dalla società in continuazione, la sua rabbia esplode e si comporta da criminale. Quello che il film riesce a far provare allo spettatore , ed è questo il punto fondamentale è la stessa pietas per il protagonista del magistrale romanzo Delitto e Castigo. Noi riusciamo letteralmente a penetrare le ragioni di uno che non ha più ragione. Non ha ragione perchè spara, uccide e non ha ragione perchè non ragiona. Eppure noi usciamo completamente da quel giustizialismo tipico dei tempi di oggi, dove un criminale è un criminale ed un matto è solo un matto da rinchiudere. Noi percepiamo chiaramente con le emozioni dove è insita la mostruosità, dove si annidano i nemici del bene, e l'accusa è chiara, esplicita , senza mezzi termini: non si può giudicare l'individuo se non si legge il Contesto Sociale, se non si osserva l'atrocità della violenza Sociale, della disparità tra le classi, dell'intero sistema basato sull'Io, sull'Ego, sui rapporti di Dominazione. Fotografia, musica, sceneggiatura, interpretazione di tutti , non solo del grande protagonista collaborano in modo sinergico a questa comunicazione. Un'unità di intenti così forte, così limpida che non può non portare ad un Capolavoro Assoluto. Questo film resisterà al tempo, gli altri saranno dimenticati.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesca romana cerri »
[ - ] lascia un commento a francesca romana cerri »
|
|
d'accordo? |
|
eden artemisio
|
mercoledì 30 ottobre 2019
|
... e se fosse una commedia
|
|
|
|
“Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia”. La frase pronunciata da Arthur delinea i confini del mondo di Joker. Se, però, la narrativa tragica scende di livello e di tono nella commedia, la drammaticità e la sofferenza dei protagonisti non scema. Il film mi è piaciuto molto perché riesce a comunicare con maestria la banalità del male. L’estremo disagio sociale ed esistenziale in cui vivono Arthur e sua madre è l’inizio di una ricerca che porta Arthur a conoscere chi è veramente. E’ quella una storia di una progressiva e graduale presa di coscienza.
[+]
“Pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora mi rendo conto che è una commedia”. La frase pronunciata da Arthur delinea i confini del mondo di Joker. Se, però, la narrativa tragica scende di livello e di tono nella commedia, la drammaticità e la sofferenza dei protagonisti non scema. Il film mi è piaciuto molto perché riesce a comunicare con maestria la banalità del male. L’estremo disagio sociale ed esistenziale in cui vivono Arthur e sua madre è l’inizio di una ricerca che porta Arthur a conoscere chi è veramente. E’ quella una storia di una progressiva e graduale presa di coscienza. E’ così che Arthur comprende di non essere il protagonista di una tragedia, ma di una commedia, nella quale finisce per scomparire la distinzione tra il bene e il male. Ma quando il male diventa banale non ha più riprovazione. Per trattare quel tema senza cadere nel ridicolo della inverosimiglianza occorreva molto equilibrio, del quale bisogna rendere merito alla scrittura e alla direzione del film. Appartiene, invece, allo straordinario talento di Joaquin Phoenix la capacità di farci conoscere la mente bacata di Arthur nella sua degenerazione progressiva fino a diventare l’universo infernale di Joker. Le doti interpretative di Phoenix non dovrebbero sorprendere chi ricorda la mente contorta di Commodo, impersonato nel film “Il gladiatore”, e il tormento di Johnny Cash, protagonista del film “Quando l’amore brucia l’anima”. Con Joker, Phoenix supera sé stesso impersonando un ruolo ancora più complesso, la personificazione del male. Questo film non racconta soltanto la storia del cattivone di turno, ma anche, come sopra anticipato, la banalizzazione del male. Arthur uccide e diventa Joker. Da quel momento si pone al di là del bene e del male, ma parallelamente alla sua metamorfosi, anche i suoi concittadini mutano le loro personalità. La folla non solo approva le gesta di Joker, ma lo emula dando sfogo ad una follia collettiva che non lascia posto a salvezza e speranza alcuna. Joker involontariamente diventa l'uomo che rompe gli schemi ordinari. E per questo può diventare un simbolo per la folla che giustifica la violenza verso l'ingiustizia. Insomma, la folla è attratta dalla giustizia fai da te. Sarebbe, però, irriverente bigotteria ritenere diseducativo questo film che, in definitiva, si limita a riconoscere l’indecifrabilità del comportamento delle folle. Abbiamo imparato da tempo che le masse incoronano re, o acclamano dittatori, coloro che si pongono al di là del comportamento comune, che superano i limiti consentiti, magari sfidando l'ordine costituito, passando, per così dire, il Rubicone. Quello accade perché, soltanto dopo aver gettato il dato, un valente generale può diventare Cesare. Questa riflessione di fondo non può offuscare la grandezza del film. Immenso Phoenix.
Eden Artemisio
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eden artemisio »
[ - ] lascia un commento a eden artemisio »
|
|
d'accordo? |
|
johseph
|
lunedì 23 marzo 2020
|
raffinato
|
|
|
|
Phoenix mi ha lasciato praticamente incantato durante alcuni momenti della sua performance. Probabilmente il massimo della prova la mostra con De Niro ospite del programma. In quel momento Joaquin tira fuori tutto il suo repertorio. Eleganza, raffinatezza, ironia, rabbia. Nell'interpretazione, sembra addirittura effemminato, difficile da decifrare la scelta di quel messaggio. Jocker, è un quadro d'autore che viaggia di pari passo con la eccellente colonna sonora. I suoni ricreati, mi restituivano l'esatto stato psichico della mente di Arthur. Erano anni che non mi sentivo cosi eccitato durante l'inserimento del disco nel lettore Bluray. Gia dal primo minuto è possibile assaporare l'angisciante atmosfera del film.
[+]
Phoenix mi ha lasciato praticamente incantato durante alcuni momenti della sua performance. Probabilmente il massimo della prova la mostra con De Niro ospite del programma. In quel momento Joaquin tira fuori tutto il suo repertorio. Eleganza, raffinatezza, ironia, rabbia. Nell'interpretazione, sembra addirittura effemminato, difficile da decifrare la scelta di quel messaggio. Jocker, è un quadro d'autore che viaggia di pari passo con la eccellente colonna sonora. I suoni ricreati, mi restituivano l'esatto stato psichico della mente di Arthur. Erano anni che non mi sentivo cosi eccitato durante l'inserimento del disco nel lettore Bluray. Gia dal primo minuto è possibile assaporare l'angisciante atmosfera del film. Una pellicola da vedere e rivedere, pellicola che ho saputo ritagliarsi uno spazio solido nel cinema contemporaneo.
[-]
[+] effeminato?
(di stefania)
[ - ] effeminato?
|
|
[+] lascia un commento a johseph »
[ - ] lascia un commento a johseph »
|
|
d'accordo? |
|
filippo_24
|
sabato 4 aprile 2020
|
l'epilogo drmm
|
|
|
|
Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari.
[+]
Per impostare un commento critico sulla pellicola di Phillips è necessario partire da una premessa: il film è poco o niente fedele all'effettiva storia del Joker narrata nei fumetti DC. Non c'è, dunque, da aspettarsi un trattato biografico del variopinto villain (del quale non si conobbe mai il vero nome, per esempio), quanto una libera e svincolata interpretazione caratteriale e psicologica che il regista ha voluto rappresentare. Il racconto si apre su una Gotham City sporca e piena di rifiuti, nella quale fa capolino l'aspirante comico Arthur Fleck. Egli lavora come clown presso una struttura che non si preoccupa di tutelare i propri lavoratori, che vengono regolarmente aggrediti in strada o derubati dei propri cartelli pubblicitari. Disturbato mentalmente, Fleck emette risate stridule fuori controllo, motivo per cui la madre gli ha affibbiato il soprannome di "Happy". La vita del clown prende una piega drammatica nel momento in cui viene pestato in metropolitana da tre ragazzi, associati alla grande società di Thomas Wayne, padre di Bruce (Batman) e del quale la madre psicotica è sempre stata innamorata in maniera ossessiva e malsana. L'uccisione dei tre ragazzi comporterà il cambiamento profondo di Arthur, deriso e ormai fallito nei propri "sogni da cabaret", trasformandolo in un pericoloso omicida che tenta di fare giustizia in una città piena di egoismo, crudeltà e rifiuti che forse non sono soltanto materiali. Il messaggio che Phillips sembra infatti voler mandare attraverso il suo Joker è in tutto e per tutto considerabile quanto più drammatico possibile: la società rende l'uomo malvagio. Per quanto banale, l'idea di fondo è resa con efficacia dalla bravura di tutto il cast nella recitazione unita alla grande abilità cinematografica dell'entourage del quale Phillips si è servito per il film. La magistrale interpretazione di Phoenix è coadiuvata da una sceneggiatura che ne esalta l'importanza e da una fotografia eccellente che lo rende l'epicentro della narrazione anche a livello di immagine. Il film ha alcuni spunti interessanti, come quello della "fidanzata immaginaria", che però non riescono a sostenere una narrazione un po' forzata e per certi versi inverosimile. La rivalità tra Joker e Thomas Wayne (frutto di terribile equivoco) o la rivolta finale che vede Phoenix elevarsi a "Re di Gotham" e dei suoi cittadini, insoddisfatti del "ricco che surclassa il povero", sono soluzioni che non prestano purtroppo fede a quella che dovrebbe essere una storia con un fondo di reale, cadendo a tratti nell'utopismo societario e trasformando nel finale una Gotham City cupa e "noir", resa perfettamente da un'ambientazione cinematografica impeccabile, in un'arena per combattimenti. L'idea della società insoddisfatta degli squilibri tra ceti sociali è un evergreen che ha sempre funzionato, in questo caso non è però supportata da una concretezza narrativa nel descrivere la natura di questi squilibri, finendo per rendere i cittadini di Gotham dei vandali che prendono le parti di un clown assassino ancor prima di conoscerne le motivazioni che lo hanno spinto a massacrare tre giovani neolaureati, rei (per i cittadini) di lavorare per un uomo potente come Thomas Wayne, e dunque necessariamente sacrificabili. Quello di Phillips è un Joker che forse vive in un universo parallelo a quello originale, e questo è di grande audacia, la pecca principale del film è però quella di soffermarsi in maniera fin troppo marcata, stopposa ed elefantiaca su eventi narrativi irrilevanti e inverosimili, uno su tutti la convinzione di Arthur di essere figlio di Wayne per via dei disagi della madre. L'opera di Phillips può quasi prendere la valenza di un trattato utopistico di psico-sociologia con un fondo di sostanziosa realtà, che non rende però omaggio a quella che è in tutte le sue complesse sfaccettature la mente criminale più complessa e geniale di tutto l'universo dei cinecomics, puntando tutto sul sentimento e lasciando poco spazio alla verosimiglianza, sia rispetto al personaggio descritto e sia ad una successione di eventi che lasciano perplessi per via di un'esagerazione nell'esaltazione della follia del Fleck, condita troppo spesso da situazioni paradossali. Cinematograficamente parlando, il film è una pellicola di pregevole fattura, a tratti incrinata da una storia che nei momenti clou si perde nelle proprie complicazioni.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo_24 »
[ - ] lascia un commento a filippo_24 »
|
|
d'accordo? |
|
stenoir
|
venerdì 5 marzo 2021
|
il lato oscuro di un "clown"
|
|
|
|
Una nuova rivisitazione del celebre e malvagio personaggio dei fumetti della DC, nato come alter-ego e nemesi di Bat-Man; in questo film, diretto da Todd Phillips, però, delle storie di Bob Kane, oltre ad alcuni nomi “classici”, come Gotham City (altri non è che la New York del 1981, anno in cui nella Big Apple si registrò, secondo le cronache, un livello di violenza mai raggiunto, probabilmente, né prima né dopo e ritengo tale scelta non casuale), il manicomio Arkham e la famiglia Wayne, c’è poco altro. Uno straordinario Joaquin Phoenix è Arthur Fleck, un uomo con problemi mentali, schizofrenico, ostile verso gli altri e nei confronti della società, così come gli altri e la società sono ostili verso lui, o almeno questo è ciò che percepisce Arthur.
[+]
Una nuova rivisitazione del celebre e malvagio personaggio dei fumetti della DC, nato come alter-ego e nemesi di Bat-Man; in questo film, diretto da Todd Phillips, però, delle storie di Bob Kane, oltre ad alcuni nomi “classici”, come Gotham City (altri non è che la New York del 1981, anno in cui nella Big Apple si registrò, secondo le cronache, un livello di violenza mai raggiunto, probabilmente, né prima né dopo e ritengo tale scelta non casuale), il manicomio Arkham e la famiglia Wayne, c’è poco altro. Uno straordinario Joaquin Phoenix è Arthur Fleck, un uomo con problemi mentali, schizofrenico, ostile verso gli altri e nei confronti della società, così come gli altri e la società sono ostili verso lui, o almeno questo è ciò che percepisce Arthur. Espliciti sono i riferimenti a Re per una notte (con la differenza che in Joker, Robert De Niro interpreta il conduttore dello show, mentre nel film del 1983 il personaggio televisivo era un Jerry Lewis, ormai alle “battute finali” della propria carriera; proprio come De Niro/Pumpkin nel film di Scorsese, anche Arthur sogna di partecipare al proprio show televisivo preferito)e a Taxi Driver, nell’alienazione e nella distruzione psicofisica del protagonista che, per entrambi, sfocia nelle rispettive, drammatiche e indimenticabili, scene finali.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a stenoir »
[ - ] lascia un commento a stenoir »
|
|
d'accordo? |
|
alesimoni
|
lunedì 7 ottobre 2019
|
joaquin senza limiti
|
|
|
|
Capolavoro assouto. Basterebbero due parole per definire il film di Todd Phillips, che dovrebbere erigire un monumento al fenomenale Joaquin Phoenix: se il film entrerà, come è probabile, nella storia del Cinema, lo si deve al suo istrionico protagonista. Phoenix riesce a condurci nelle viscere della malattia mentale di Arthur, ce le fa vedere da dentro, ce le fa capire, ce le fa sentire. Per questo motivo è impossibile non provare empatia per lui,è impossibile non provare dolore con lui. Il martirio della mente si fa deformazione fisica , mostrata ed esibita dal regista per enfatizzare la condizione di Arthur, ma non ce n'era forse neanche bisogno, tale è l'espressività del volto e soprattutto degli occhi di Phoenix , il che non è certo una novità.
[+]
Capolavoro assouto. Basterebbero due parole per definire il film di Todd Phillips, che dovrebbere erigire un monumento al fenomenale Joaquin Phoenix: se il film entrerà, come è probabile, nella storia del Cinema, lo si deve al suo istrionico protagonista. Phoenix riesce a condurci nelle viscere della malattia mentale di Arthur, ce le fa vedere da dentro, ce le fa capire, ce le fa sentire. Per questo motivo è impossibile non provare empatia per lui,è impossibile non provare dolore con lui. Il martirio della mente si fa deformazione fisica , mostrata ed esibita dal regista per enfatizzare la condizione di Arthur, ma non ce n'era forse neanche bisogno, tale è l'espressività del volto e soprattutto degli occhi di Phoenix , il che non è certo una novità. L'attore usa quindi tutto il corpo, come fosse un manoscritto (ma senza tatuaggi..) per descrivere l'abisso mentale, le difficoltà , ma anche la grazia , la dolcezza e il suo essere preso a schiaffi dalla vita: nelle sequenze in cui balla, c'è tutto questo. Quando si sforza di trattenere le risate, deglutisce e rischia di vomitare rende al massimo il suo dolore e la sua difficoltà di stare al mondo, ti fa stare male. Il tutto è ben confezionato tecnicamente dal regista, anche con una bella fotografia , lo script è anch'esso valido con l'approfondimento della storia con la mamma. Inspiegabile la bassissima valutazione di Mymovies, ma il film non ne risente visto il grande successo che speriamo porterà finalmente a Joaquin la strameritata statuetta.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alesimoni »
[ - ] lascia un commento a alesimoni »
|
|
d'accordo? |
|
roberto
|
lunedì 14 ottobre 2019
|
grazie phillips, grazie phoenix
|
|
|
|
Nel momento in cui entrate in sala rimuovete dalla vostra mente il termine "cinecomic", sarebbe un insulto. Questo film è molto di più, è un film d'autore che si rifà molto al "Taxi Driver" di Scorsese. E' un film profondo, ragionato, equilibrato, ben scritto, mai noioso, che cresce col passare dei minuti ed esplode nelle scene finali. E' un film mostruoso e talmente potente che alla fine anche i più sfegatati sostenitori dell'uomo pipistrello sono tentati dallo schierarsi con il clown perchè riescono, ora, a comprenderlo. L'impressione che hai all'uscita della sala è di aver visto qualcosa di strano, di qualità, di perfetto. La colonna sonora è semplice ed efficace, perfetta. Non riesco a trovare difetti.
[+]
Nel momento in cui entrate in sala rimuovete dalla vostra mente il termine "cinecomic", sarebbe un insulto. Questo film è molto di più, è un film d'autore che si rifà molto al "Taxi Driver" di Scorsese. E' un film profondo, ragionato, equilibrato, ben scritto, mai noioso, che cresce col passare dei minuti ed esplode nelle scene finali. E' un film mostruoso e talmente potente che alla fine anche i più sfegatati sostenitori dell'uomo pipistrello sono tentati dallo schierarsi con il clown perchè riescono, ora, a comprenderlo. L'impressione che hai all'uscita della sala è di aver visto qualcosa di strano, di qualità, di perfetto. La colonna sonora è semplice ed efficace, perfetta. Non riesco a trovare difetti. Phoenix merita l'Oscar. Phillips scrive e dirige meglio di Nolan. Se siete un fan dell'uomo pipistrello non potete perdere questo film, se non lo siete non badate al titolo della pellicola e andate a vedere la storia di un semplice uomo, sfortunato e malato. Questa pellicola prova che per fare un bel film non servono montagne di dollari ed effetti speciali. Basta avere un'idea, saper scrivere una sceneggiatura ed avere un regista che sa fare il suo mestiere. Fa capire quanto sia bassa la qualità dei film Disney/Marvel sia dal punto di vista della sceneggiatura che della regia. Questo film rimarrà un cult, un punto di riferimento per tutti i progetti che seguiranno.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a roberto »
[ - ] lascia un commento a roberto »
|
|
d'accordo? |
|
steven!
|
venerdì 18 ottobre 2019
|
put on a happy face
|
|
|
|
Stupisce vedere che Bradley Cooper abbia voluto co-produrre questo film. Lascia stupefatti invece il risultato di Todd Philips. Ci aveva divertiti con "School for scoundrels" e con la trilogia di "Una notte da leoni", ma con Joker, Philips ha dato prova di capacità veramente magistrali.
Il film si apre presentando Arthur di fronte allo specchio. In questa scena il conflitto interiore del personaggio viene descritto attraverso lo sguardo della sua personalità sdoppiata: le due personalità di Arthur si osservano attraverso uno specchio mentre una delle due cerca di prendere il sopravvento, ed egli piange mentre cerca di indossare un sorriso come scopriremo che gli ha detto sempre sua madre, nello stesso identico modo in cui viene indicato al Conrad Veidt di "L'uomo che ride", del 1928, in una delle famose scene del film.
[+]
Stupisce vedere che Bradley Cooper abbia voluto co-produrre questo film. Lascia stupefatti invece il risultato di Todd Philips. Ci aveva divertiti con "School for scoundrels" e con la trilogia di "Una notte da leoni", ma con Joker, Philips ha dato prova di capacità veramente magistrali.
Il film si apre presentando Arthur di fronte allo specchio. In questa scena il conflitto interiore del personaggio viene descritto attraverso lo sguardo della sua personalità sdoppiata: le due personalità di Arthur si osservano attraverso uno specchio mentre una delle due cerca di prendere il sopravvento, ed egli piange mentre cerca di indossare un sorriso come scopriremo che gli ha detto sempre sua madre, nello stesso identico modo in cui viene indicato al Conrad Veidt di "L'uomo che ride", del 1928, in una delle famose scene del film. Aldilà dell'eccezionale utilizzo del subtesto in questa scena, il regista ci pone di fronte ad un film che vuole essere una celebrazione di alcune pietre miliari del cinema, che vengono citate e persino messe in scena nel corso della pellicola. Il Joker di Todd Philips è il Gwynplaine di Conrad Veidt, sorride come lui, soffre come lui perché non riesce ad essere sé stesso, e come lui ride e sorride perché è stato sfregiato da piccolo, solo che in questo caso la cicatrice è incisa nel subconscio del personaggio piuttosto che sul suo volto. I parallelismi con l'opera di Paul Leni sono evidenti: Arthur si porta dentro un mondo interiore nero come quello di Gwynplaine, e come quest'ultimo anche Arthur ad un certo punto legge su carta di essere figlio dell'uomo più potente di Gotham e decide di andare a parlarci. La sorte di Arthur però è differente. Lo storytelling ci fornisce presto altre informazioni sulla sua vita. Scopriamo presto che fa uso di psicofarmaci e che pare sia stato internato ad Arkham (non capiamo però se egli sia attualmente ricoverato ad Arkham e se tutto il film avvenga nella folle immaginazione del personaggio), che è povero, che vive con la madre di cui si prende cura e che subisce ogni tipo di angheria nella vita, senza fare nulla per meritarle. Non ha alcuna colpa quando una gang di ragazzini lo deruba del cartello di un negozio per il quale sta facendo advertising, e non sta facendo altro che la cosa più giusta quando li insegue per recuperarlo, ma per tutto ciò riceve in cambio solo un pestaggio ed una brutta strigliata dal suo capo. Tra l'altro, la naturalezza con cui il regista ci presenta la scena ci fa intendere che probabilmente questa è routine per Arthur. Arthur ha una natura buona, ma non lo ascolta nessuno quando viene chiamato in causa per dimostrare la bontà dei suoi intenti: cerca l’umanità di cui ha bisogno ma riceve in cambio solo ludibrio e discredito. È più lucido di chiunque altro quando comprende che il lato peggiore di avere una malattia mentale, come dice egli stesso, è che tutti si aspettano che ti comporti come se non l’avessi. Mentre egli torna a casa scopriamo che vive nei bassifondi di Gotham City, che Thomas Wayne ha deciso di candidarsi come sindaco e che Arthur sembra essere l'unico a non rendersi conto dell'instabilità mentale della madre. Difatti entrambi sembrano non osservarsi al punto che nessuno dei due sembra comprendere che l'altro ha una malattia mentale. Nel frattempo Arthur sogna di diventare un comico famoso, e l'oggetto dei suoi sogni trova corpo nella persona di Murray Franklin, il suo idolo. Qui abbiamo un altro parallelismo con il film "Re per una notte" di Martin Scorsese, in cui il protagonista, proprio come Arthur, sogna di diventare un comico famoso e di sfondare con il programma "The King of Comedy". È ironico che sia proprio De Niro a condurre il programma televisivo, dato che nel film del 1983 egli interpretava l'aspirante comico poi divenuto omicida del conduttore, come accade anche in Joker. Ed è interessante anche come Todd Philips si rifaccia a Martin Scorsese per fare della sua pellicola lo studio di un personaggio che vive la sua vita camminando sul filo del rasoio che separa i suoi tentativi di condurre una vita considerata "normale", secondo i canoni convenzionali della società, e la sua caduta libera nel baratro della sua pazzia. Osservare Arthur è come osservare il disorientato, isolato ed alienato Travis Bickle di "Taxi Driver" mentre scivola nella sua turbinosa caduta verso la sua inarrestabile instabilità. Ogni nuova scena abbiamo un nuovo riferimento a come Arthur sia una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e di come così come guidare il taxi trattiene Travis dallo scoppiare, così gli psicofarmaci sono l'unica cosa che tiene buono Arthur, tanto che non si rende neppure conto di impiastricciare il suo quaderno delle barzellette di frasi deliranti e di disegni iracondi e macabri. Ma Arthur Feckle non è stato nei Marines. Non diventa neppure un eroe. Arthur potrebbe essere chiunque di noi. È un fallito, un uomo intelligente ma frustrato, insoddisfatto della sua vita, soggetto a soprusi, povero, delirante, bisognoso di aiuti dalle istituzioni che però non arrivano. Come gli dice la sua terapista quando gli comunica che i fondi sono stati tagliati, "A nessuno importa di uno come te", e come egli stesso dopo aver ben compreso queste parole afferma in diretta TV: "se avessero ucciso me mi avreste camminato sopra". Ed è proprio a Scorsese che il regista si ispira per descrivere l’esistenza morbosa di Arthur. Così come Scorsese utilizza ingegnosamente inquadrature e colori per descrivere una New York stretta nella morsa della perversione e del degrado, così anche Philips riesce nell’intento di disegnare con la sua composizione visiva una Gotham City divisa in due, tra ricchi e poveri, Lords e plebei, in un clima talmente teso che l’attrito si può quasi palpare con mano. Siamo nel 1981, e anche a Gotham come a New York City ,il 1981 è foriero di una crisi d’infestazione di ratti per tutta la città, di spazzatura che si accumula agli angoli della strada, di un’impennaggio nella criminalità urbana e di vigilantes mascherati che decidono di farsi giustizia da soli. Sono tempi moderni in cui il regista vuole descrivere il viaggio di una persona verso il più totale delirio, perché per il regista sono i tempi moderni a creare macchine psicotiche come Joker. D’altronde egli non è che un ingranaggio in un sistema molto vasto. Come il Charlot di “Tempi moderni”, anche Arthur lotta per sopravvivere, ma le violenze psicologiche a cui è continuamente sottoposto lo rendono ossessionato al punto di non vedere più altro che buio, così come Charlot non distingue più i bulloni dai bottoni di una gonna. È enigmatica la scena in cui Arthur irrompe nel cinema in cui viene proiettato “Tempi moderni” di Charlie Chaplin, ed entra in sala quando sullo schermo si vede Charlot che pattina bendato a ridosso di uno strapiombo, a simbolizzare Fleck che vaga disperatamente e senza soluzione di continuità verso il baratro di pazzia che farà di lui il Joker. Simbolico è anche lo sguardo che egli ha quando si sente in imbarazzo quando tutti intorno a lui ridono, e sembrano ridere di lui. Ma i suoi occhi dicono tutto: la trasformazione ormai è completa, il viaggio di Fleck è terminato. Le due personalità che nella prima scena erano sdoppiate e si guardavano negli occhi hanno risolto i loro dilemmi: Fleck non si guarda più allo specchio, non ha più un doppelgänger; Arthur Fleck non esiste più, da adesso c’è solo quello che Murray definirà come il Joker. E non è un caso che il nome di questo nuovo individuo gli venga dato esattamente da un uomo dello spettacolo. Questo mostro è stato prodotto dalla società stessa, da illusioni e delusioni, da soprusi e violenze e dalla mescola nei media di spettacolo pubblico e di degrado morale. Todd Philips usa come palco una società che non ascolta le persone, che intrappola miliardi di individui in carceri emotive e psicologiche dalle quali non hanno il coraggio di fuggire. Ed è la stessa società in cui viviamo anche oggi, ed Arthur incarna lo scettro divino che catalizza le frustrazioni di ogni operaio, di ogni insegnante, di ogni lavoratore e di ogni debole, e che verrà usato da una mano celeste come il bastone di Mosé per dividere le acque tra potenti e sfruttati. Una volta sorto dalle ceneri della distruzione del vecchio Arthur, il Joker finalmente sta bene, si sente libero: non ha più bisogno né della madre, né delle medicine, né della sua fidanzata immaginaria. L’uomo che ride dei tempi moderni è maturo per guidare un tumulto nella città di Gotham e per dare con la massima violenza una voce ai malumori che vivono sul volto di tutto il dolore e di tutto lo sfruttamento che i meno abbienti hanno sofferto per secoli. Quello di Todd Philips è quindi un antieroe, un altro ingranaggio del sistema, incarnato in quel male necessario che deve esistere per livellarlo. L’interpretazione di Joaquin Phoenix è fenomenale, riesce a sembrare completamente pazzo persino quando cammina e quando respira. I suoi passi di danza sono perfettamente sincronizzati alla melodia della follia del personaggio. Ma la magistrale prestazione dell’attore protagonista non possederebbe la verve incredibile che riesce ad esprimere sullo schermo senza l’accompagnamento di una colonna sonora che sembra scritta nella mente di Arthur Fleck. Le musiche sono egregiamente studiate per massimizzare l’impatto delle immagini, così come l’ottima sceneggiatura nelle mani di Philips fanno di questo film probabilmente la pellicola dell’anno del 2019, e i pregi di Joker superano di gran lunga le mancanze del regista di farci comprendere la linea temporale degli eventi, e di risolvere i dilemmi matematici che sorgono nella mente quando ci si chiede come faccia Arthur a permettersi tutte le sue azioni a fronte di quelle che sembrano essere presentate come ristrettezze economiche più che critiche. Ma probabilmente è tutto nella mente di Arthur.
Consigliatissimo. Andate a vederlo, ma prima mi raccomando, indossate una faccia felice.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a steven! »
[ - ] lascia un commento a steven! »
|
|
d'accordo? |
|
angelo umana
|
lunedì 21 ottobre 2019
|
that's life!
|
|
|
|
Tu sei perfetto tu non hai un difetto e noi invece no, ma non è giusto che tu hai tutto e noi invece no, è una vecchia canzone a cui questo film può far pensare. Si tratta – anche – di una moltitudine di signor nessuno, dimeno fortunati che prendono le parti dell'assassino, invidiosi di chi è stato più fortunato, gente che non ha successo, che non compare mai in tv o nella stampa, gente ignorata, la massa. L'assassino, o colui che è diventato di colpo il loro eroe, è Joker, un rifiuto sociale, un reietto, con problemi psichiatrici ed emarginato. Si è voluto far chiamare così questo Arthur Fleck, Joaquin Phoenix nella parte, che ha dovuto molto dimagrire e apparire pallido, emaciato, pelle e ossa, sì da rappresentare bene un “povero cristo” sui 40-50 anni che percorre stanco le strade di Gotham (o Nyk), nel tragitto dal lavoro al suo povero e malandato appartamento, dove si occupa coscienziosamente della madre allettata e anche lei senza tutte le rotelle a posto.
[+]
Tu sei perfetto tu non hai un difetto e noi invece no, ma non è giusto che tu hai tutto e noi invece no, è una vecchia canzone a cui questo film può far pensare. Si tratta – anche – di una moltitudine di signor nessuno, dimeno fortunati che prendono le parti dell'assassino, invidiosi di chi è stato più fortunato, gente che non ha successo, che non compare mai in tv o nella stampa, gente ignorata, la massa. L'assassino, o colui che è diventato di colpo il loro eroe, è Joker, un rifiuto sociale, un reietto, con problemi psichiatrici ed emarginato. Si è voluto far chiamare così questo Arthur Fleck, Joaquin Phoenix nella parte, che ha dovuto molto dimagrire e apparire pallido, emaciato, pelle e ossa, sì da rappresentare bene un “povero cristo” sui 40-50 anni che percorre stanco le strade di Gotham (o Nyk), nel tragitto dal lavoro al suo povero e malandato appartamento, dove si occupa coscienziosamente della madre allettata e anche lei senza tutte le rotelle a posto. Lo vediamo all'inizio nello studio di un'assistente sociale che ne controlla i “progressi” e si accerta delle sue condizioni; presto però questo servizio finirà, per taglio delle risorse comunali e ad Arthur mancherà questa specie di sostegno o di ascolto, dirà e le medicine, e con chi parlo?
Arthur è un debole che si trasforma, un novello Cane di paglia. Ha sempre desiderato di apparire in tv, immaginava di stare nel programma televisivo d'intrattenimento del conduttore famoso, arguto e spiritoso (uno splendido Robert De Niro), voleva essere un comico. Ha preso infine parte tra il pubblico a questo programma, tra gli spettatori invitati in studio, simili ai tanti che questi programmi seguono da casa. La sua risata nervosa ha attirato l'attenzione del conduttore che lo ha chiamato sul palco, ne è stato abbracciato e Arthur un abbraccio l'ha sempre desiderato, un padre non l'ha mai avuto, e scopre pure di essere figlio adottivo della donna che accudisce, la quale lo ha sempre chiamato col nomignolo di Happy, un ossimoro. La comparsata in tv lo ha fatto sentire guardato o considerato, se esistevo davvero persino io non lo sapevo e – dopo il suo primo triplice omicidio con la maschera di Joker – cominciano a notare che esisto. Questo desiderava, in una società dovenessuno prova a mettersi nei panni dell'altro.
Lui è stato finalmente in tv, io in tv!, l'ambiente è esattamente come lo immaginavo. Il sogno di tanti. Ma da quel conduttore verrà dileggiato, sarà naturalmente deriso dal pubblico. Soffre poi di quegli attacchi di riso nei momenti d'ansia e tensione, ma è un riso triste, forzato, un riso che non corrisponde allo stato d'animo interiore, ha scritto in un biglietto. Ha pure un diario nutrito di suoi scritti, la grafia è manifestamente “disturbata”, una delle frasi è spero solo che la mia morte abbia più senso della mia vita. Un'altra sua frase famosa, che denota delusione per tutti gli sforzi di fare parte del mondo “normale”, è: ho sempre pensato che questa fosse una tragedia, invece è solo un cazzo di commedia.
Più che il sangue e le pistolettate (molte di meno cmq dei film di Tarantino) ricorderemo di Joker “la tragedia di un uomo ridicolo”, un uomo piccolo che volle solo essere considerato da qualcuno, il bisogno d'amore e la frustrazione di non raggiungere quel mondo d'immagine, la fama: la sceneggiatura ce ne fa prendere la parte, è lui la vittima. Pare – per associazione di idee - che la violenza repressa di Hitler e quella di Charles Manson derivino, anche, per il primo di non essere ammesso ad una scuola d'arte, per il secondo di non aver sfondato nel mondo della musica. Un triste passato in Svizzera lo ebbe pure Mussolini, poi semplice giornalista capace di grandi proclami quando non era depresso, ma divennero così tutti “famosi”, considerati, apparvero.
E' un vero peccato che Joker non si sia sentito consolato dall'interesse della vicina di appartamento che abitava in quel palazzo, era la possibilità di un amore. Sorprende poi che quest'uomo smagrito e dall'andatura stanca, debole, poco nutrito e dalle spalle curve, scattasse a volte a correre con le sue lunghe leve, ma così è Joker. That's life! ci dice Sinatra nella canzone che accompagna il film, e mai testo è stato più appropriato.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a angelo umana »
[ - ] lascia un commento a angelo umana »
|
|
d'accordo? |
|
|