la camy
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mercoledì 8 gennaio 2020
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joker l'elogio della follia
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JOKER, L' ELOGIO DELLA FOLLIA!
Innanzitutto mi inchino davanti alla magnifica interpretazione da Oscar di Joaquin Phoenix che in un batter d'occhio, ti cattura nel suo personaggio come in una sorta di transfert, andando oltre, dunque, l'effetto empatico.
I primi piani, gli sguardi, le movenze, quella risata al limite tra il contagioso divertente e il sintomo evidente di un disagio patologico, sono gli ingredienti accattivanti che conducono lentamente lo spettatore nella mente e nel corpo del protagonista, e nella sua vita. Non c'è cattiveria in Arthur.
C'è una persona che per vivere, lavora, ed il suo lavoro è fare il Clown, far sorridere la gente e portare allegria e felicità.
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JOKER, L' ELOGIO DELLA FOLLIA!
Innanzitutto mi inchino davanti alla magnifica interpretazione da Oscar di Joaquin Phoenix che in un batter d'occhio, ti cattura nel suo personaggio come in una sorta di transfert, andando oltre, dunque, l'effetto empatico.
I primi piani, gli sguardi, le movenze, quella risata al limite tra il contagioso divertente e il sintomo evidente di un disagio patologico, sono gli ingredienti accattivanti che conducono lentamente lo spettatore nella mente e nel corpo del protagonista, e nella sua vita. Non c'è cattiveria in Arthur.
C'è una persona che per vivere, lavora, ed il suo lavoro è fare il Clown, far sorridere la gente e portare allegria e felicità. E sta qui il primo paradosso. Lui che ha una vita triste, solitaria, una madre allettata da accudire, una malattia mentale non ben definita e curata dai farmaci, è l'adepto alla felicità altrui. Una sorta di ossimoro comportamentale che ha l'effetto di stringere una sorta di patto solidale tra spettatore e protagonista. La sua vita si srotola in una città dove la criminalità dilaga per povertà e disoccupazione, abbandonata a se stessa, immersa nell'immondizia, dimenticata anche dalle istituzioni che nulla fanno per risolvere la situazione, se non sfruttarla per una campagna elettorale del tutto personale!
Arthur è un clown! È nato per far sorridere gli altri! Questo gli ha sempre detto sua mamma sin da piccolo, e lui ne è convinto a tal punto da avere un sogno: quello di poter raccontare un giorno le sue barzellette di fronte ad un pubblico che lo applaude, che riconosce il suo talento, fino ad approdare nell'ambito show di Murray Franklin, e che lui segue pedissequamente assieme alla madre. Gratuite sono dunque le angherie che il quotidiano a volte gli riserva. Insopportabili le frequenti ingiustizie e le violenze incassate per tradimento, per abbandono, per l'arroganza della gente cosiddetta "normale". Chi stabilisce il confine tra ciò che è giusto e sbagliato? Chi stabilisce il confine tra sanità mentale e follia? La reazione di Joker è quella di un folle che degenera, o quella di una qualunque persona "normale" che all'ennesimo sopruso reagirebbe con quell'unico linguaggio che rende visibile l'invisibile? Ecco perché Joker dall'antieroe si trasforma nell'eroe per il quale si fa il tifo. Ecco perché diventa comprensibile la genesi dell'intolleranza, della rabbia, e di quella violenza che si vendica delle iniquità subite e che pertanto appare meno deprecabile! Queste le premesse che ribaltano la tradizionale divisione manichea ove quelli che sembrano i cattivi "fuori"(agli occhi degli altri) sono invece buoni "dentro" e quelli che sembrano i buoni "fuori" sono invece cattivi "dentro", nell'animo.
E la follia di Joker allora che ruolo ha nei crimini che poi commette? Quella risata che sembra sbeffare la vita, quella vita che non gli ha mai offerto nulla di buono, quella risata che sembra divertirlo come artefice del male, è però anche intrisa di un lamento, un guaito inascoltato, una richiesta d'aiuto di cui nessuno si è mai occupato!!! È facile dunque fraintendere il messaggio di un film denuncia come questo. Sembra infatti inneggiare la violenza e la vendetta piuttosto che condannare tanta crudeltà come frutto di una malattia mentale.
Ma è forse più sano l'atteggiamento di una società che vive nell'indifferenza dello status dei più deboli, nell'arroganza dei propri privilegi e della propria presunta normalità??
Ecco perché JOKER è un film di grande impatto emotivo, nel quale quasi tutti possono identificarsi, e dal pericoloso effetto emulatore per il sottile confine tra finzione e realtà!
La Camy
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luca scialo
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giovedì 3 ottobre 2019
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“non esistono lupi cattivi, ma solo lupi infelici”
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In una Gotham anni ‘80, sempre più degradata, dove infervora la violenza e avanza la sporcizia al punto da provocare malattie infettive, Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) è un giovane che sogna di salire un giorno su un palcoscenico importante, dinanzi ad un vasto pubblico. Proprio come il suo comico preferito, lo Showman Murray Franklin (Robert De Niro).
Nel frattempo, sbarca il lunario con lavoretti da clown che gli offre un’agenzia. Come promuovere attività commerciali o praticare la clown terapia in ospedali per bambini. Vive in palazzo degradato insieme alla anziana madre, Penny (Frances Conroy), la quale vive tutto il giorno in casa da teledipendente. Scrive continue lettere per il milionario Thomas Wayne, per il quale ha lavorato trent’anni prima, sperando che possa offrire loro un aiuto.
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In una Gotham anni ‘80, sempre più degradata, dove infervora la violenza e avanza la sporcizia al punto da provocare malattie infettive, Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) è un giovane che sogna di salire un giorno su un palcoscenico importante, dinanzi ad un vasto pubblico. Proprio come il suo comico preferito, lo Showman Murray Franklin (Robert De Niro).
Nel frattempo, sbarca il lunario con lavoretti da clown che gli offre un’agenzia. Come promuovere attività commerciali o praticare la clown terapia in ospedali per bambini. Vive in palazzo degradato insieme alla anziana madre, Penny (Frances Conroy), la quale vive tutto il giorno in casa da teledipendente. Scrive continue lettere per il milionario Thomas Wayne, per il quale ha lavorato trent’anni prima, sperando che possa offrire loro un aiuto. Ma non ha ancora ricevuto risposta.
Lo stesso Wayne ha deciso di candidarsi come Sindaco, mentre Arthur non riesce a sfondare. Anzi, la psicopatia che lo affligge fin da bambino gli fa commettere molti errori al lavoro, al punto da avere continui problemi. Ma soprattutto, è la stessa società che lo trascina verso il baratro della follia. Finendo per perdere anche l'unica certezza della sua problematica esistenza. Ed ecco che le vite del milionario Wayne e del malconcio Arthur corrono su due binari opposti, ma verso la stessa direzione. Finendo per scontrarsi.
Todd Philips è stato chiamato nel difficile compito di trasporre sul grande schermo un personaggio della Dc Comics. Il villain per eccellenza. Dopo l’indimenticabile interpretazione di Heath Ledger e dopo gli strepitosi successi commerciali della Warner. Certo, ha già proposto film di successo, sebbene di altro genere, come Starsky & Hutch, Parto col folle e la trilogia de Una notte da leoni.
Comunque, possiamo dire che la missione sia compiuta. Sarà che alla produzione ci troviamo un certo Martin Scorsese. E la qualità si vede e si sente. Anche perché gli appassionati di Cinema non possono non averci intravisto due tra i suoi più grandi successi: Taxi Driver e Re per una notte. Entrambi peraltro interpretati da De Diro, qui presente nel ruolo dello showman Murray Franklin.
Con Taxi Driver ci troviamo in comune le caratteristiche principali del personaggio, reso sempre più folle ed isterico dalla società, che vede come causa di tutti i suoi mali un politico. E Re per una notte, dove lo showman stimato finisce per diventare ossessione del fan. Ed in questo caso, De Niro inverte il proprio ruolo.
Ma la missione è compiuta anche, ed è pure giusto dire soprattutto, grazie all’ennesima magnifica interpretazione di Joaquin Phoenix. Capace di passare dal potente infelice Commodo al timido protagonista di Her, passando per l’aureo Gesù di Maria Maddalena, fino al folle criminale Arthur Fleck. Giusto per citare qualche esempio.
Joaquin Phoenix non sembra proprio essere inferiore ad altri che hanno già interpretato il villain alter-ego di Batman. Si pensi a Cesar Romero, del mitico telefilm anni ‘60. A Jack Nicholson, nel Batman di Tim Burton del 1989. A quello di quasi vent’anni dopo, interpretato in maniera indimenticabile dal succitato Heath Ledger ne Il Cavaliere oscuro. Il quale, si addentrò così tanto nel personaggio, da impazzire e morire di psicofarmaci.
Poi nel 2016 è approdato sugli schermi il Joker di Jared Leto, in The Suicide Squad. Riuscito, al punto che si era parlato di uno spin-off a lui dedicato. Progetto poi accantonato.
Ognuno di loro ha dato corpo e anima ad un Joker diverso. Quello di Romero risente del tocco Kitch degli anni '60. Quello di Nicholson somiglia più ad un Boss mafioso. Quello di Ledger ha più la parvenza di un anarchico terrorista. Infine, quello di Leto si avvicina quasi ad un criminale dark-gothic.
Il Joker di Phoenix, invece, è un criminale prodotto della società malsana in cui vive. Trascinato nella follia da una vita meschina con lui fin dalla nascita. Le sue mimiche facciali, il corpo smagrito e con vistose imperfezioni fisiche naturali, si prestano bene per quel disperato clown segnato dalla vita. La risata isterica, frutto di un problema psichico, lascia il segno.
La pellicola è ispirata liberamente al fumetto The Killing Joke, pubblicato nel 1988. Il quale mostra per la prima volta in una striscia le origini del nemico principale di Batman.
E pensare che The Joker è stato fatto con un badget ridottissimo. Segno questo che quando si utilizzano ottimi ingredienti, non occorre per forza una spesa esosa. Ogni riferimento a Rambo: Last blood è puramente voluto.
Lo spettatore più attento, infine, resterà dubbioso sul finale. E’ tutto un sogno della mente contorta di Fleck o ha realizzato davvero quella folle impresa? Un dubbio che ci piace cullare, così come quello relativo al fatto se ci sarà o meno un seguito.
Resta comunque un punto di approdo conclusivo di un viaggio verso la follia. Dove forse ci rivediamo in tanti e dove buoni e cattivi si mescolano e si confondono. Come già accaduto ne Il Cavaliere oscuro. Del resto, come diceva il compianto Don Oreste Benzi: “Non esistono lupi cattivi, ma solo lupi infelici”.
E lui di lupi, nella sua attività sacerdotale, ne aveva visti tanti. Proprio come Arthur, che però non ha trovato buoni pastori sulla sua strada.
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frascop
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giovedì 3 ottobre 2019
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se bruciasse la città joaquin e todd ci sono
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Arthur Fleck nel 1980 vive a Gotham City in ristrettezze economiche con l'anziana madre, la quale spera che il candidato sindaco si ricordi di lei dopo tanti anni in cui ha lavorato per lui. Si mantiene facendo il clown per strada e in ospedale, sognando di diventare un comico. Dopo un pestaggio subìto da alcuni ragazzacci, un suo collega gli regala una pistola per difendersi. E’ l’inizio di un incontrollabile processo di trasformazione in un vendicatore, come il tic nervoso che lo fa ridere a sproposito e ha reso la sua vita sociale impossibile. Ma la città comincia a eleggere la sua maschera come quella di un eroe degli oppressi e la tv (il simil Letterman è Robert De Niro), per ridere di lui, finisce senza saperlo per dargli la possibilità di chiudere la partita.
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Arthur Fleck nel 1980 vive a Gotham City in ristrettezze economiche con l'anziana madre, la quale spera che il candidato sindaco si ricordi di lei dopo tanti anni in cui ha lavorato per lui. Si mantiene facendo il clown per strada e in ospedale, sognando di diventare un comico. Dopo un pestaggio subìto da alcuni ragazzacci, un suo collega gli regala una pistola per difendersi. E’ l’inizio di un incontrollabile processo di trasformazione in un vendicatore, come il tic nervoso che lo fa ridere a sproposito e ha reso la sua vita sociale impossibile. Ma la città comincia a eleggere la sua maschera come quella di un eroe degli oppressi e la tv (il simil Letterman è Robert De Niro), per ridere di lui, finisce senza saperlo per dargli la possibilità di chiudere la partita. Un film livido, feroce, scritto da Todd Phillips, che poi è quello di “Una notte da leoni”, anche lui desideroso di trasformare una commedia in tragedia e viceversa. Ma il personaggio (per il quale era stato pure in lizza Di Caprio) lo poteva rendere al meglio solo il più geniale disadattato degli attori in circolazione, Joaquin Phoenix. E’ dal malvagio imperatore Commodo de “Il gladiatore”, passando per i film di M. Night Shyamalan, sino a “Her” e “The Master” che Phoenix (1974), qui scheletrico, fa il matto come nessuno. Ma come al solito è un matto attraverso cui passano tutte le miserie, le ingiustizie, la malvagità, le sofferenze di una società. Film bellissimo, con la musica affascinante della islandese Hildur Guõnadóttir.
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cardclau
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domenica 13 ottobre 2019
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troppa pazzia
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Il film del regista americano Todd Philips pensa di descrivere come potrebbe essere la società umana futuribile e lontana, direi degli Stati Uniti, forse tra qualche decennio o fra qualche secolo. Per certi versi porta a pensare all’ambiente un po’ inquietante, ma sicuramente più fantascientifico di questo, descritto dall’indimenticabile Blade Runner di Ridley Scott. Il merito è che Todd Philips con Joker, forse, apparentemente, inconsapevolmente, per tema di dar fastidio, sta dipingendo con insolito realismo non come sarà ma come è, la società occidentale.
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Il film del regista americano Todd Philips pensa di descrivere come potrebbe essere la società umana futuribile e lontana, direi degli Stati Uniti, forse tra qualche decennio o fra qualche secolo. Per certi versi porta a pensare all’ambiente un po’ inquietante, ma sicuramente più fantascientifico di questo, descritto dall’indimenticabile Blade Runner di Ridley Scott. Il merito è che Todd Philips con Joker, forse, apparentemente, inconsapevolmente, per tema di dar fastidio, sta dipingendo con insolito realismo non come sarà ma come è, la società occidentale. Dico con insolito realismo perché gli americani sono sorprendenti, hanno bisogno di studiare tutto, scientificamente, e nel farlo dimostrano incontrovertibilmente che i poveri muoiono prima dei ricchi. Punto, poi tutto si ferma là, la discussione politica svapora in una nuvoletta azzurrina impalpabile, Ken Loach è assimilabile al CCCP, e tutto procede come niente fosse stato. Ritorniamo al film, Todd Philips riesce a fare un passo avanti nella comprensione di questo marasma, magari non così efficacemente come il Dogman di Matteo Garrone, ma sempre un passo avanti. Descrive una società sempre più impoverita e virtuale, i media, dove la povertà si coniuga decisamente con la miseria, dove per la stragrande maggioranza dei più, troppo normali, l’uniche possibilità di sopravvivenza sono il crimine, la galera, fare i poliziotti o la guerra per i potenti, la prostituzione, …, la pazzia, come in questo caso. E questo è il limite del film, la pazzia sconfina nell’individualità e pur essendo inquietante, in qualche modo rassicura lo spettatore, perché deresponsabilizzante. Arthur Fleck/Joker [Joaquin Phenix] lo è troppo, picchiatello. La “storia d’amore” con Sophie Dumond [Zazie Beetz] incredibilmente ingenua. Il suo ambiente lo è troppo, sghiandato. Solo Murray Franklin [Robert De Niro] appare adeguato nella sua parte.
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leonard moonlight
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giovedì 17 ottobre 2019
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joker, rivoluzione mancata (analisi approfondita)
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Ne parlano tutti, c’è chi lo ha amato e chi invece ne è rimasto molto deluso. Poche volte nella mia vita mi sono trovato al cinema in una sala così gremita di spettatori.
Vi dico la mia? Joker non mi è piaciuto.
Perché secondo me non è un capolavoro.
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Ne parlano tutti, c’è chi lo ha amato e chi invece ne è rimasto molto deluso. Poche volte nella mia vita mi sono trovato al cinema in una sala così gremita di spettatori.
Vi dico la mia? Joker non mi è piaciuto.
Perché secondo me non è un capolavoro. Premetto che non parlerò di Joaquin Phoenix la cui bravura nel film è indiscutibile. La mia non sarà una recensione vera e propria ma un'analisi del film che contiene riferimenti alla trama, per cui ne sconsiglio la lettura prima di aver visto il film.
Il personaggio:
Joker per come ci era stato presentato nel film di Tim Burton era un burlone intelligente, amante delle boutade e del gioco.
La grandezza del personaggio di Burton è nella contrapposizione fra lo scopo della sua azione malvagia e i suoi modi infantili e giocosi di esprimersi. L’esempio è la scena in cui mentre viene picchiato da batman si infila un paio di occhiali e fa:
non picchierai uno con gli occhiali vero?
Nel film di Nolan il Joker è l’ambasciatore del caos e della Verità contrapposta ad una politica corrotta e basata sulla menzogna che per mantenere l’ordine sociale decide di lasciare all’oscuro i propri cittadini. L’idea è che la società odierna si basi sulla menzogna e che la popolazione non è in grado di sopportare il peso della verità. Harvey Dent viene quindi fatto passare da eroe per mantenere la credibilità di un sistema politico corrotto.
Joker è un sovvertitore dell’ordine sociale, un distruttore amante del caos, un anarchico la cui azione ribelle manca di alternativa e per questo è fine a sé stessa. Esempio: rapina una banca e poi brucia il denaro.
Joker di Philips è un inetto, un uomo senza consapevolezza si sé e di ciò che lo circonda, vuole fare il comico ma non fa ridere se non di umorismo involontario (ridi di lui e della sua stranezza e non delle sue battute) e principalmente è un malato mentale.
All’inizio del film il personaggio di Arthur Fleck non prende mai decisioni per la sua vita, ma lascia che gli altri decidano per lui fino al punto in cui rendendosi conto che tutti si approfittano della sua debolezza esplode.
In tutti e tre i casi Joker è un personaggio che manca di forza creatrice.
Il problema di fondo che ho avuto osservando Joker di Philips è che il personaggio al centro della storia non è né un eroe (in cui puoi immedesimarti e provare empatia), né un antieroe (perché in alcuni casi viene presentato come vittima della crudeltà e del cinismo diffuso e in altri come un malato mentale omicida e le due cose narrativamente disturbano) e per tutto il film è un personaggio piatto cioè non ha evoluzione nel corso della storia. È un malato mentale dall’inizio alla fine, l’unico cambiamento che ha è il fatto che inizi a reagire uccidendo. Non avendo consapevolezza di ciò che lo circonda Joker nella sua esplosione omicida farà fuori chi in qualche modo gli ha fatto del male. In fin dei conti Joker è un pazzo disperato la cui disperazione ultima è farsi giustizia da sé.
Se c’è una novità nella costruzione del personaggio sta nel fatto che il protagonista sia un pazzo in cui difficilmente ti puoi immedesimare a meno che tu non sia un malato mentale o non abbia i suoi stessi problemi.
Screenplay:
Ho trovato alcune scelte degli sceneggiatori superficiali, in particolare l’utilizzo di tematiche importanti come mere trovate narrative per creare colpi di scena. Il primo esempio che mi viene in mente è quando Arthur Fleck si dirige all’ospedale psichiatrico e ruba la cartella clinica della madre scoprendo attraverso la lettura di ritagli di giornale dell’abuso subito da parte del compagno della madre e di come la madre abbia assistito complice alla scena di lui piccolo e indifeso legato al termosifone, episodio che lo ha segnato provocandogli il trauma a cui è legata la risata isterica che ripete spesso nell’arco del film.
Al di là di tutto ci sarebbe comunque un’incongruenza di fondo: come hanno potuto permettere ad una malata psichiatrica senza marito di adottare un bambino? Ma anche se ciò fosse stato possibile come hanno potuto lasciarglielo tenere dopo gli abusi subiti?
Ma la cosa che mi ha ancora di più infastidito è la mancata contestualizzazione nel film del movimento di protesta che nasce dopo che si è diffusa la notizia che un uomo travestito da pagliaccio (Arthur Fleck ormai tramutatosi in Joker) uccide tre persone benestanti dopo che queste lo hanno maltrattato in treno.
È ragionevole pensare che la popolazione possa simpatizzare per un omicida? Ma soprattutto è ragionevole pensare che una massa di cittadini poveri ispirati dall’azione compiuta da un pagliaccio inizi a manifestare in piazza indossando delle maschere da clown? E se questo possa essere in qualche modo verosimile, quali sono le motivazioni per cui manifestano? La risposta all’interno nel film non è presente, lasciando il dubbio allo spettatore e il tutto ad un banale e generalizzato odio sociale. La mia interpretazione è che sia stata da un lato una scelta ruffiana degli sceneggiatori per inserire all’interno del film una citazione della casa di carta (serie tv in cui dei criminali rapinano la zecca di stato e la popolazione venuta a conoscenza della notizia parteggia per i criminali invece che per lo stato manifestando in piazza con delle maschere di Dalì) e dall’altro lato sia una scelta funzionale allo sviluppo della trama. Come avrebbe fatto un uomo vestito da pagliaccio a mischiarsi tra la folla e scappare a degli agenti che volevano fargli delle domande sull’omicidio commesso? La superficialità con cui viene presentato l’argomento considerando la serietà del tema trattato è pericolosa.
In generale le citazioni cinematografiche inserite all’interno del film mi hanno infastidito perché buttate là senza un vero e proprio significato. La storia di amore con la vicina di casa che poi si scopre essere solo frutto dell’immaginazione di Arthur Fleck (evidente riferimento a Fight club) che funzione ha all‘inferno della storia? Qual’è il senso all’interno del film di scomodare film come Taxi driver, Fight club, Re per una notte e Quinto potere?
Il messaggio
Qual è il messaggio? Dovremmo essere tutti più buoni e gentili col prossimo?
Per come ho interpretato il film il messaggio è che gli Arthur Fleck in questa società esistono e sono inevitabili ma che con un po’ di ascolto e dando loro un aiuto invece di denigrarli e approfittarci di loro potremmo fare in modo che questi non si trasformino un giorno in Joker. Potremmo quindi dire proseguendo il ragionamento che se ci sono persone come Joker è perché noi tutti abbiamo la nostra parte di colpa e contribuiamo alla creazione di questi mostri attraverso i nostri comportamenti cinici o non prendendo sul serio ed ascoltando gli emarginati quando ancora si può intervenire ed aiutarli.
Il rischio per come la storia viene presentata è che invece passi un altro tipo di messaggio: se lo stato o qualcuno non aiuta quelle categorie che sono ai margini e non li tiene attaccate alla società in qualche modo, questi finiranno per agire in maniera folle ed estrema perché è l’unico modo che hanno per farsi notare.
Ma per come la vedo io una persona va ascoltata e aiutata perché è giusto farlo e non perché se non lo faccio poi c’è il rischio che questa diventi un folle omicida.
Si aiuta l’altro per per empatia o per solidarietà e non per sentirsi apposto con la coscienza.
Cosa salverei?
Prima cosa l’utilizzo dell’umorismo. Il film è costruito in maniera tale da portare lo spettatore a ridere con lo stesso cinismo che ha la società verso Arthur Fleck dei più deboli, di cui non si dovrebbe o non sarebbe giusto ridere (per esempio dei nani). La scena che ho più apprezzato infatti è quella in cui il nano terrorizzato per aver assistito inerme alla morte del suo collega di lavoro, tenta di uscire dalla stanza ma non riesce perché non arriva al chiavistello a causa della sua altezza e Joker si prende gioco di lui diventando questa volta lui cinico come la società che lo circonda.
La scena che a mio avviso invece è una delle scene più “toccanti” in chiave psicologica è quando Joker dopo essersi sentito tradito e aver tolto la vita alla madre torna a casa e si prepara come se apparentemente nulla fosse per il debutto tanto desiderato.
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[+] joker e la sua delicatezza feroce
(di matteo venturini )
[ - ] joker e la sua delicatezza feroce
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