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Ultimo aggiornamento sabato 19 maggio 2018
Dopo aver subito un trauma, una ballerina decide di andare in terapia. Il film ha ottenuto 6 candidature e vinto 2 Cesar,
CONSIGLIATO SÌ
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Odette ha otto anni e una passione per la danza. Il suo talento, vero, evidente, non sfugge alla sua insegnante e la conduce fino a Parigi. Lontana finalmente da Gilbert, amico di famiglia che abusa di lei. Un abuso segreto, ripetuto e impossibile da dire a una madre troppo distratta e un padre troppo fragile. Cresciuta col suo dolore, Odette è una giovane donna arrabbiata e incapace di dire il torto subito e sublimato danzando. Ma poi le cose precipitano, l'alcol si mischia ai demoni, le droghe agli amanti e Odette decide per l'analisi. Sarà l'inizio di un lungo percorso di rinascita.
Come raccontare al cinema l'abuso dei bambini? Andréa Bescond e Éric Métayer lo trattano con leggerezza singolare, trasformando il loro film in un manifesto di resilienza. Ma niente pathos in questo racconto dove tutto è mostrato e niente è nascosto, dove si ride e si piange con una bambina che danza per ricostruirsi.
Nel 2014 Andréa Bescond scuoteva il teatro francese con una pièce che ripercorreva la sua giovinezza traumatizzata e confessava la violenza subita per mano di un amico di famiglia.
Quattro anni dopo decide di adattarla col marito per il grande schermo, cambiandola radicalmente di forma e facendone un film corale. Sola in scena, Andréa Bescond interpretava a teatro più di venti personaggi, quello principale, il cui nome è un riferimento al cigno bianco del celebre balletto, i suoi genitori, il suo aggressore, il suo migliore amico, la psicologa, il fidanzato e ancora, fino a boxare con loro e con le parole diventate troppo dure, troppo crude. La caricatura dei personaggi permetteva allo spettatore di riprendere fiato, di riemergere da un'atmosfera greve dove la parola cedeva il passo al corpo quando niente poteva più essere detto.
Il movimento come cura, l'immaginazione contro il dolore. Il film recluta un cast nobile: Karin Viard, Clovis Cornillac, Ariane Ascaride, il rapper Gringe e soprattutto Pierre Deladonchamps nel ruolo dell'aggressore sessuale della bambina. Sorprendente nella capacità di addomesticare la mostruosità del suo personaggio, l'attore francese è attirato sovente da ruoli ingrati che altri rifiuterebbero per preservare la propria immagine (Lo sconosciuto del lago, Nos années folles). Andréa Bescond interpreta invece se stessa, rintracciando nelle due opere il medesimo percorso, la difficile ricostruzione di una donna colpevolizzata e inascoltata. E la prima a non sentirla è proprio la madre, costantemente incapace di avere la giusta reazione davanti al dolore della figlia.
Il passaggio dal palco allo schermo non perde la forza del proposito, mostrare allo spettatore l'ampiezza di un trauma che la protagonista custodisce da più di trent'anni. Bescond e Métayer non risparmiano niente e sanno come mostrare le cose, costruendo il film attorno al trauma di Odette. Film che viaggia tra passato e presente, tra sogno e realtà, tra l'Odette di otto anni e quella di trentotto. Sballottato tra vita, sogni e fantasmi della protagonista, lo spettatore l'accompagna nel suo percorso terapeutico, spostato rapidamente da un universo all'altro alla ricerca di comprensione. Perché Odette è un personaggio difficile da afferrare, perché lei stessa non riesce ad afferrarsi. Odette non sa soprattutto come raccontarsi. Sono i suoi sentimenti convulsi ad animare e avanzare quest'opera-terapeutica che la riconcilia adulta con la sua parte bambina. Bolla di energia, rabbia solare e muscoli tesi, Andréa Bescond traduce fisicamente la difficoltà per una vittima di parlare una volta diventata adulta.
Les Chatouilles si fa dunque riflessione politica attorno alla riforma, molto discussa in Francia, della prescrizione dei crimini sessuali commessi sui minori. E ancora, attraverso la relazione distruttiva di Odette con la madre, denuncia le ombre nascoste dietro domande insensate che diventano freno alle confessioni ("Sei sicuro di non avere frainteso?", "Cosa penserà la gente?"). A incarnare una madre che oscilla tra negazione e desiderio quasi volontario di punire sua figlia per averle rovinato una vita di apparenze, è Karin Viard. È lei, mai così inscalfibile, a drammatizzare una donna di una generazione che non aveva tempo da perdere dallo psicologo, tempo da perdere per ripararsi. Diversamente, Andréa Bescond ci dice a voce alta quanto è importante e bello ripararsi.